Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33145 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2600-2015 proposto da:

P.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO NATALE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1477/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 15/07/2014 R.G.N. 1282/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/04/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 15.7.2014, la Corte d’appello di Lecce, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di P.M. volta alla riliquidazione della sua pensione di reversibilità in conformità ai dettami di Corte Cost. n. 495 del 1993 e sul presupposto che l’INPS avesse errato nel calcolo della perequazione automatica spettantegli D.L. n. 463 del 1983, ex art. 6, comma 5 (conv. con L. n. 638 del 1983);

che avverso tale pronuncia P.M. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura; che l’INPS ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 come modificato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38 (conv. con L. n. 111 del 2011), per non avere la Corte di merito pronunciato sul proprio appello incidentale con cui era stata richiesta la riforma della decisione di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto la sua decadenza con riguardo alle pretese economiche maturate anteriormente al 3.12.2006;

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.L. n. 463 del 1983, art. 6, comma 5, cit., per non avere la Corte territoriale ritenuto che la ricostituzione della pensione doveva essere effettuata “dalla decorrenza originaria con l’applicazione di tutte le perequazioni previste per garantire il trattamento minimo nel frattempo intervenute” (così il ricorso per cassazione, pag. 10);

che il primo motivo è inammissibile per estraneità al decisum, non avendo i giudici di seconde cure reso alcuna pronuncia in punto di decadenza per avere correttamente ritenuto l’assorbimento dell’appello incidentale dell’odierno ricorrente a seguito dell’accoglimento dell’appello principale dell’INPS, che concerneva l’an della pretesa ricostituzione;

che, con riguardo al secondo motivo, va premesso che i giudici territoriali, dopo aver dato atto che “il ricorso di primo grado difetta decisamente di chiarezza” (così la sentenza impugnata, pag. 4) e che, nella specie, risultava che l’INPS avesse applicato “sull’importo del rateo pensionistico a calcolo le percentuali di aumento, per perequazione automatica, previsti (sic) per i trattamenti minimi” (ibid., pag. 6), hanno interpretato la domanda giudiziale nel senso che avesse ad oggetto “l’aumento del rateo pensionistico a calcolo nella misura corrispondente ad una somma che sia la percentuale di aumento calcolata sull’importo pensionistico corrispondente al trattamento minimo e non invece sull’importo pensionistico a calcolo” (ibid.);

che, ciò posto, la censura di parte ricorrente risulta inammissibile per difetto di specificità, atteso che, per un verso, pur contestando che tale ultima domanda sia mai stata formulata in giudizio (così il ricorso per cassazione, pag. 10), il ricorso introduttivo del giudizio non risulta trascritto nel ricorso per cassazione, nemmeno nella parte necessaria a dare alla doglianza un non opinabile fondamento fattuale, né si dice in quale luogo del fascicolo processuale e/o di parte sia al momento reperibile, e che, per un altro verso, la statuizione dei giudici di merito secondo cui l’INPS avrebbe correttamente applicato sull’importo del rateo pensionistico a calcolo le percentuali di aumento per perequazione automatica previste per i trattamenti minimi non risulta criticata in modo idoneo, non spiegandosi in che cosa avrebbe dovuto piuttosto consistere “l’applicazione di tutte le perequazioni previste per garantire il trattamento minimo nel frattempo intervenute” (così il ricorso per cassazione, pag. 10);

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile; che nulla va pronunciato sulle spese ex art. 152 att. c.p.c.; che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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