LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22876-2015 proposto da:
P.G., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO NATALE;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1308/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 14/05/2015 R.G.N. 467/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/04/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 14.5.2015, la Corte d’appello di Lecce ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da P.G. avverso la pronuncia con cui il primo giudice aveva parzialmente rigettato per intervenuta decadenza la domanda proposta dal suo dante causa P.L. e volta alla riliquidazione della di lui pensione previa perequazione automatica con il riconoscimento degli aumenti in quota fissa L. n. 160 del 1975, ex art. 10;
che avverso tale pronuncia Genoveffa P. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura; che l’INPS ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 434 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto l’inammissibilità del gravame, nonostante che, nel caso di specie, ella avesse formulato specifiche censure alla motivazione della sentenza impugnata;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, come modificato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38 (conv. con L. n. 111 del 2011), per avere la Corte territoriale confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato la sua parziale decadenza dalla domanda giudiziale di riliquidazione della pensione; che, con riguardo al primo motivo, va ricordato che, per costante orientamento di questa Corte di legittimità, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto a questa Corte ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto dei principi di specificità e autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentano di individuare il vizio lamentato nei suoi termini esatti, così da consentire a questa Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell’iter processuale senza compiere generali verifiche degli atti (così da ult. Cass. n. 23834 del 2019);
che tale principio implica che la parte, che si dolga in sede di legittimità di una pronuncia di inammissibilità dell’appello per non essere stata censurata la sentenza di primo grado, debba riportare specificamente nel ricorso per cassazione sia il contenuto della sentenza appellata che le censure ad essa rivolte in sede di gravame, in modo da evidenziare l’idoneità delle seconde ad inficiare la prima e il conseguente errore in procedendo commesso dal secondo giudice, indicando inoltre precisamente in quale luogo del fascicolo processuale e/o di parte tali atti siano reperibili (art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6);
che, nella specie, parte ricorrente ha per contro solo sommariamente riassunto il contenuto della sentenza di primo grado e del proprio atto di appello (pagg. 1-2 e 4), senza nemmeno indicare dove tali atti sarebbero in concreto reperibili;
che, anche a voler prescindere dalla conseguente violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, la lacunosità del riassunto della sentenza di prime cure e dei motivi di gravame (specie a fronte di una motivazione che gli stessi giudici territoriali hanno giudicato “complessa” per la “lettura costituzionalmente orientata” della c.d. decadenza mobile: cfr. pag. 3 della sentenza impugnata) non permette a questa Corte di giudicare della sussistenza o meno dell’error in procedendo ascritto alla sentenza impugnata; che il motivo, pertanto, va ritenuto inammissibile; che l’inammissibilità del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, siccome concernente il merito della statuizione di prime cure;
che nulla va pronunciato sulle spese ex art. 152 att. c.p.c.; che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte delOcorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021
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