LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24359-2015 proposto da:
C.D., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO GIORGINO;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA SCIPLINO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 967/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 09/04/2015 R.G.N. 3300/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/04/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO.
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’
Stefano, ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 3.4.2015, la Corte d’appello di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di C.D. volta a conseguire la pensione di reversibilità quale coniuge superstite di B.A.;
che avverso tale pronuncia C.D. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 3 e 38 Cost. e L. n. 335 del 1995, art. 3 per avere la Corte di merito ritenuto prescritti i contributi dovuti dalla de cuius nel periodo gennaio 1997-novembre 1998 sul presupposto che la richiesta di iscrizione della medesima alla Gestione commercianti fosse stata da lui tardivamente presentata nel gennaio 2009, laddove era stata la stessa de cuius a presentarla nel giugno 1997;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per non avere la Corte territoriale considerato che la domanda di condono presentata dalla de cuius e il versamento della prima rata del condono medesimo avevano interrotto la prescrizione dei contributi in questione;
che, con riguardo al primo motivo, va premesso che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 24155 del 2017, 3340 del 2019);
che, nella specie, il motivo di censura incorre precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulato con riguardo ad una presunta violazione delle disposizioni di legge indicate nella rubrica, pretende in realtà di criticare l’accertamento di fatto che la Corte territoriale ha compiuto circa l’avvenuta iscrizione della de cuius a seguito di istanza formulata dall’odierno ricorrente in data 14.1.2009;
che, anche volendo riqualificare la censura in termini di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (cfr. su tale possibilità Cass. nn. 4036 del 2014 e 23940 del 2017), il motivo, al pari del secondo, è comunque inammissibile per difetto di specificità, non essendo stato trascritto nel ricorso per cassazione né il contenuto della domanda di iscrizione alla Gestione commercianti asseritamente presentata dalla de cuius, né quello della domanda di condono, né tampoco il contenuto del ricorso introduttivo e della memoria di costituzione dell’INPS in primo grado da cui risulterebbe che la presentazione tanto della prima quanto del secondo erano stati confermati dall’Istituto “in sede di allegazione dei fatti” (cfr. pag. 2, nota 2, del ricorso per cassazione), ed essendo per contro consolidato il principio secondo cui il ricorrente, che in sede di legittimità denunci l’omessa valutazione di prove documentali, ha l’onere non solo di trascrivere nel ricorso per cassazione il testo integrale o quanto meno la parte significativa del documento in questione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione del documento, che non assicura che su di esso si costituisca il contraddittorio e non comporta per il giudice alcun onere di esame ai fini della decisione (così da ult. Cass. n. 13625 del 2019);
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.450,00, di cui Euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 1 5 % e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021