Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33152 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19371-2016 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrente –

contro

W.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 14/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/02/2016 R.G.N. 2041/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/04/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.

RITENUTO

CHE:

la Corte d’Appello di Milano ha rigettato il gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (di seguito, MIUR) avverso la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che aveva riconosciuto il diritto di W.D. ad ottenere il pagamento delle differenze retributive derivanti dal riconoscimento degli aumenti periodici in ragione dell’anzianità di servizio in misura analoga a quanto previsto per i dipendenti a tempo indeterminato;

la Corte d’Appello richiamava a fondamento della propria decisione il disposto dell’art. 4 dell’Accordo Quadro in allegato alla Direttiva 1999/70/CE, in ordine al divieto di diverso trattamento dei lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato, oltre alle conformi pronunce della Corte di Giustizia nei casi D.C.A. e G.;

la sentenza è stata impugnata per cassazione dal MIUR con tre motivi;

i primi due motivi sottolineano il fatto che la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio aveva condannato il MIUR al riconoscimento dell’aumento periodico del 2,50 % per ogni biennio di insegnamento, di cui alla L. n. 312 del 1980, art. 53 con pronuncia confermativa di appello che veniva censurata sia per non avere pronunciato sul motivo di gravame con il quale si segnalava l’inapplicabilità dell’art. 53 agli insegnanti diversi da quelli di religione (primo motivo, riguardante la violazione dell’art. 112 c.p.c.), sia per violazione e falsa applicazione dello stesso art. 53 (secondo motivo) quale norma di cui i c.c.n.l. sopravvenuti, salvo che per i docenti di religione, avevano stabilito la disapplicazione, sostituendola con un regime contrattuale basato su fasce progressive di anzianità;

il terzo motivo afferma infine la violazione e falsa applicazione della direttiva 1999/70/CE e del relativo Accordo Quadro allegato, nonché di varie norme di diritto interno, sostenendo in breve che il disconoscimento dell’anzianità di servizio per il personale precario della scuola trovasse giustificazione obiettive nel peculiare regime giuridico di esso, caratterizzato tra l’altro dalla funzionalità delle supplenze all’ingresso in ruolo mediante l’utilizzazione delle apposite graduatorie;

W.D. è rimasto intimato.

CONSIDERATO

CHE:

la notifica del ricorso per cassazione è stata tentata dal MIUR nei riguardi del difensore del W. indicato nella sentenza di appello, avvocato Nicolina Cichello, ma essa non si è perfezionata, in quanto la destinataria è risultata irreperibile (così attesta la casella “sbarrata” sull’avviso di ricevimento) o sconosciuta (così parrebbe potersi intendere, in coerenza con l’avviso di ricevimento, l’annotazione sulla busta contenente il piego);

in ogni caso poiché non è dimostrata alcuna consegna, la notificazione è da considerarsi, secondo i noti parametri delineati da Cass. 20 luglio 2016, n. 14916, come inesistente;

a fronte dell’inesistenza della notifica, vale tuttavia il principio per cui “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (Cass., S.U., 15 luglio 2016, n. 14594);

viceversa, il MIUR, cui gli atti relativi alla notifica sono stati certamente restituiti da lungo tempo (il loro deposito in Cancelleria risale al settembre 2016) nulla dimostra di avere fatto per determinare una tempestiva instaurazione del rapporto processuale in sede di legittimità;

il rapporto processuale non è stato anzi mai neppure instaurato presso questa S.C. e da ciò deriva l’inammissibilità del ricorso;

nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività processuale.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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