LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13739-2018 proposto da:
V.A., titolare della Ditta ELECTRONIC CENTER, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CALABRIA n. 56, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI D’AMATO, rappresentata e difesa dagli avvocati *****;
– ricorrente –
contro
Z.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE CUOMO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 723/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 20/10/2017 R.G.N. 1039/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/09/2021 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte di appello di Salerno, con la sentenza n. 723/2017 pubblicata il 20.10.2017, ha confermato la pronuncia n. 1992/2014 emessa dal Tribunale della stessa sede con la quale – in parziale accoglimento della domanda proposta da Z.G. nei confronti di V.A., titolare della ditta Electronic Center di cui era dipendente con mansioni di addetto alle vendite del reparto telefonini e macchine fotografiche – parte datoriale era stata condannata al pagamento dei seguenti importi: Euro 1.499,06 per differenze paga; Euro 3.413,69 per lavoro straordinario; Euro 1.272,30 per tredicesima; Euro 584,01 per quattordicesima; Euro 2.069,40 per ferie non godute ed Euro 835,15 per residuo TFR.
2. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure hanno ritenuto che la valutazione del materiale probatorio operata dal Tribunale, sia in relazione all’an che al quantum della pretesa azionata, fosse corretta e condivisibile.
3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione V.A., nella qualità di titolare della Ditta Electonic Center, affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso Z.G..
4. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.
CONSIDERATO
CHE:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame su un punto della controversia fatto oggetto di specifica impugnativa e non esaminato dalla Corte di appello nonché la inesistenza della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere i giudici di seconde cure indicato il percorso logico-giuridico attraverso il quale hanno ritenuto fondate le richieste del’originario ricorrente in ordine alle vantate differenze retributive.
3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la mancata valutazione, da parte della Corte territoriale, delle doglianze avanzate in ordine agli errori contabili del CTU, nonché l’omesso esame di documenti, il contrasto della pronuncia gravata con la documentazione prodotta ed il mancato esame di eccezioni e argomentazioni sul quantum riconosciuto.
4. Con il terzo motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, dell’omesso esame, da parte della Corte territoriale, dell’eccezione di ultra-petizione con riguardo al riconoscimento dell’importo per ferie non godute, in misura superiore a quanto richiesto.
5. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’omessa valutazione, da parte della Corte di merito, delle doglianze relative agli importi dovuti a titolo di tredicesima e quattordicesima.
6. Con il quinto motivo si obietta la contraddittorietà della gravata sentenza in ordine al fatto che il rapporto di lavoro si era concluso per dimissioni del lavoratore il 28.9.2011 e non il 21.11.2011, in risposta alla lettera di licenziamento per giusta causa del 4.11.2011.
7. In applicazione del principio della ragione più liquida, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. (cfr. Cass. n. 363/19), possono essere esaminate preliminarmente le censure di cui ai motivi del ricorrente, tralasciando la trattazione delle eccezioni processuali sollevate dal controricorrente.
8. Al riguardo deve rilevarsi che le doglianze, che per la loro interferenza possono essere esaminate congiuntamente, sono inammissibili.
9. In primo luogo, tutte le censure articolate ex art. 360 c.p.c., n. 5 incontrano il limite della cd. “doppia conforme”, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c., in quanto vertenti su questioni di fatto decise in modo identico dai giudici di merito.
10. Sono, inoltre, inammissibili tutte le doglianze relative ad un difetto di motivazione, sia perché articolate in relazione alla abolita formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sia perché, qualora interpretate con riguardo all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 111 Cost., esse sussistono solo quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 3819/2020): ipotesi, queste, non avvisabili nel caso in esame.
11. Inammissibili, infine, sono anche le censure riguardanti vizi di ultra-petizione ovvero di omessa valutazione di doglianze relative a motivi di appello, trattandosi di questioni, afferenti al bene giuridico dedotto in giudizio, comunque esaminate dalla Corte territoriale che le ha valutate in modo conforme alle risultanze della ctu e alite statuizioni del primo giudice.
12. In realtà le censure scrutinate, al di là delle prospettate violazioni di legge, sono essenzialmente intese alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda e alla contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte di appello, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 27197/2011; Cass. n. 331/2020).
13. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
14. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.
15. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con attribuzione in favore del difensore del controricorrente dichiaratosi anticipatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 14 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021