LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11395-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA NEW GUM BODY AND SOUL, in persona del legale rappresentante pro tempore M.A., anche in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE G.
MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA CIPOLLA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO MARIO CAZZOLLA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2686/1/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata il 03/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA CAPRIOLI.
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
Con sentenza n. 2686/2019 la CTR della Puglia respingeva l’appello dell’Ufficio proposto avverso la sentenza della CTP di Bari con cui era stato accolto il ricorso di M.A., legale rappresentante della associazione sportiva dilettantistica New Gym Body and Soul relativa all’avviso di accertamento che aveva rideterminato in via induttiva un reddito di impresa di Euro 25763,00 per l’anno di imposta 2009.
Il giudice di appello non ravvisava ragioni di urgenza per emettere ante tempus l’avviso di accertamento non potendosi ritenere tali quelle addotte dall’Ufficio individuate nell’entità delle somme accertate in rapporto all’irrilevante consistenza del fondo comune sostenendo inoltre che la stessa entità dell’accertamento non era tale da giustificare l’urgenza.
L’amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione affidato ad unico motivo con cui si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, commi 4 e 7, avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR trascurato che l’emissione ante tempus era giustificato dal molto probabile rischio di danno erariale per l’esigua consistenza del Fondo Comune accantonato dall’Associazione la quale risultava priva di beni da escutere eventualmente nell’interesse dell’Ufficio.
Il motivo è infondato.
E’ circostanza incontroversa l’avvenuta emissione ante tempus dell’avviso di accertamento.
L’Amministrazione assume di averlo fatto per ragioni di urgenza legate al rischio di perdere il credito erariale.
Va certamente condiviso l’orientamento di questa Corte secondo cui “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio” (Cass. sez. un. 18184 del 2013; Cass. n. 1264 del 2014; Cass. n. 22786 del 2015; Cass. n. 21815 del 2018; Cass. n. 15843 del 2020).
La CTR ha motivatamente stigmatizzato l’illegittimità dell’atto impositivo per la mancanza nel corpo di esso di motivazioni di urgenza che non sono giustificate né dall’entità del credito ritenuto dal giudice non particolarmente rilevante e neppure dalla mancanza di un fondo comune.
Sotto quest’ultimo profilo va considerato che il credito in questione avrebbe potuto comunque essere garantito dal legale rappresentante chiamato in via solidale a rispondere delle violazioni accertate.
Va peraltro osservato a conforto delle conclusioni raggiunte dal Giudice di appello che i successivi avvisi di accertamento emessi per le annualità successive dal 2010 al 2013 sono stati notificati nel rispetto del termine dilatorio dei 60 giorni pur in presenza della stessa situazione di fatto.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano i complessivi Euro 4100,00 oltre accessori di legge ed al 15% per spese generali.
Così deciso in Roma, il 15 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021