Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33158 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11455-2020 proposto da:

L.T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER 36, presso lo studio dell’avvocato FABIO BASILI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELO INFANTINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6105/9/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, depositata il 24/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA CAPRIOLI.

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

Con sentenza n. 6105/2019 la CTR della Sicilia accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Ufficio nei riguardi della pronuncia n. 213/2013 della CTP di Catania con cui era stato accolto il ricorso di L.T.G. avverso l’avviso di accertamento in rettifica per Iva, Irpef ed Irap Contributi Previdenziali Inps per l’anno 2006 derivante da una verifica della Guardia di Finanza conclusasi con la consegna del processo verbale di constatazione del *****.

Il Giudice di appello, per gli aspetti che qui rilevano, riteneva che l’Amministrazione finanziaria aveva prestato acquiescenza per la somma di Euro 1.112032,66 in quanto in relazione ad essa non poteva operare la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, trattandosi di prelievi di competenza della Regione Sicilia per tasse automobilistiche, dell’Aci per i passaggi di proprietà e della Semetra per il disbrigo di pratiche o prelievi per i quali il ricorrente aveva indicato i beneficiari.

Osservava che l’accertamento fosse invece fondato per quei prelievi non giustificati residuati dalla maggior somma iniziale di Euro 15236,52 ridottasi ad Euro 2.204,00 per i quali non vi era stata produzione alcuna sicché doveva considerarsi legittimo l’operato di recupero posto in essere dall’Ufficio.

Analoghe considerazioni svolgeva per i rilievi pari ad Euro 10.959,03 operati all’esibizione delle scritture contabili riguardanti operazioni imponibili per le quali non era stato emesso apposito documento fiscale risultante dal registro degli incarichi ed Euro 1.504,56 per costi indeducibili poiché riferiti a spese non inerenti e di competenza per un totale di Euro 12.463,59.

Avverso tale sentenza L.T.G. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria cui non replica l’Amministrazione finanziaria che rimane intimata.

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2, e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per insanabile contrasto fra dispositivo e motivazione.

Sostiene che nel dispositivo si legge che l’appello è stato parzialmente accolto mentre dal contenuto letterale della motivazione apparirebbe chiaro che le contestazioni formulate dall’Ufficio sarebbero state integralmente accolte.

Con un secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si lamenta che la CTR, pur dando atto nella parte narrativa che il contribuente aveva offerto copiosa documentazione circa l’omessa dichiarazione di ricavi per Euro 10.959,00 derivanti da omessa fatturazione di servizi riscontrati dal registro degli incarichi inspiegabilmente nella parte motiva aveva rilevato che il contribuente non aveva fornito nessuna prova sulla loro natura.

Il primo motivo è inammissibile.

Giova ricordare che secondo il costante insegnamento di questa Corte il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione è causa di nullità della sentenza, “quando il provvedimento risulti inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale e, conseguentemente, del diritto o bene riconosciuto” (Cass., Sez. 5, 30/12/2015, n. 26077; 2017 n. 16014).

Ciò posto nel caso di specie non è configurabile l’impugnato vizio nei termini in cui è stato dedotto non potendo la Corte procedere d’ufficio ad una qualificazione di un diverso difetto non espressamente censurato e non desumibile per implicito dagli elementi dedotti.

Il ricorrente infatti si è limitato a denunciare la nullità della sentenza unicamente sotto il profilo del contrasto fra dispositivo e motivazione e non anche sotto l’aspetto della mancata enunciazione delle ragioni che hanno condotto all’accoglimento parziale del ricorso (art. 132 c.p.c., e del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 36).

Contrasto fra motivazione e dispositivo in realtà non sussistente.

La CTR ha infatti ritenuto che per una parte dell’importo (Euro 1.112.032,66) che aveva formato oggetto di accertamento l’Agenzia avesse prestato acquiescenza in quanto per essa non poteva operare la presunzione della somma di Euro 1.112.032,66 e che invece dovesse ritenersi non giustificati i prelievi in misura pari ad Euro 2.204,00 rispetto all’originario importo contestato nonché l’importo di Euro10.959,03 relativo ad operazioni imponibili per i quali non era stato emesso documento fiscale ed Euro 1.504,56 per costi indeducibili.

Il giudice di appello ha pertanto accolto una parte delle contestazioni mosse con l’avviso ed ha emesso nella parte dispositivo una statuizione perfettamente coerente con la parte motiva.

Il secondo motivo è inammissibile.

Questa Corte (Cass. sez. un. 8053 del 2014) ha affermato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella novellata formulazione adottata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle pronunce impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 29.3.2019) consente di denunciare in cassazione – solo il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).

Nella specie il ricorrente ben lungi dal denunciare il fatto storico si duole di una mancata coerenza fra l’esposizione della parte narrativa della decisione impugnata ove si fa riferimento alla copiosa documentazione prodotta circa l’omessa dichiarazione di ricavi per Euro 10.959,00 e la valutazione espressa in merito alla mancanza di riscontri documentali idonei a superare la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

Mancanza di coerenza che peraltro non può dirsi esistente giacché nella parte narrativa la CTR fa rifermento al contenuto della decisione di primo grado della quale riporta i passaggi più significativi e non già ad una propria autonoma valutazione.

La censura nei termini in cui è dedotta difetta di specificità non individuando quale documento sarebbe stato rilevante per superare la predetta presunzione e si risolve una critica meritale non consentita in questa sede.

La stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nessuna determinazione in punto spese per la mancata costituzione della parte intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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