LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28561-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MONTE SAN BIAGIO, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato TESON LUCIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3468/18/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 24/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI RAFFAELE.
RILEVATO
che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Lazio, sezione staccata di Latina, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso una sentenza CTP Latina, che aveva accolto il ricorso del contribuente Comune di Monte San Biagio (LT) avverso un avviso di accertamento IVA 2011; la CTR, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che l’accollo di mutuo intercorso fra il Comune anzidetto e la s.p.a. “ACQUA LATINA” fosse un atto interno, in quanto il responsabile del mutuo rimaneva pur sempre il Comune mutuatario ed il subentro della s.p.a. “ACQUA LATINA” al Comune di Monte San Biagio nel pagamento delle rate di tale mutuo costituiva una mera cessione di danaro, come tale esclusa dall’ambito applicativo dell’IVA.
CONSIDERATO
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3,4 e 13, in combinato disposto con la L. n. 36 del 1994, art. 12, comma 2 e con del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 153 commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto, secondo le norme sopra descritte, gli enti locali erano tenute a concedere in forma non onerosa alle società di gestione, individuate in corrispondenza dei diversi ambiti territoriali in cui il territorio della Regione veniva ad essere suddiviso, quali la s.p.a. “ACQUA LATINA”, l’uso di tutte le infrastrutture idriche, quali gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione et similia per l’intero periodo di durata della concessione; ora, secondo il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1, rientravano nelle prestazioni di servizio soggette ad IVA tutte le prestazioni, indipendentemente dal loro contenuto e dal loro titolo, derivanti da obbligazioni di “non fare” o di “permettere”, purché fosse previsto un qualche corrispettivo; e la prestazione che veniva in rilievo nel caso di specie, consistita nel mettere a disposizione della società concessionaria le infrastrutture idriche per l’esecuzione dei servizi connessi all’uso delle acque ed alla loro distribuzione presso gli utenti finali, costituiva chiaramente un’attività di natura economica, come tale riconducibile nell’ambito delle prestazioni a titolo oneroso, di cui al citato art. 3, comma 1; e l’assunzione delle pregresse passività gravanti sull’infrastruttura idrica oggetto di concessione, pur se qualificata come accollo interno dei debiti del Comune concedente, apportava a quest’ultimo un’utilità non trascurabile, nel senso di liberarlo dal relativo peso; si verificava invero un minore aggravio ed un risparmio di spesa per il Comune concedente; rientravano quindi a pieno titolo nella base imponibile IVA le spese che il cessionario di un dato bene si fosse accollato al fine di liberare direttamente od anche solo indirettamente la propria controparte dal peso di preesistenti obbligazioni; pertanto l’accollo di mutuo da parte della s.p.a. “ACQUA LATINA”, di cui era causa, era da ritenere una controprestazione rispetto all’attribuzione da parte del Comune di Monte San Biagio del diritto all’uso delle infrastrutture in materia di distribuzione delle risorse idriche, si che detto accollo era da inquadrare in un contesto eminentemente sinallagmatico;
che il Comune di Monte San Biagio (LT) si è costituito con controricorso ed ha altresì presentato memoria;
che l’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è fondato;
che, invero, l’accollo interno di mutuo, intercorso fra il Comune di Monte San Biagio (LT) e la s.p.a. “ACQUA LATINA” non può essere qualificato, ai fini IVA, in modo atomistico e non può pertanto essere ritenuto quale mera cessione di danaro, come tale esente da IVA ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3; detto accollo va al contrario inserito nel più ampio contesto di cui alla L. n. 36 del 1994, art. 12 ed al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 153, nel cui ambito la s.p.a. “ACQUA LATINA” è stata individuata come società di gestione del servizio idrico integrato del Comune di Monte San Biagio (LT), in corrispondenza dell’ambito territoriale di Latina, come statuito dalla Regione Lazio con la legge regionale n. 14 del 1997; ora, nell’ambito della complessa convenzione, all’uopo intercorsa fra la citata società ed il Comune di Monte San Biagio (LT), l’accollo da parte della s.p.a. “ACQUA LATINA” delle rate del mutuo, in precedenza acceso dal Comune di Monte San Biagio per acquisire le infrastrutture idriche, poi date in concessione alla citata s.p.a. “ACQUA LATINA”, non può ritenersi esente da IVA, in quanto esso costituisce pur sempre un’utilità per l’ente pubblico concedente, avendo quest’ultimo conseguito il non trascurabile vantaggio di non corrispondere ulteriormente dette rate di mutuo; non può pertanto negarsi al suddetto accollo natura sinallagmatica, siccome inserito nel più ampio contesto contrattuale sopra descritto ed avendo il Comune di Monte San Biagio in ogni caso conseguito vantaggi economici da detto accollo, in termini di mancata erogazione della relativa spesa, con conseguente legittima sottoposizione dell’accollo in questione ad IVA (cfr., in termini, Cass. n. 16734 del 2016);
che, pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rimessione alla CTR Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte cassa la sentenza impugnata e rimette alla CTR Lazio, sezione staccata di Latina, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 15 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021