Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33175 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29611-2020 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA MANTOVANI;

– ricorrente –

contro

A.K.N., elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO CASARI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 150/2020 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 13/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI MARZIO.

RILEVATO

Che:

1. – C.C. ricorre per un mezzo, nei confronti di A.K.N., contro la sentenza del 13 luglio 2020 con cui la Corte d’appello di Trento, provvedendo in parziale riforma della sentenza resa tra le parti dal locale Tribunale, ha disposto l’assegnazione alla A.K. della casa coniugale nella sua interezza, ivi compreso il solaio posto al piano sottotetto, disponendone il rilascio da parte del C. e regolando le spese di lite.

2. – A.K.N. resiste con controricorso e deposita memoria illustrativa.

CONSIDERATO

Che:

3. – L’unico mezzo denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 24 Cost., comma 2, e dell’art. 111 Cost., comma 2, nonché 101 c.p.c., dolendosi del fatto che la Corte d’appello, dopo aver disposto la trattazione scritta della causa, ed avere assegnato termine per note scritte, aggiungendo che avrebbero potuto essere previsti “se espressamente richiesti, termini per una breve sintetica illustrazione e per le repliche”, aveva poi deciso l’appello senza assegnare detti ultimi termini, quantunque richiesti.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso è manifestamente infondato.

Occorre premettere che il giudizio svoltosi tra le parti ha avuto ad oggetto la domanda di separazione coniugale proposta dalla A.K. con addebito al C., domanda accolta dal Tribunale, che ha inoltre affidato il figlio della coppia ad entrambi i genitori con collocazione presso la madre, assegnato la casa familiare a quest’ultima, fatta eccezione per il solaio al piano sottotetto, regolato il diritto di visita e disposto in ordine all’obbligo di mantenimento del figlio.

Proposto appello dal C., la Corte d’appello di Trento, in esito alla comparizione delle parti, disposti alcuni rinvii per tentare la conciliazione, non perfezionatasi, ha disposta la trattazione scritta del procedimento, già fissato per la decisione all’udienza del 18 giugno 2020. La Corte d’appello, in particolare, ha disposto la trattazione scritta dell’udienza fissata al 18 giugno 2020, invitando le parti a depositare note scritte contenenti le loro argomentate richieste e stabilendo che essa Corte potesse assegnare, se espressamente richiesti, termini per una breve e sintetica illustrazione e per le repliche, con successiva decisione all’esito dei termini eventualmente concessi.

Secondo il ricorrente, dunque, non avendo la Corte d’appello assegnato i termini per memorie, che pure egli aveva richiesto, avrebbe cagionato una lesione del contraddittorio, tale da determinare la denunciata nullità della sentenza impugnata.

La tesi non può però essere condivisa.

Alla data dell’adozione del provvedimento con cui la Corte d’appello ha disposto la trattazione scritta dell’udienza già fissata al 18 giugno 2020 era in vigore il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, convertito in L. 24 aprile 2020, n. 27, nel testo che, al comma 7, lett. h), assegnava ai capi degli uffici giudiziari la facoltà di adottare, tra le altre misure, quella dello “svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”.

Dopodiché non ha inciso su detta previsione il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, art. 221, cosiddetto “Decreto rilancio”, mentre vi ha inciso la legge di conversione di tale decreto-legge, ossia la L. 17 luglio 2020, n. 77, stabilendo all’art. 221, comma 4 (in vigore dal 29 ottobre 2020) quanto segue: “Il giudice può disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istante e conclusioni. Il giudice comunica alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l’udienza che la stessa è sostituita dallo scambio di note scritte e assegna alle parti un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte. Ciascuna delle parti può presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento. Il giudice provvede entro i successivi cinque giorni. Se nessuna delle parli effettua il deposito telematico di note scritte, il giudice provvede ai sensi dell’art. 181 c.p.c., comma 1”.

Ora, né la prima né la seconda disposizione, che precisa ed integra la prima, definendo le modalità operative della trattazione scritta, sempre nella medesima direzione, manifesta un qualche intento di incidere sulla fase decisoria del processo civile, nelle sue diverse forme: il legislatore, cioè, allo scopo di contrastare la pandemia, ha adottato una previsione diretta a ridurre l’accesso presso gli uffici giudiziari, sostituendo lo svolgimento dell’udienza, siccome regolata dagli artt. 127 e ss. c.p.c., con la trattazione scritta, o, come pure viene detto, udienza figurata, destinata a svolgersi – in una prospettiva che, solo in senso assai lato, ha un suo antecedente nell’art. 83 bis delle disposizioni di attuazione del c.p.c. – mediante il deposito “di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni”, e cioè, in buona sostanza, di note nelle quali i difensori delle parti hanno occasione di mettere per iscritto ciò che avrebbero esposto oralmente in udienza e che sarebbe stato raccolto con la verbalizzazione. Congegno di sostituzione, quello descritto, che il legislatore ha poi esplicitato, stabilendo, come si è detto, che il giudice può per l’appunto “disporre che le udienze civili… siano sostituite dal deposito telematico di note scritte”.

Ergo:

– ) la regola rimane quella dell’udienza, che si svolge se il giudice nulla ha disposto, ovvero, nel vigore della seconda disposizione, se, disposta la trattazione scritta, una delle parti ha fatto istanza di trattazione orale, nel qual caso non sembra residui alcun potere del giudice di respingere l’istanza;

– ) l’eccezione diviene quella della trattazione scritta in luogo dell’udienza, ove il giudice abbia così disposto;

– ) la fase decisoria non è attinta dalla trattazione scritta.

E’ allora evidente che l’individuazione della -disciplina posta a regolare la fase decisoria va effettuata in applicazione delle regole ordinarie, sulle quali non impatta la previsione della trattazione scritta, di cui poc’anzi si è dato conto. Così, ad esempio, ove si versi in ipotesi di appello celebrato secondo il rito ordinario di cui all’art. 352 c.p.c., il giudice d’appello, ottenuto il deposito delle note di cui si è detto, adotterà il provvedimento di assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., esattamente come avrebbe fatto se l’udienza si fosse celebrata.

Certo, la norma non manca di suscitare alcuni problemi interpretativi e di coordinamento, talora con ricadute pratico-operative non irrilevanti: e così, ad esempio, può presentarsi il quesito della compatibilità della trattazione scritta in ipotesi di decisione della causa secondo il modulo dell’art. 281 sexies c.p.c., in forza del quale il giudice “può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”; ovvero ai sensi degli artt. 429-437 c.p.c., nel qual caso il giudice, esaurita la discussione orale, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo, e, secondo la nota disciplina, della motivazione; potrebbe difatti sostenersi che il giudice, nel provvedere per la trattazione scritta, possa assegnare alle parti un termine per memorie tese a sostituire la discussione orale: ma, a parte il fatto che la disciplina della trattazione scritta prevede, come si è detto, il deposito “di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni”, il fatto è che la compatibilità tra la trattazione scritta e tali moduli decisori è da escludersi sol che si consideri che la sostituzione dell’udienza destinata alla discussione orale della causa, con la trattazione scritta, non comporterebbe la mera sostituzione dell’udienza nei termini prima descritti, ma impatterebbe pesantemente sulla fase decisoria, determinando un radicale stravolgimento di essa, giacché – indipendentemente da ogni altra considerazione – impedirebbe l’osservanza di un adempimento essenziale, quale la lettura del dispositivo e della motivazione alla presenza, se vogliono, delle parti, senza che possa attribuirsi un particolare peso all’eliminazione – tra la prima e la seconda stesura della norma – dell’inciso concernente la “successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”.

Per aggirare un simile ostacolo occorrerebbe reputare che le parti, con il depositare le note scritte previste dalla norma, omettendo di chiedere la fissazione dell’udienza “in presenza”, abbiano inteso in tal modo preventivamente rinunciare a far valere la nullità derivante dell’omissione della lettura del dispositivo e eventualmente della motivazione: ma non sembra che detta nullità – se si tiene conto della severità della giurisprudenza di questa Corte in ordine al rilievo della lettura: v. per il rito del lavoro ex multis, Cass. 28 novembre 2014, n. 25305; Cass. 8 giugno 2009, n. 13165 – sia nella disponibilità delle parti, tanto più se si consideri il rilievo della lettura del dispositivo e della motivazione ai fini del decorso del termine “lungo” (da ult. Cass. 11 febbraio 2021, n. 3394); oppure occorrerebbe reputare che, nel caso di applicazione delle regole del processo telematico, il deposito telematico della sentenza all’esito dell'”udienza figurata”, sia in buona sostanza equipollente alla lettura della sentenza: il che avrebbe una sua realistica plausibilità (anche in considerazione del fatto che, in via di prassi, la lettura per esteso della sentenza non sembra possa dirsi osservata senza eccezione alcuna), se non fosse che il deposito telematico della sentenza da parte del giudice non la rende visibile alle parti, se non all’esito dei necessari adempimenti di cancelleria.

Nel nostro caso, però, non si versa in ipotesi di decisione all’esito di discussione orale, e neppure di decisione all’esito dello scambio di conclusionali e repliche. Non ha difatti bisogno di essere rammentato che l’appello avverso la sentenza di separazione personale dei coniugi o di divorzio, per espressa previsione di legge (L. n. 74 del 1987, art. 23 e della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 15), è trattato e deciso in camera di consiglio, il che comporta che l’intero giudizio di impugnazione sia regolato dal rito camerale (Cass. 10 gennaio 2019, n. 403; Cass. 13 ottobre 2011, n. 21161) Il giudizio era dunque sottoposto al rito camerale: e, per conseguenza, non prevedeva l’assegnazione dei termini per conclusionali e repliche ai sensi dell’art. 190 c.p.c., in ossequio al ribadito principio secondo cui i procedimenti camerali contenziosi, fermo il rispetto del principio del contraddittorio, sono caratterizzati da particolare celerità e semplicità di forme, sicché con essi sono incompatibili le disposizioni che regolano la fase decisoria nel processo ordinario di cognizione e, segnatamente, quelle di cui agli artt. 189 e 190 c.p.c. (Cass. 30 dicembre 2015, n. 26200; Cass. 12 gennaio 2007, n. 565). Di guisa che il richiamo fatto dal ricorrente a giurisprudenza di questa Corte concernente l’omessa assegnazione dei termini di cui al cit. art. 190 (questione peraltro al momento rimessa alle Sezioni Unite) non è pertinente. Ne’, d’altro canto, è previsto che nel rito camerale, ex art. 737 e ss. c.p.c., la decisione debba essere pronunciata all’esito della discussione orale, o comunque all’esito del deposito di scritti difensivi finali.

Sicché, il giudice ben poteva disporre la sostituzione dell’udienza del 18 giugno 2020 con la trattazione scritta, pronunciando all’esito sentenza, come ha poi fatto.

Ne’ rileva alcunché la circostanza che la Corte d’appello, nel disporre la trattazione scritta, si fosse tuttavia riservata la facoltà, non contemplata dalla norma, di assegnare, eventualmente, un termine per memorie illustrative e repliche, su istanza di parte: si può discutere se in tale frangente un termine per memorie potesse essere dato, avuto riguardo alla già operata constatazione che la norma sulla trattazione scritta discorre di deposito “di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni”, ma certo è che, ove pure il giudice avesse legittimamente ipotizzato l’esercizio di una facoltà di concessione di un termine per memorie, ciò non gli imponeva poi di assegnarlo necessariamente.

E dunque non ricorre la nullità per violazione del contraddittorio lamentata dal ricorrente.

5. – Le spese del giudizio di legittimità si compensano per novità della questione. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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