Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.33186 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16140-2016 proposto da:

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 27, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA COLLACCIANI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.S.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 506/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/02/2016 R.G.N. 518/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/09/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA MARIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ANNA MARIA COLLACCIANI.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Roma, riformando la sentenza di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato nei confronti di D.S.D., dirigente esterno con contratto a tempo determinato, dalla Agenzia di Sanità Pubblica per il Lazio, cui ora è subentrata la Regione Lazio, con condanna al pagamento, a titolo risarcitorio, di tutte le retribuzioni a maturare fino alla scadenza del termine.

La Corte territoriale statuiva in tal senso sul presupposto che, mentre la contestazione disciplinare faceva riferimento ad uno specifico comportamento (l’avere il lavoratore dimostrato di ignorare la natura delle Aziende Sanitarie in una lettera di difesa rispetto a rilievi mossi dal datore di lavoro), nella lettera di licenziamento si faceva invece riferimento più in generale ad una condotta complessivamente negligente e ad un atteggiamento non collaborativo.

Così facendo, concludeva la Corte, vi era stato ampliamento della contestazione e si era dato corso al licenziamento sulla base di un inadempimento di carattere più generale, mai oggetto di specifico rilievo.

2. La Regione Lazio ha impugnato per cassazione la predetta sentenza sulla base di quattro motivi, poi illustrati da memoria, mentre il D.S. è rimasto intimato.

Il P.M. ha depositato memoria con cui ha insistito per il rigetto del ricorso, poi analogamente concludendo anche alla successiva udienza pubblica.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la Regione afferma la violazione e falsa applicazione degli artt. 25 e 27 del c.c.n.l. Dirigenti del Comparto Regioni ed Enti Locali del 10.4.1996, nonché dell’art. 2119 c.c..

La Regione censura la sentenza impugnata per avere fatto riferimento alla L. n. 300 del 1970, art. 7 allorquando il recesso dal rapporto dirigenziale era da ritenersi regolato, all’epoca dei fatti, dagli artt. 25 e 27 del menzionato c.c.n.l., aggiungendo infine che la nota in cui la Corte territoriale aveva individuato la contestazione di avvio di un procedimento disciplinare era solo uno dei vari rilievi mossi al fine di evidenziare un comportamento non collaborativo, l’incapacità di inserimento del dirigente nel contesto lavorativo e il disinteresse per gli incarichi assegnati.

Il motivo non può trovare accoglimento.

E’ indubbio – e non lo nega neanche la ricorrente – che la Corte d’Appello abbia trattato e qualificato la vicenda come recesso disciplinare, come è reso evidente dal richiamo alle regole di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7 ed alla dinamica contestazione – recesso che è propria della fattispecie.

Ciò posto, è irrilevante che la Corte abbia fatto riferimento a norme contenute in commi della L. n. 300 del 1970, art. 7 non espressamente richiamati dal D.Lgs. n. 165 del 2001, allora art. 55.

Infatti, la dinamica contestazione-licenziamento era regolata già allora dal predetto art. 55 e comunque anche l’art. 27 del c.c.n.l. cui fa riferimento il motivo prevede analoga dinamica anche per i recessi, tra cui quelli di cui al comma 2 della disposizione collettiva, per inadempimento e quindi di natura disciplinare.

1.2 In alcuni passaggi del motivo – come anche nella memoria finale – la Regione Lazio sostiene che la Corte territoriale, anche per l’errore commesso nell’applicazione della normativa, avrebbe indebitamente equiparato il recesso per giusta causa attuato nel caso di specie ad un licenziamento disciplinare. Tuttavia, la genericità dei profili di censura contenuti da quest’ultimo punto di vista nel motivo ed ivi incentrati sulla mera circostanza che tra le parti vi fossero state altre comunicazioni, così come la sopra precisata irrilevanza dell’asserito errore sulla normativa non sono, in sé soli e per come addotti, in grado certamente di sovvertire la qualificazione dell’accaduto in termini di procedimento disciplinare quale formulata dalla Corte territoriale.

2. Il secondo motivo è formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 come omesso esame di un fatto decisivo, finalizzato a far constare il mancato esame di circostanze rilevanti al fine di verificare la sussistenza o meno di una giusta causa di recesso.

Il motivo consta sostanzialmente della ricostruzione dell’intera vicenda di causa, il che lo rende generico ed inammissibile. Infatti, l’omesso esame di cui alla norma sul giudizio di cassazione deve consistere nell’individuazione di uno o più fatti storici, di cui evidenzi la capacità decisiva di inficiare il ragionamento (ratio decidendi) che ha portato alla definizione fornita dal giudice del merito (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26764).

A tale requisito non può corrispondere un motivo in cui si afferma che il vizio consistente nell'”omesso esame dei fatti sopra evidenziati”, quando questi fatti consistono sostanzialmente nell’intera vicenda svoltasi inter partes, in quanto quello che si evidenzia in tal modo non è un vizio di legittimità, ma è la richiesta di un diverso giudizio sul merito.

Tanto meno poi il motivo può avere ingresso ove si consideri che esso non prende posizione critica, specifica e puntuale, sulla ratio decidendi, ovverosia sull’individuazione della nota del 9.4.2008 come atto di contestazione e del recesso del 30.6.2008 come atto eccedente i limiti della contestazione stessa, pretendendo che sia il giudice di legittimità – come non può ritenersi ammissibile – a riconnettere tra loro i diversi fatti per giungere ad una diversa conclusione nel senso, previa eventualmente esclusione della natura strettamente disciplinare, di una più ampia portata degli addebiti prodromici al recesso infine disposto.

Sicché anche da questa angolazione il motivo si rivela quale proposizione alla Corte di Cassazione di elementi finalizzati a suscitare una diversa valutazione di merito.

3. Il terzo motivo afferma la violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del c.c.n.l. e della L. n. 300 del 1970, art. 7 (art. 360 c.p.c., n. 3). All’interno del motivo si riporta la nota del 9.4.2008 cui la Corte territoriale ha riferito la contestazione, poi si dice reiterata con nota del 21.4.2008 e si riporta altresì la successiva nota 22.5.2008, a dire della Regione tale costituire anch’essa contestazione di più ampia portata, sottolineando infine come il D.S., dopo essere ascoltato in data 30.5.2008, si fosse riservato di rispondere entro dieci giorni, senza averlo poi fatto.

Il quarto motivo richiama gli stessi fatti, ovverosia il sollecito del 21.4 a chiarire quanto già contestato, la contestazione del 22.5 e la successiva riunione, con la conseguente mancata risposta agli addebiti in quella sede ulteriormente esplicitati, sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi.

Anche tali motivi sono inammissibili.

L’interpretazione data dalla Corte territoriale alla nota del 9.4.2008, nel senso che con essa si rilevasse essenzialmente l’ignoranza del D.S. rispetto all’assetto giuridico delle Aziende Regionali, trattandosi di atto unilaterale, per essere censurata, avrebbe dovuto essere veicolata attraverso il richiamo ai canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. c.c. (Cass., 30 maggio 2018, n. 13667) e non sulla base della mera considerazione, tale da costituire una proposizione di diversa lettura di merito, secondo cui con quella nota vi sarebbe stata una contestazione alle “capacità e attitudini”.

La seconda asserita contestazione, di cui alla nota del 22.5.2008, facendo riferimento alla reiterazione di un “comportamento non consono”, nonostante i solleciti ad un “rapporto propositivo” è di tenore poi così generico che palesemente essa è privo di qualsivoglia decisività al fine di sovvertire l’assunto della Corte territoriale secondo cui la contestazione riguardava solo il fatto dell’ignoranza in merito alle Aziende Regionali; così come l’essersi reiterata la medesima contestazione del 9.4 con successiva nota del 21.4 non vale certamente ad ampliare il novero delle circostanze contestate, essendo tra l’altro del tutto libero, il lavoratore, di difendersi o meno, sicché una sua scelta in tal senso non potrebbe poi mai essere ragione di rilievo disciplinare. Così come analoghe ragioni rendono del tutto irrilevante il comportamento peraltro genericamente addotto – di mancata risposta all’esplicitazione degli addebiti conseguita alla convocazione del maggio 2008.

In definitiva anche i due motivi qui in esame si traducono in una diversa prospettazione di un giudizio sui fatti, ovverosia su quale fosse l’effettiva portata di quanto addebitato, ma attraverso modalità giuridicamente inidonee e con rilievi non decisivi al fine di scalfire efficacemente, in sede di legittimità, la valutazione di merito di esclusiva spettanza della Corte territoriale.

4. Nulla sulle spese, essendo il lavoratore rimasto intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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