LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8139-2018 proposto da:
CERAMICA CATALANO S.P.A. (già s.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO FORTUNA;
– ricorrente –
contro
B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO n. 12, presso lo studio degli avvocati GRAZIANO PUNGI’, BARBARA FRATEIACCI, che lo rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 390/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/02/2018 R.G.N. 454/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/09/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’
STEFANO, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO
CHE:
1. Con sentenza n. 390 depositata il 6.2.2018 la Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale di Viterbo e rigettando l’appello della società Ceramica Catalano s.p.a., ha accolto la domanda di B.C. di liquidazione dell’indennità sostitutiva della reintegra di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 3, (precedente la novella del 2012) e condannato la società a pagare la somma di Euro 23.665,83, oltre accessori.
2. la Corte territoriale, premessa l’ammissibilità dell’appello, ha confermato la statuizione del giudice di primo grado rilevando che la retribuzione globale di fatto è quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato ad eccezione di quei compensi legati non già all’effettiva presenza in servizio ma solo eventuali e dei quali non vi è prova della certa percezione nonché quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione ed aventi normalmente carattere indennitario e che la produzione delle buste paga confermava la percezione continuativa dei compensi per lavoro straordinario.
3. avverso tale sentenza la società ha proposto ricorso affidato a un motivo, illustrato da memoria; il lavoratore ha resistito con controricorso.
4. la Procura generale ha fatto pervenire la propria requisitoria chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. Il ricorrente deduce, con l’unico motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 64 CCNL Industrie ceramiche del novembre 2010 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), avendo la Corte territoriale accolto una nozione di retribuzione globale di fatto – ai fini della determinazione dell’indennità sostitutiva della reintegrazione – in contrasto con la contrattazione collettiva di settore che non include in tale definizione gli elementi accidentali quali sono gli emolumenti correlati al lavoro straordinario; inoltre le buste paga esaminate dal consulente tecnico d’ufficio (gennaio – novembre 2007) non contengono un importo sempre uguale.
4. Il motivo di ricorso non è fondato.
La Corte territoriale si è conformata all’orientamento prevalente della giurisprudenza che include nel concetto di “retribuzione globale di fatto” (prevista dalla L. n. 300, art. 18, sia per il risarcimento del danno subito dal lavoratore licenziato illegittimamente sia per l’indennità conseguente all’opzione facoltativa sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro) non soltanto la retribuzione base ma anche ogni compenso di carattere continuativo che si ricolleghi alle particolari modalità della prestazione in atto al momento del licenziamento (Cass. nn. 15449 del 2000; 2262 del 2007).
L’ampia configurazione di questo istituto retributivo dettato dalla legge è conforme alla ratio della disposizione normativa (L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 3, nel testo precedente la novella del 2012) che è quella di garantire il lavoratore a non subire, o a ridurre al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo, dissuadendo il datore di lavoro dall’inadempimento dell’obbligo indennitario, il cui compimento comporterebbe una ulteriore lesione dei valori di libertà, dignità e materiale sussistenza del prestatore che l’ordinamento costituzionale, e quello sovranazionale all’art. 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, richiedono siano realizzati compiutamente e in concreto, senza che residuino spazi di elusione (Cass. 20420 del 2012). L’insussistenza di un principio di omnicomprensività della retribuzione, richiamato da parte ricorrente, conferma la correttezza del criterio secondo cui ciascun istituto retributivo si calcola secondo la previsione della sua fonte regolatrice, legale o contrattale; né, d’altra parte, il ricorrente – in ossequio al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione e nel rispetto, previsto a pena di inammissibilità, dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, – ha trascritto le clausole del contratto collettivo che delineano il campo di applicazione dell’istituto negoziale invocato al fine di comprendere con quale finalità le parti sociali hanno dettato la nozione di “retribuzione globale di fatto” (e, dunque, se, in particolare, si estenda anche alle modalità di computo del risarcimento del danno e dell’eventuale indennità sostitutiva della reintegra conseguenti al licenziamento illegittimo).
Il carattere continuativo di ciascun singolo emolumento percepito dal lavoratore e, nella specie, dei compensi per lavoro straordinario, rientra, poi, nell’indagine di fatto riservata al giudice di merito (che, peraltro, risulta aver valutato le buste paga prodotte in giudizio da cui risultava l’erogazione, con continuità, di compensi per lavoro straordinario) e insindacabile in sede di legittimità.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 14 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021