Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33216 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6619-2019 proposto da:

P.E., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE LUCENTI;

– ricorrente –

contro

B.S., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato SEBASTIANO MALLIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata l’11/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSETTI MARCO.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2005 B.S. convenne dinanzi al Tribunale di Siracusa, sezione di Avola, P.E. esponendo:

-) di essere proprietaria di un fondo confinante con il fondo della convenuta;

-) la convenuta, dopo aver eliminato un vecchio canale di raccolta delle acque reflue, ne aveva realizzato uno nuovo, il quale riversava le acque direttamente nel fondo dell’attrice;

-) tale modifica aveva determinato un allagamento delle serre di proprietà dell’attrice, e la perdita del raccolto ivi contenuto.

Concluse pertanto chiedendo la condanna della convenuta al ripristino dello stato dei luoghi ante operam, e al risarcimento del danno, quantificato in Euro 32.500.

2. La convenuta si costituì negando sia l’esistenza del danno, sia il nesso di causa tra questo che la propria condotta.

3. Il Tribunale di Siracusa con sentenza 1 febbraio 2015 n. 212 accolse la domanda e condannò P.E. al pagamento in favore di B.S. della somma di Euro 32.500, oltre accessori.

La sentenza venne appellata dalla soccombente.

4. La Corte d’appello di Catania con sentenza 11 gennaio 2018 n. 249 accolse solo in parte il gravame, riducendo l’importo del risarcimento ad Euro 19.200, e compensando per un terzo le spese del doppio grado di giudizio.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da P.E., con ricorso fondato su un solo motivo.

B.S. ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di impugnazione P.E. lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 116 e 2697 c.c..

Espone, in sostanza, le seguenti censure:

-) ha errato la Corte d’appello a ritenere esistente un danno del quale non vi era prova alcuna;

-) ha errato la Corte d’appello ad appiattirsi sulle considerazioni svolte dal consulente di parte attrice, così elevando a dignità di prova un documento (la consulenza di parte) che ne era privo;

-) ha errato la Corte d’appello nel trascurare i rilievi compiuti dal consulente tecnico d’ufficio.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Esso infatti in tutte le censure in cui si articola investe il modo in cui il giudice di merito ha ricostruito i fatti e valutate le prove.

Ma una censura di questo tipo cozza contro il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).

1.2. Ad abundantiam, rileva questa Corte che il motivo di impugnazione muove comunque da un presupposto fattuale erroneo: quello secondo cui la Corte d’appello avrebbe basato la liquidazione del danno su “una consulenza di parte”.

Trascura tuttavia la difesa della ricorrente di considerare che l’estensore della consulenza di parte venne interrogato come testimone, ed è sulle dichiarazioni rese in sede testimoniale, e non sulla consulenza di parte, che il giudice di merito ha fondato, con argomentazione congrua, le proprie valutazioni circa il quantum debeatur.

2. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna P.E. alla rifusione in favore di B.S. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.300, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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