LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 31620/19 proposto da:
-) M.H., elettivamente domiciliato a Como, via Mentana n. 8, presso l’avvocato Stefano Plenzick, che lo difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
-) Ministero dell’Interno;
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di Milano 10.9.2019 n. 7201;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 maggio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti;
viste le conclusioni scritte del Procuratore Generale, Dott.ssa Ceroni Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. M.H., cittadino *****, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).
A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese per sfuggire alle persecuzioni di un proprietario terriero confinante, al quale era inviso per la propria fede politica, e per causa del quale era stato vittima di aggressioni e false denunce.
La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.
2. Avverso tale provvedimento M.H. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 10.9.2019.
Il Tribunale ritenne che:
-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;
-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;
-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato né dimostrato l’esistenza di specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.
3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da M.H. con ricorso fondato su quattro motivi.
Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo il ricorrente denuncia un error in procedendo.
Sostiene di avere prodotto dinanzi alla commissione territoriale tre documenti dimostrativi della verità del suo racconto o comunque rilevanti a tal fine; di averli successivamente smarriti, di avere chiesto al Tribunale di acquisire d’ufficio i documenti in possesso in copia della commissione territoriale; che il Tribunale aveva implicitamente rigettato tale richiesta.
Allega che il Tribunale non avrebbe potuto esaminare la sua domanda, ritenere inattendibile il suo racconto e non genuini quei documenti, senza averli previamente acquisiti ed esaminati.
1.1. Il motivo è fondato.
Il decreto impugnato afferma a pagina 2, primo capoverso, che nel giudizio dinanzi al Tribunale l’amministrazione resistente non si era costituita e non aveva nemmeno “depositato la documentazione utilizzata nella fase amministrativa”.
Lo stesso decreto impugnato rileva, più oltre, che nella fase amministrativa e l’odierno ricorrente aveva prodotto tre documenti, i quali nella prospettazione del richiedente asilo avrebbero dovuto dimostrare la sussistenza di denunce sporte nei suoi confronti e la pendenza di un procedimento penale a suo carico (p. 10).
Dopo avere premesso ciò, tuttavia, il Tribunale ha formulato un giudizio di inattendibilità dei fatti riferiti dal richiedente asilo, sul presupposto che si dovesse “fondatamente dubitare” della provenienza e della genuinità di tali produzioni documentali.
1.2. Rileva tuttavia questa Corte che, se il giudizio sull’attendibilità e sulla rilevanza della prova documentale costituisce una valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in questa sede, non è men vero che la formulazione di quel giudizio esige pur sempre che il documento da valutare sia acquisito agli atti, e che il giudice abbia potuto prenderne visione e contezza.
Costituisce, per contro, violazione dell’art. 115 c.p.c. l’affermazione della non genuinità di un documento che il giudice non abbia previamente acquisito ed esaminato.
Il motivo va pertanto accolto ed il decreto impugnato cassato con rinvio, affinché il Tribunale, acquisita la suddetta documentazione, provveda a riformulare il proprio giudizio sulla genuinità e sulla rilevanza di essa.
2. Il secondo ed il terzo motivo restano assorbiti.
4. Col quarto motivo il ricorrente censura il decreto del Tribunale nella parte in cui ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria.
Lamenta che erroneamente il Tribunale gli avrebbe ascritto di non aver allegato attendibili fonti di informazione, a confutazione di quelle citate dalla commissione territoriale.
4.1. Il motivo è in parte assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso, ed in parte fondato.
Il Tribunale, infatti, dovendo decidere sulla domanda di protezione sussidiaria (invocata dal ricorrente per tutte e tre le ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14) ha così provveduto:
a) quanto alla richiesta di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), ha affermato che l’inattendibilità soggettiva del richiedente escludeva la configurabilità di una “persecuzione” in senso giuridico;
b) quanto alla richiesta di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), ha ritenuto che in ***** non sussistesse una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, ed ha aggiunto che il ricorrente non aveva “allegato fonti a confutazione delle risultanze citate, e richiamate anche nel provvedimento di diniego” adottato dalla commissione territoriale.
4.2. La statuizione di rigetto della domanda di protezione sussidiaria per le ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), ovviamente, resta assorbita dall’accoglimento del primo motivo di ricorso: il Tribunale, infatti, dovrà procedere a riformulare il giudizio di attendibilità del richiedente, previa acquisizione dei documenti da questi prodotti dinanzi alla commissione territoriale.
Non altrettanto è a dirsi per il giudizio di rigetto della domanda di protezione sussidiaria per l’ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b).
Il ricorrente, infatti, ha documentato di avere allegato al ricorso introduttivo del primo grado del presente giudizio una serie di fonti di informazione, che non risultano essere state prese in considerazione dal Tribunale, nemmeno al solo fine di rilevarne la non decisività.
Ora, se è vero che il giudice non ha l’onere di prendere in esame tutte le allegazioni difensive e tutte le prove dedotte dalla parte, essendo sufficiente che la propria decisione si fondi su una ratio incompatibile con quelle deduzioni o quelle prove (c.d. principio di implicita confutazione: ex multis, Sez. 3 -, Ordinanza n. 24953 del 06/11/2020, Rv. 659772 – 01) è però anche vero che in tanto il giudice di merito può astenersi dal confutare una per una le allegazioni e le produzioni difensive, in quanto le abbia comunque esaminate.
Nel caso di specie, per contro, è il Tribunale stesso a dichiarare inesistente una produzione documentale che invece risulta ritualmente compiuta: con la conseguenza che il principio di implicita confutazione, sopra ricordato, non può trovare applicazione.
4.3. Anche sotto questo profilo il decreto impugnata andrà pertanto cassato con rinvio, affinché il giudice di rinvio esamini e stabilisca se le Country of Origin Informations invocate dal richiedente consentissero di ritenere fondata la domanda di protezione internazionale sussidiaria formulata ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).
5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso, nei limiti di cui motivazione; (-) dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 25 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021