Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33231 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17073-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati SAMUELA PISCHEDDA, ELISABETTA LANZETTA, CHERUBINA CIRIELLO, SEBASTIANO CARUSO;

– ricorrente –

contro

R.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 42, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE PAOLIS, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO ERMINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9673/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/01/2015 R.G.N. 9484/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/02/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE.

PREMESSO che con sent. n. 9673/2014, depositata il 31 gennaio 2015, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Rieti, ha accertato il diritto di R.B., dipendente dell’I.N.P.S. inquadrato nell’Area B, posizione B1, alle differenze retributive conseguenti all’esercizio di mansioni proprie della superiore Area C, posizione C1, nel periodo dall’1 aprile 2007 al 28 febbraio 2009;

– che la Corte, esaminato il materiale istruttorio, ha ritenuto dimostrato lo svolgimento da parte del ricorrente di tutte le fasi del processo in cui era inserito (gestione separata; assegni familiari per domestici, coltivatori diretti e dipendenti; iscrizione domestiche), pur non essendosi il ricorrente occupato, in quanto assegnate ad altri operatori, di tutte le attività di competenza dell’Unità di processo denominata “Prestazioni a sostegno del reddito”; ha, pertanto, ritenuto integrato nella specie il tratto distintivo e qualificante dell’Area C, individuato nella maggiore professionalità e responsabilità del personale che opera strutturalmente nel processo, nel senso di essere adibito e di realizzare ogni fase di esso;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Istituto previdenziale, con unico motivo, cui il lavoratore ha resistito con controricorso, assistito da memoria.

RILEVATO

che il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione del c.c.n.l. 1998/2001 e del c.c.n.l. 2002/2005, per il periodo 1/4/2007 – 30/9/2007, e, per il periodo successivo, del c.c.n.l. relativo al personale non dirigente del comparto enti pubblici non economici per il quadriennio normativo 2006/2009, nonché violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza impugnata per erronea interpretazione delle declaratorie contrattuali delle Aree B e C e per non avere considerato, quanto al periodo 1/10/2007 – 28/2/2009, che la contrattazione collettiva aveva ridisegnato il sistema di classificazione del personale, nel senso che per l’inquadramento in Area C risultava necessario lo svolgimento effettivo di tutte le fasi dell’intero processo produttivo (Processo “Prestazioni a sostegno del reddito”) e non di un processo di lavorazione;

osservato:

che la Corte territoriale ha accertato, sulla base delle risultanze delle prove testimoniali, come il R., in ogni processo in cui era inserito, ne svolgesse “tutte le fasi, da quella di inizio del procedimento, a quella istruttoria, a quella di valutazione della sussistenza del diritto alla prestazione, a quella di predisposizione del provvedimento finale, a quella di pagamento, a quella di rapporto con l’utente”; rilevando come fosse stata conseguita “la prova dello svolgimento sia di più linee dell’unità di processo prestazioni a sostegno del reddito (quali: gestione separata, assegni familiari per domestici, coltivatori diretti e dipendenti, iscrizione delle domestiche), sia di tutte le fasi di ciascuna linea alle quali era di volta in volta adibito” e come ciò dovesse condurre a ritenere l’appellante operatore di processo, appartenente alla superiore Area C, posto che il discrimine di tale area rispetto a quella di inquadramento risiede nella competenza “a svolgere tutte le fasi” di esso (cfr. sentenza impugnata, p. 4);

– che tale accertamento di fatto non risulta adeguatamente censurato dal ricorrente, risolvendosi la denuncia di omesso esame di fatto decisivo in una mera enunciazione del vizio, peraltro, e in ogni caso, non conforme al modello del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5, quale risultante dalla modifica introdotta nel 2012 e dalle precisazioni fornite da questa Corte a Sezioni Unite con riferimento al perimetro applicativo della riforma e agli oneri di deduzione (cfr. sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014 unitamente alle molte che ad esse si sono conformate);

– che inoltre è da ritenersi corretta l’interpretazione che la Corte territoriale ha dato delle disposizioni collettive e delle declaratorie di area;

– che infatti costituisce tratto comune del personale appartenente all’Area B, alla stregua delle fonti contrattuali successivamente operanti nel periodo dedotto, l’inserimento nel processo produttivo per lo svolgimento di fasi e/o fasce di attività, nell’ambito di direttive di massima e di procedure predeterminate; mentre il personale dell’Area C, oltre che per il diverso livello di conoscenze che gli è richiesto, si distingue da quello dell’area inferiore per la capacità di svolgere tutte le fasi del processo, garantendo la qualità del risultato e con assunzione di responsabilità che, seppure graduata con riferimento allo sviluppo professionale all’interno dell’area stessa, è elemento richiamato in tutti i profili (cfr., in questo senso, Cass. n. 8683/2018);

ritenuto:

pertanto che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– che di esse va disposta la distrazione ex art. 93 c.p.c. a favore dei difensori del controricorrente, avv. Antonio De Paolis e avv. Paolo Ermini, come da loro dichiarazione e richiesta.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, somma di cui dispone la distrazione in favore degli avv.ti De Paolis ed Ermini.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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