Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33247 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21758-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO;

– ricorrente –

contro

B.A.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato ROSA MAFFEI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2690/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/04/2015 R.G.N. 10642/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/04/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’

Stefano, ha depositato conclusioni scritte.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 2690 del 2015, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato l’INPS a corrispondere, a B.A.D., la pensione di reversibilità in regime internazionale, quale coniuge superstite di S.R., titolare di pensione liquidata sulla scorta della Convenzione internazionale italo-jugoslava vigente all’epoca del suo pensionamento;

2. avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo due motivi di censura;

3. la pensionata ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. con il primo motivo l’INPS deduce violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 per essere maturata la decadenza dall’azione, proposta con ricorso del 15 dicembre 2009, in riferimento a domanda amministrativa del 28 luglio 2004;

5. il motivo è fondato nei termini che seguono;

6. non è contestato che il ricorso introduttivo della presente causa sia stato presentato oltre il termine triennale di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47;

7. neanche è in discussione che la decadenza, di cui all’art. 47 cit., possa essere rilevata anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo, fatti salvi gli effetti del giudicato (fra tante, Cass. n. 28639 del 2018), insussistente nel caso in esame;

8. quanto agli effetti della decadenza, tuttavia, secondo l’orientamento della Corte, il riconoscimento del diritto ai ratei maturati nel triennio antecedente alla proposizione del ricorso giudiziale, risulta coerente con la giurisprudenza di questa Corte di legittimità che, superata la posizione espressa da Cass. n. 22110 del 2009, ha ricostruito la disciplina di riferimento nel senso che: a) la scadenza dei termini complessivamente previsti per l’esaurimento del procedimento completa le ipotesi delle diverse eventualità di decorrenza del termine in presenza del comune presupposto, costituito dall’avvenuta presentazione del ricorso amministrativo; b) per contro, ove sia mancato qualsiasi ricorso, la situazione rimane disciplinata dalla seconda parte del D.L. n. 103 del 1991, art. 6, comma 1, in cui il dies a quo è rappresentato dal giorno della maturazione dei singoli ratei di prestazione; c) la scadenza suddetta, costituendo il limite estremo di utilità di ricorsi proposti tardivamente, ma pur sempre anteriormente al suo verificarsi, determina anche l’effetto dell’irrilevanza di un ricorso proposto solo successivamente (v. Cass. n. 4247 del 2002), rispetto al quale potrà semmai porsi il problema se esso sia identificabile come nuova domanda amministrativa; d) la scadenza stessa, in assenza di ricorsi anteriormente presentati, e nonostante la presenza di ricorsi proposti successivamente ad essa, non determina il dies a quo del termine di decadenza dall’azione giudiziaria, operando in relazione alle teste’ descritte eventualità la diversa ipotesi di decadenza introdotta dal D.L. 1991, art. 6 ossia quella decorrente dalla maturazione dei singoli ratei” (fra tante, Cass. nn. 15386, 9291 e 8310 del 2016);

9. quanto alla necessità evidenziata dalla controricorrente di tutelare l’affidamento degli assicurati dall’overruling della sentenza della Corte, Sez. Un., n. 12718 del 2009, si osserva, da un canto, che il prospective overruling garantisce alla parte il diritto di azione e di difesa, neutralizzando i mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo e non è invocabile nel caso di mutamenti giurisprudenziali che riguardino norme sostanziali (così, anche di recente, Cassa n. 552 del 2021; con riferimento all’overruling in materia di procedimento per il conseguimento di prestazioni previdenziali, cfr. Cass. n. 27555 del 2020); dall’altro, e comunque, che la pronuncia delle Sezioni Unite che componga il contrasto – com’e’ avvenuto con Cass. Sez. Un. 12718 del 2009 – sull’interpretazione di una norma processuale non configura un’ipotesi di overruling avente il carattere di imprevedibilità e, di conseguenza, non costituisce presupposto per la rimessione in termini della parte che sia incorsa nella preclusione o nella decadenza (fra tante, Cass. n. 23834 del 2020);

10. si verte, inoltre, in ipotesi non già di riliquidazione di una prestazione (v., al riguardo, Cass. n. 16718 del 2020, in riferimento al regime applicabile nel testo originario o modificato dell’art. 47) ma di prestazione originaria per cui la decadenza triennale si applica ai ratei maturati nel triennio antecedente la proposizione della domanda giudiziale;

11. applicando tale principio alla fattispecie concreta, va affermato che il decorso del triennio previsto dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 ha colpito, con la decadenza sostanziale, le pretese relative ai singoli ratei del trattamento pensionistico di reversibilità maturate sino al triennio precedente al deposito del ricorso giudiziario (avvenuto il 15 dicembre 2009) e, cioè, i ratei maturati sino al 15 dicembre 2006;

12. con il secondo motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione dell’art. 48 Regolamento CE n. 1408/1971 e della L. n. 218 del 1952, art. 13 (come modificato dalla L. n. 903 del 1965, art. 23), per avere la Corte di merito ritenuto che l’odierna intimata avesse diritto alla pensione di reversibilità nonostante che il de cuius non potesse far valere almeno 52 settimane di contribuzione in Italia e fosse deceduto in data successiva al 1.5.2004, ossia nella piena vigenza del Regolamento cit., conseguente all’adesione della Slovenia all’Unione Europea;

13. questa Corte ha già avuto modo di fissare il principio di diritto secondo cui la pensione di reversibilità in regime internazionale, benché acquisita dal superstite iure proprio, spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso (Cass. n. 23841 del 2015, cui hanno dato seguito Cass. nn. 24534 e 24645 del 2015; Cass. n. 25668 del 2017; 22069 del 2020);

14. nella specie, il de cuius, benché deceduto l’11 luglio 2004, godeva della pensione diretta dal mese di novembre del 1990, conseguita in virtù della Convenzione italo-jugoslava del 14 novembre 1947, che prevedeva la totalizzazione dei contributi a fronte di una sola settimana di contribuzione all’estero (così il ricorso per cassazione, pag. 3), di talché risulta corretta la conclusione della Corte di merito, che ha escluso che, ai fini della pensione di reversibilità, potesse rilevare la disciplina successivamente entrata in vigore;

15. in definitiva, va accolto, nei termini illustrati, il primo motivo del ricorso, rigettato il secondo;

16. la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà a quanto sin qui detto e provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso per quanto di ragione, rigettato il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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