LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2749-2019 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ESTER ADA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI;
– ricorrente –
contro
P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BISAGNO N. 14, presso lo studio dell’avvocato GUERINO MASSIMO OSCAR FARES, rappresentato e difeso dall’avvocato RICCARDO ROTIGLIANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 634/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 09/07/2018 R.G.N. 681/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2021 dal Consigliere Dott. CALAFIORE DANIELA.
RILEVATO IN FATTO
che:
con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Palermo ha rigettato il gravame dell’INPS avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva accolto la domanda dell’avvocato P.M. (iscritto all’Albo degli avvocati ma non anche alla Cassa Nazionale di previdenza ed assistenza Forense, per il mancato conseguimento del reddito nella misura utile all’insorgenza di tale obbligo e di quello contributivo conseguente) volta ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata INPS, in relazione all’anno 2007, e l’insussistenza del debito contributivo;
ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un unico motivo di censura, illustrato con memoria;
il professionista resiste con controricorso;
la Sesta sezione di questa Corte di cassazione ha rimesso la causa alla sezione ordinaria con ordinanza interlocutoria n. 29166 del 2021.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
con l’unico motivo di censura -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26-31, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2, conv. con modific. nella L. n. 111 del 2011, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, modificato dal D.Lgs. n. 344 del 2003, della L. n. 576 del 1980, artt. 10,11 e 22, della L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 10;
secondo l’Istituto ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere insussistente l’obbligo di iscrizione presso la Gestione separata INPS per il reddito prodotto nell’esercizio della professione, seppure inferiore alla soglia reddituale prevista dai regolamenti della Cassa Forense, ratione temporis vigenti, e per i quali aveva versato unicamente il contributo integrativo e non anche quello soggettivo;
il motivo è fondato;
la questione, oggetto del presente ricorso, concernente l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS degli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo, in quanto iscritti agli albi, è stata decisa da questa Corte, con pronuncia n. 32608 del 2018 (seguita da Cass. n. 32167 del 2018, Cass. n. 519 del 2019, Cass. n. 3799 del 2019 e da plurime successive decisioni;
questa Corte ha precisato che “Gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che, svolgendo attività libero professionale priva del carattere dell’abitualità, non hanno secondo la disciplina vigente “ratione temporis”, antecedente l’introduzione dell’automatismo della iscrizione – l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all’albo professionale, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, secondo cui l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale (Cass. n. 32167 del 2018; Cass. n. 32508 del 2018);
l’obbligo di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, di iscrizione alla Gestione Separata, e’, infatti, rivolto a chiunque eserciti in modo abituale, ancorché non esclusivo, una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. n. 4419 del 2021; Cass. n. 12419 del 2021; Cass. n. 12358 del 2021). Nelle pronunce in ultimo citate, si è ulteriormente precisato che il requisito dell’abitualità deve essere accertato, in punto di fatto, mediante la valorizzazione di presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, potendo la percezione di un reddito annuo di importo inferiore alla soglia di Euro 5.000,00 rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere in concreto la sussistenza del requisito in questione (Cass. n. 4419 del 2021);
i principi enunciati, a cui si intende dare seguito, non sono stati considerati dalla Corte territoriale che, pertanto, dovrà farne applicazione. Il ricorso deve essere accolto, cassata la sentenza e rinviata la causa alla Corte di appello di Palermo, diversa composizione, per la decisione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021