LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3704-2020 proposto da:
J.I., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ELISA SFORZA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Bologna, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 2110/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 16/07/2019 R.G.N. 2264/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. GARRI FABRIZIA.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. La Corte di appello di Bologna ha confermato l’ordinanza del Tribunale della stessa città che ha negato la protezione internazionale a J.I., cittadino pakistano emigrato per ragioni economiche. In particolare ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e la protezione umanitaria mancandone specifiche e plausibili ragioni.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso J.I. affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria tardiva di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
3. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la nullità della sentenza in relazione all’omesso esame del primo motivo di appello circa un fatto decisivo avente ad oggetto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale almeno nella forma della protezione sussidiaria con riguardo alla situazione di violenza generalizzata nel Punjab del Pakistan. 4. Il motivo è inammissibile. In tema di ricorso per cassazione, è contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 05/03/2021n. 6150). Peraltro la censura difetta del necessario livello di specificità ed in proposito va qui ribadito che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo, e dunque deve comprendersi sin dalla lettura del ricorso il tenore della censura formulata in appello avverso la decisione di primo grado con la quale era stata esclusa l’esistenza di una situazione di violenza generalizzata ed indiscriminata. In sostanza sin dalla lettura dell’atto deve risultare possibile individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (cfr. Cass. 08/06/2016 n. 11738, 30/09/2015n. 19410).
5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 ed ancora una volta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio individuato nella situazione attuale di sicurezza sociopolitica del paese di provenienza del ricorrente.
6. La censura presenta profili di inammissibilità del tutto analoghi a quelli esaminati nel primo motivo alla cui motivazione è sufficiente fare rinvio.
7. Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, è denunciata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ancora una volta in relazione all’omessa valutazione della situazione del paese di provenienza ma questa volta con specifico riferimento alla protezione umanitaria. Nella sostanza il ricorrente deduce che sarebbe mancata qualsiasi indagine sulla situazione socio economica e ordinamentale del paese di origine necessaria per valutare la situazione di vulnerabilità.
8. Anche tale censura è inammissibile poiché non chiarisce quali fossero “le specifiche e plausibili ragioni di fatto legate alla situazione concreta ed attuale del ricorrente” allegate e ignorate dalla Corte di merito.
8. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile senza assunzione di un provvedimento sulle spese del giudizio, non avendo il Ministero vittorioso svolto difese.
8.1. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021