Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33268 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3706-2020 proposto da:

I.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ELISA SFORZA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Bologna, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2666/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 23/09/2019 R.G.N. 1793/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. GARRI FABRIZIA.

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di appello di Bologna ha confermato l’ordinanza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale avanzata da I.A., cittadino pachistano di religione musulmana sunnita che aveva dichiarato di essere espatriato dopo che, rimasto senza famiglia, era stato aggredito dai fratellastri che volevano impossessarsi del suo terreno e della sua casa e dedotto di essere stato sottoposto a violenze da parte dei fratellastri sin da quando era bambino riportandone cicatrici, fratture e gravi problemi ad un occhio ragioni tutte per le quali temeva per la sua vita in caso di rientro in patria.

2. La Corte di appello ha ritenuto infondato il timore di persecuzione denunciato ed ha negato lo status di rifugiato politico perché ha escluso che sussistessero rischi per l’incolumità fisica e comunque ha ritenuto che ben potesse essere assicurata una protezione dagli organi dello Stato di provenienza. Quanto alla protezione sussidiaria il giudice di appello ha ritenuto che non fossero ravvisabili le condizioni dettate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e che il Pakistan no versasse in una situazione di conflitto armato tale da giustificare ai sensi della lett. c) della stessa disposizione il rilascio del permesso di soggiorno. Quanto alla protezione umanitaria il giudice di secondo grado non ne ha ravvisato le condizioni evidenziando la mancanza di adeguate alle allegazioni al riguardo.

3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso I.A. affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria tardiva di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

4. Il primo motivo di ricorso con il quale è denunciata la nullità della sentenza in relazione all’omesso esame del primo motivo di appello avente ad oggetto la credibilità del racconto del ricorrente è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.

4.1. In primo luogo perché è contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 05/03/2021n. 6150). Inoltre poiché la censura difetta del necessario livello di specificità ed in proposito va qui ribadito che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un ” error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo, e dunque deve comprendersi sin dalla lettura del ricorso il tenore della censura formulata in appello avverso la decisione di primo grado con la quale era stata esclusa l’esistenza di una situazione di violenza generalizzata ed indiscriminata. In sostanza sin dalla lettura dell’atto deve risultare possibile individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (cfr. Cass. 08/06/2016 n. 11738, 30/09/2015n. 19410).

5. Sono invece fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, con i quali è denunciata la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’omesso esame della situazione sociopolitica e di sicurezza nel paese di provenienza del ricorrente che non sarebbe stata esaminata sul presupposto, errato, della non credibilità del ricorrente (secondo motivo) e la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, sempre con riguardo al mancato approfondimento della situazione del paese di provenienza ed all’esistenza, ivi, in relazione alla domanda di protezione umanitaria, di condizioni minime per un’esistenza dignitosa.

5.1. La Corte territoriale, come dedotto, ha infatti del tutto trascurato di esaminare la situazione politico sociale economica in Pakistan e la sentenza non contiene alcun riferimento alla specifica area di provenienza del richiedente (il Punjab pakistano). Va perlatro evidenziato che le deduzioni del richiedente avrebbero richiesto uno specifico approfondimento sulla situazione di violenze familiari che si assumono perpetrate in suo danno sin dalla giovane età. In tema di protezione internazionale dello straniero, in virtù degli artt. 3 e 60 della Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, anche gli atti di violenza domestica sono riconducibili all’ambito dei trattamenti inumani o degradanti considerati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, sicché è onere del giudice verificare in concreto se, pur in presenza di minaccia di danno grave ad opera di un “soggetto non statuale”, ai sensi dell’art. 5, lett. c), del decreto citato, come nel caso i fratellastri del richiedente, lo Stato di origine sia in grado di offrire adeguata protezione (cfr. in tema di violenza domestica Cass. 17/05/2017 n. 12333 e molte altre successive).

5.2. In definitiva il giudice deve accertare, come non ha fatto la Corte territoriale, la sussistenza di una situazione di vulnerabilità personale dello straniero derivante dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale, capace di determinare una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti inviolabili, considerando globalmente ed unitariamente i singoli elementi fattuali accertati, e non in maniera atomistica e frammentata, svolgendo in proposito un approfondimento istruttorio specificamente mirato, nell’esercizio dei poteri officiosi derivanti dall’obbligo di cooperazione istruttoria (cfr. Cass. 19/05/2021 n. 13653).

6. In conclusione, inammissibile il primo motivo e fondati, invece, il secondo ed il terzo, il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione, che si atterrà ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso. Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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