Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33270 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17499-2017 proposto da:

ABC – ACQUA BENE COMUNE NAPOLI AZIENDA SPECIALE, già ARIN S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentata e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARIA MONDA;

– ricorrente –

contro

C.M., T.A., T.C., tutti nella qualità di eredi di T.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA, 6, presso lo studio degli avvocati GUIDO PARLATO, GIORGIO PARLATO, LUCIANA PARLATO, che li rappresentano e difendono;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7697/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/01/2017 R.G.N. 3825/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/06/2021 dal Consigliere Dott. LEONE MARGHERITA MARIA.

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Napoli con la sentenza n. 7697/2016 aveva rigettato il ricorso di Arin – Azienda Risorse Idriche Napoli avverso la decisione con cui il Tribunale di Napoli aveva accolto la domanda di C.M., T.A. e T.C., eredi di T.M., diretta a conseguire il computo della indennità di incentivazione nel trattamento pensionistico spettante al de cuius, con il pagamento delle differenze retributive in tal modo maturate.

La Corte territoriale aveva ritenuto condivisibili le statuizioni del primo giudice poiché, attesa la ricostruzione sistematica dell’istituto in questione e del trattamento pensionistico dei dipendenti dell’ARIN, l’indennità di incentivazione o presenza era stata considerata di natura continuativa, correlata all’ordinaria attività lavorativa, e dunque idonea ad integrare la base retributiva su cui calcolare il trattamento pensionistico.

La ABC- Acqua Bene Comune Napoli azienda Speciale, subentrata nelle more ad Arin -Azienda Risorse Idriche Napoli, proponeva ricorso per cassazione avverso detta decisione, affidato a un unico articolato motivo cui resistevano con controricorso C.M., T.A. e T.C., quali eredi di T.M., che anche depositavano successiva memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con unico motivo l’Azienda ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonché l’omesso esame e omessa motivazione circa un fatto decisivo per la risoluzione della controversia (art. 132 n. 4, art. 384 c.p.c.).

La doglianza è diretta ad evidenziare l’errata interpretazione delle disposizioni relative alla predetta indennità (artt. 64 e 66 Regolamento Organico dell’Azienda – ROL; D.L. n. 55 del 1983, art. 30 conv. L. n. 131 del 1983) ed in particolare sottolinea come la Corte di merito abbia omesso di valutare l’effettiva percezione in via continuativa della indennità in questione, essendo tale circostanza presupposto essenziale per la maturazione del diritto. Parte ricorrente precisa che il lavoratore (e per lui gli eredi) aveva il preciso onere di allegare le buste paga relative all’ultimo anno di attività lavorativa., al fine di provare la richiesta continuatività nella percezione, e che di tale carenza allegatoria il giudice non aveva tenuto conto, quindi violando il disposto normativo e omettendo (Ndr: testo originale non comprensibile) ogni ragione nella sentenza impugnata.

Il motivo è inammissibile nella sua complessiva articolazione.

Con riguardo al profilo della censura inerente la violazione di legge devono richiamarsi i reiterati e risalenti precedenti di questa Corte enunciati in fattispecie del tutto similari, secondo cui “In materia di emolumenti suscettibili di essere computati ai fini del trattamento pensionistico, il carattere della continuità deve essere valutato in relazione alla particolare natura di ciascun compenso ed alla sua correlazione alla prestazione lavorativa ordinaria. Ne consegue che l’indennità di incentivazione (o di presenza) ha carattere continuativo ove essa, sebbene erogata per le sole giornate di effettiva presenza, sia causalmente correlata alla prestazione lavorativa ordinaria, divenendo computabile nel trattamento pensionistico in forza del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30, convertito con modificazioni nella L. 26 aprile 1983, n. 131” (Cass. n. 15418/2000; Cass. n. 2133/2014; Cass. n. 8114/2008; Cass. n. 25683/2019; Cass. n. 25684/2019). La doglianza va dichiarata inammissibile poiché propone questioni sulle quali esiste un orientamento consolidato della Corte rispetto al quale non sono prospettati argomenti diversi che costituiscano motivo per discostarsi dalle precedenti decisioni (Cass. n. 7155/2017; conf. Cass. n. 4366/2018).

Il secondo profilo della censura (oltre che viziato per carenza allegatoria del ROL) risulta inconferente rispetto alla statuizione assunta dalla Corte territoriale. Questa ha infatti concentrato la sua decisione sulla spettanza del diritto alla predetta indennità ricostruendo il dato normativo messo in discussione, con il gravame, dalla società ARIN. La stessa Corte, nel suo ragionamento, fa specifico riferimento al carattere della continuità che l’indennità deve avere al fine del suo computo nel trattamento pensionistico, e statuisce che l’indennità di incentivazione attribuita ai dipendenti Arin, ancorché erogata nei soli giorni di presenza, ha il carattere della continuità. La Corte si è dunque occupata di confutare le doglianze della azienda Arin con riguardo alla ipotesi generale di spettanza della indennità in questione. Con l’attuale motivo di censura la Azienda deduce l’omessa valutazione circa la prova dell’effettiva percezione da parte del dipendente della indennità nell’ultimo anno di lavoro, indicando come mai allegate e depositate le buste paga.

Nel proporre tale censura l’azienda, denunciando l’omessa pronuncia, non allega e dimostra dove come e quando tale motivo sia stato proposto dinanzi al giudice d’appello così incorrendo in un difetto di specificazione che rende inammissibile la doglianza.

Per completezza deve peraltro soggiungersi che parte controricorrente ha allegato in modo circostanziato, come il tribunale, con statuizione non impugnata in sede di appello, abbia fondato la decisione sulla base delle prove testimoniali acquisite proprio sulla erogazione al T. dell’indennità in questione, con ciò superando ogni eventuale carenza documentale.

Per tali, plurime ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono il principio di soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 1 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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