Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.33281 del 10/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8802/2015 R.G. proposto da:

S.A.F., rappresentata e difesa nel presente giudizio, anche in via disgiunta tra loro, dall’Avv. Luigi Ferrajoli e dall’Avv. Giuseppe Fischioni, elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, Via della Giuliana, n. 32, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, n. 5171/67/2014, depositata il 6 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 ottobre 2021 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

RILEVATO

che:

1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cremona (n. 45/2/2013), che aveva accolto il ricorso presentato da S.A.F. contro l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dalla Agenzia delle entrate, per l’anno 2009, con riferimento alla vendita, unitamente ad altri due comproprietari, S.P. (fratello) e L.W. (madre), di un complesso immobiliare, costituito da un fabbricato e da una annessa area di pertinenza adibita a giardino, riqualificato come vendita di area edificabile, con la determinazione di plusvalenza ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b). Il giudice d’appello, in particolare, riteneva trattarsi, in realtà, di vendita di area edificabile su cui sorgeva un vecchio fabbricato da demolire o in corso di demolizione, come emergeva dalla richiesta della venditrice, al Comune di Bergamo, del permesso di costruire una “nuova costruzione previa demolizione edificio esistente”, oltre che dalla successiva effettuazione di lavori demolizione poco dopo la vendita.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente.

3. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, in combinato disposto con l’art. 23 Cost., con gli artt. 12 e 14 disp. gen. e con la L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per erronea interpretazione estensiva della disciplina in materia di imposizione delle plusvalenze ad ipotesi esclusa da quelle tassativamente indicate dalla norma”. In particolare, il giudice d’appello ha errato nel qualificare il bene oggetto della compravendita come “area edificabile sulla quale sorgeva un vecchio fabbricato da demolire o in corso di demolizione”. La Commissione regionale ha, quindi, ritenuto che i fatti accertati, e segnatamente l’avere la parte venditrice, nei due anni anteriori al rogito, presentato una domanda di concessione edilizia per la demolizione del fabbricato esistente e per la successiva costruzione di un edificio per civile abitazione composto da 5 alloggi e l’avere la società acquirente, successivamente alla vendita, avviato la demolizione del fabbricato, fossero idonei a fondare l’accertamento. In tal modo, però, il giudice d’appello ha operato una illegittima, e quindi inammissibile, estensione analogica dell’elencazione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, che, nell’individuare le cessioni che possono dar luogo ad una plusvalenza, prevede in maniera tassativa le fattispecie suscettibili di tassazione. Ciò che rilevava, invece, erano solo i dati oggettivi risultanti dall’atto pubblico di compravendita, dai quali emergeva l’avvenuta destinazione edificatoria in ambito di pianificazione urbanistica del terreno. La valorizzazione, da parte del giudice, dell’intento speculativo dell’acquirente, contrasta con la lettera della norma e, soprattutto, con il principio di certezza del diritto, che non consente di ancorare una obbligazione tributaria al dato meramente psicologico rappresentato dalla “sfuggente” e “mutabile” intenzione dell’acquirente.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inapplicabilità della disposizione alla fattispecie di causa”. Invero, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), considera quali “redditi diversi” soggetti a tassazione quelli identificabili in “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”. La lettera della disposizione esclude la tassabilità della plusvalenza emersa dalla cessione del fabbricato. Invero, un terreno che risulti già edificato differisce da uno che ancora non lo sia, a nulla rilevando che il fabbricato insorga su un terreno che abbia un ulteriore potenzialità edificatoria. Ciò che conta, ai fini della tassazione, è lo stato dell’arte al momento della vendita, senza che possono avere alcuna rilevanza gli intenti dell’acquirente ed il successivo utilizzo del bene da parte di quest’ultimo.

3. Con il terzo motivo di impugnazione, la ricorrente si duole della “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ritiene l’operazione di cessione tesa all’elusione delle imposte”. Invero la Commissione tributaria ha affermato che la vera natura dell’intera operazione era tesa alla elusione delle imposte, nascondendo l’intento speculativo dell’acquirente che era invece interessato, non tanto all’acquisto del fabbricato, ma dell’area edificabile. In tal modo, però il giudice d’appello non ha tenuto conto del contenuto effettivo dell’avviso di accertamento, da cui esulava qualsiasi contestazione in ordine all’attività elusiva dell’operazione. L’accertamento è stato operato dall’Ufficio su base esclusivamente presuntiva, mentre l’Ufficio, solo nel corso del giudizio, ha allegato l’esistenza di una condotta di carattere elusivo da parte della contribuente.

4. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza non riconosce l’applicabilità alla fattispecie dell’esimente di incertezza circa l’applicazione della norma tributaria di riferimento, ai fini dell’irrogazione della sanzione amministrativa”. Il giudice d’appello avrebbe dovuto disporre la disapplicazione della sanzione irrogata, ricorrendo nella fattispecie l’esimente fondata sulla incertezza dell’ambito applicativo della norma.

5. Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla condanna della parte contribuente al pagamento delle spese di lite omettendo la valutazione circa la sussistenza di un fumus di colpa grave nel comportamento processuale della controparte”. Invero, la contribuente, con l’appello incidentale, aveva dedotto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 96 c.p.c., configurando una responsabilità in capo all’Agenzia delle entrate. Quest’ultima, infatti, aveva depositato nel corso del giudizio di primo grado e, specificatamente, nel corso dell’udienza di trattazione, un documento di dubbia provenienza, che attestava la presentazione di una domanda di permesso di costruire a titolo oneroso da parte della società Seghisa s.r.l. il 13 febbraio 2007, poi smentito dalla successiva produzione, in appello, da parte della contribuente della visura camerale di tale società, che si era costituita soltanto il 17 luglio 2009, quindi due anni dopo.

6. I motivi primo e secondo, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono fondati nei termini che seguono. 6.1. Questi i fatti di causa; la contribuente, quale comproprietaria, unitamente a S.P. e L.W., ciascuno in ragione di 1/3, ha ceduto, al prezzo di Euro 1.800.000,00, la proprietà di un fabbricato sito in *****, con annessa area urbana di mq 324, alla società Seghisa s.r.l.. L’Agenzia delle entrate, però, ha ritenuto che la cessione avesse avuto ad oggetto non il fabbricato, ma l’area edifica bile ad esso sottostante, con conseguente assoggettabilità a tassazione della plusvalenza realizzata, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b) e art. 17, comma 1, lett. g-bis. La plusvalenza veniva determinata come differenza tra il costo di acquisto dell’immobile, come emergeva dall’atto di compravendita del 31 dicembre 1991, con cui la ricorrente aveva acquistato in comproprietà il bene al prezzo di Lire 165.000.000,00, ed il prezzo di cessione di cui all’atto di vendita del 16 settembre 2009. Era stato così notificato alla contribuente un avviso di accertamento, per l’anno 2009, con maggior reddito, ai fini Irpef, pari ad Euro 548.444,00, da assoggettare a tassazione separata. Pertanto, l’Ufficio ha imputato 1/3 della plusvalenza in capo alla ricorrente, chiedendole il versamento di Euro 135.904,00, oltre interessi e sanzione.

6.2. Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67 (redditi diversi), comma 1, lett. b, prevede che “sono redditi diversi…b), esclusi quelli acquistati per successione…. nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.

Il D.P.R. n. 917 del 1986 (tassazione separata), art. 17, comma 1, lett. g-bis, prevede che “l’imposta si applica separatamente sui seguenti redditi: … g-bis) plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. b, realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”. L’oggetto della plusvalenza e’, dunque, rappresentato dalla cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, mentre per i fabbricati deve farsi riferimento alla circostanza della vendita una volta decorsi cinque anni dall’acquisto. Solo se la vendita del fabbricato è anteriore ai cinque anni dall’acquisto vi è plusvalenza per l’intento speculativo perseguito dal contribuente.

6.3. Per questa Corte, in materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b) e art. 17, comma 1, lett. g) bis, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la “ratio” ispiratrice del cit. art. 67 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica (Cass., sez. 6-5, 16 marzo 2021, n. 7377; Cass., sez. 6-5, 12 maggio 2021, n. 12528, in quest’ultimo caso la concessione edilizia era stata richiesta dall’acquirente; Cass., sez. 6-5, sez. 5, 23 gennaio 2018, n. 1674; Cass., sez. 5, 20 aprile 2016, n. 7853; Cass., sez. 5, 9 luglio 2014, n. 15631; Cass., sez. 5, 9 luglio 2014, n. 15629; Cass., sez. 5, 21 febbraio 2014, n. 4150).

Inoltre, si è evidenziato che in queste ipotesi, si è in presenza di operazioni che devono essere svolte in epoca successiva alla stipulazione dell’atto oggetto della tassazione e sono demandate, inoltre, alla potestà di un soggetto (l’acquirente), che è diverso dal contribuente, unico destinatario dell’imposizione fiscale (Cass., sez. 6-5, 12 maggio 2021, n. 12528). L’entità sostanziale del fabbricato non può, dunque, essere mutata in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, con realizzazione futura, eventuale e rimessa alla potestà di un soggetto diverso (Cass., sez. 6-5, 12 aprile 2019, n. 10393).

Pertanto, diviene del tutto irrilevante la circostanza che la venditrice S., in data 30 aprile 2008, abbia chiesto ed ottenuto dal Comune di Bergamo il rilascio del permesso di demolire il fabbricato esistente (acquistato nel 1991 e composto di n. 5 appartamenti, con annesso terreno ad uso di corte, giardino e transito) e di costruirne uno nuovo, in conformità alla normativa regionale di cui alla legge regionale n. 12 del 2005, e la stipulazione del contratto di compravendita in data 16 settembre 2009 con cessione dell’immobile alla società Seghisa s.r.l., al prezzo di Euro 1.800.000,00.

6.4. Inoltre, si è aggiunto che le ipotesi di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, sono tassative, assoggettando tale norma a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione” (Cass., sez. 5, 9 luglio 2014, n. 15631). Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), costituisce norma di natura eccezionale che non ammette interpretazione analogica ex art. 12 preleggi (Cass., sez. 6-5, 16 marzo 2021, n. 7377).

6.5. E’ stata ritenuta, invece, tassabile la plusvalenza, solo nel caso in cui il terreno edificabile risultava accatastato separatamente e la vendita appariva autonoma rispetto a quella della “villa”, anche se conclusa con il medesimo atto, poiché per il terreno risultava che era stato stabilito un prezzo specifico (Cass., sez. 5, 24 gennaio 2018, n. 1714; in tal senso anche Cass., sez. 6-5, 6 luglio 2018, n. 17792).

6.6. Ne’ si ammette l’esistenza di un tertium genus che si possa aggiungere all’alternativa fra “edificato” e “non edificato”, con la conseguenza che la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificato dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni (Cass., sez. 5, 21 febbraio 2019, n. 5088).

7. Non può, dunque, trovare applicazione il diverso orientamento formatosi in tema di imposta di registro. Invero, per questa Corte, in materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell’atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell’imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce (Cass., sez. 5, 21 novembre 2014, n. 24799). In tal caso, però, viene in esame il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, il quale prevede che “l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici, degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”. In tal modo, va evidenziata la preminenza del reale dato giuridico, quindi dell’effettiva causa negoziale (“l’intrinseca natura” e “gli effetti giuridici”) dell’atto sottoposto a registrazione, rispetto al relativo assetto cartolare (“il titolo o la forma apparente”). Pertanto, tale norma, in combinazione con quella di cui al medesimo testo di legge, art. 1, esprime la precisa scelta normativa di assumere, quale oggetto del rapporto giuridico tributario inerente a dette imposte, gli atti registrati, in considerazione, non della loro consistenza documentale, ma degli effetti giuridici prodotti (Cass., sez. 5, 19 giugno 2013, n. 15319). In tal caso, la scelta, coerente con la storica evoluzione della imposta di registro, dal regime di tassa, a quello di imposta, avente, come oggetto, l’atto da registrare, in funzione delle potenzialità economiche espresse dai relativi effetti, impone tale interpretazione della norma limitatamente ai fini dell’imposta di registro. Va, dunque, verificata la causa reale dell’operazione economica rispetto alle forme negoziali adoperate dalle parti (Cass., sez. 6-5, 9 gennaio 2018, n. 313). Sono state evidenziate anche le differenze tra l’imposta di registro e la plusvalenza ai fini delle imposte dirette, con riferimento alla vendita di area già edificata, in quanto l’imposta di registro trova fondamento e il limite nella natura dell’atto ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 1 e 20; indipendentemente dalla circostanza che dalla sua esecuzione possano derivare plusvalenze reddituali. Vi è piena autonomia di regolamentazione delle due imposte, anche sotto il profilo della estraneità all’imposta di registro della nozione stessa di plusvalenza tassabile (Cass., sez. 5, 21 aprile 2017, n. 10113).

8. Va anche evidenziato che, da ultimo, l’Agenzia delle entrate sta provvedendo ad annullare in autotutela gli avvisi di accertamento emessi a seguito della vendita di fabbricati con area edificabile circostante (Cass., sez. 6-5, 24 maggio 2021, n. 14204).

9. I motivi terzo, quarto e quinto restano assorbiti, stante l’accoglimento dei primi due motivi.

10. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, ma, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso originario della contribuente.

11. Le spese del giudizio di legittimità e le spese delle fasi dei giudizi di merito vanno compensate interamente tra le parti, dovendosi tenere conto del consolidamento dell’interpretazione giurisprudenziale di legittimità successivo alla notificazione del ricorso per cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo ed il secondo motivo; dichiara assorbiti il terzo, il quarto ed il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità e delle fasi dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2021

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