LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –
Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 18257/2014 R.G proposto da:
Tikal S.p.A. in liquidazione, in qualità di incorporante di Finpaco Properties S.p.A. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giancarlo Zoppini e Giuseppe Pizzonia, presso cui è elettivamente domiciliata in Roma alla via della Scrofa n. 57;
– ricorrente –
contro
Equitalia Sud S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Fronticelli Baldelli, presso cui elettivamente domicilia in Roma al viale Regina Margherita n. 294;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 104/29/14, pronunciata in data 18 dicembre 2013, depositata in data 15 gennaio 2014 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 aprile 2021 dal consigliere Andreina Giudicepietro.
RILEVATO
CHE:
Tikal S.p.A. in liquidazione, in qualità di incorporante di Finpaco Properties S.p.A. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, ricorre con un unico articolato motivo contro Equitalia Sud S.p.A. per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 104/29/14, pronunciata in data 18 dicembre 2013, depositata in data 15 gennaio 2014 e non notificata, che ha rigettato l’appello della società contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis per maggiore Ires relativa all’anno di imposta 2006, con interessi, sanzioni e compensi di riscossione;
con la sentenza impugnata, la C.t.r. riteneva che, conformemente all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, non fosse sempre necessaria la previa comunicazione d’irregolarità nel caso di controlli automatizzati D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis il giudice di appello riteneva che tale obbligo non sussistesse quando, come nel caso di specie, l’ente impositore non contestava il contenuto della dichiarazione, ma rilevava solo il mancato pagamento di quanto dovuto in base alla dichiarazione stessa;
tale rilievo, secondo la C.t.r., rendeva inutile ogni considerazione sull’eventuale necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle entrate, considerata anche la difesa di merito spiegata dalla concessionaria della riscossione;
a seguito del ricorso, Equitalia Sud S.p.A. resiste con controricorso;
il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 16 aprile 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.
CONSIDERATO
CHE:
con l’unico articolato motivo, la ricorrente denunzia l’illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui è stato rigettato il motivo di doglianza afferente alla violazione dell’obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo da parte dell’Amministrazione finanziaria;
secondo la ricorrente, inoltre, la sentenza sarebbe viziata per violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
la questione dedotta in giudizio riguarda l’applicabilità al caso di specie della disciplina dettata dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, in particolare sull’insorgenza in capo all’amministrazione finanziaria dell’obbligo di instaurare il contraddittorio con il contribuente, prima della notifica della cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatico della dichiarazione, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 bis;
secondo la ricorrente, la cartella di pagamento emessa senza il preventivo inoltro della comunicazione di irregolarità della dichiarazione, a seguito di controllo automatico D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 bis, doveva essere dichiarata nulla per violazione del disposto di cui al L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, il quale prescrive, non solo l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di rendere noti al contribuente gli eventuali errori rilevati in sede di liquidazione delle imposte, ma anche la conseguente nullità dell’iscrizione a ruolo effettuata in mancanza di tale comunicazione;
i giudici di appello, tuttavia, hanno rigettato il suesposto motivo di doglianza, rilevando che, in base a quanto previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, (e dall’art. 54 bis, comma 3, D.P.R. cit., in materia di IVA), l’Amministrazione finanziaria era obbligata a comunicare l’esito della liquidazione “solo quando dai controlli emergeva un risultato diverso da quello dichiarato”;
secondo la ricorrente, invece, la L. n. 212 del 2000, art. 6 prescriverebbe, in capo all’amministrazione finanziaria, un generale obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente nei casi di iscrizioni a ruolo derivanti da liquidazioni sulla base della dichiarazione (come nel giudizio de quo, in cui si tratta di liquidazione eseguita in esito ad un controllo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis);
il motivo è infondato e va rigettato;
in primo luogo, è opportuno richiamare la sentenza n. 16412 del 25/07/2007 delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui “l’azione può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore”;
invero, ai sensi del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39 “1. Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”;
da tale previsione deriva, sul piano processuale, la sostituzione dell’agente riscossione all’ente impositore e, conseguentemente l’operatività nei confronti dell’Agenzia delle entrate del giudicato formatosi nella lite tributaria fra il contribuente e l’agente della riscossione, indipendentemente dalla denuntiatio litis all’Agenzia, la quale potrà unicamente rilevare nel rapporto interno D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 39 (sulla scissione tra titolarità ed esercizio del credito tributario e sulle conseguenze processuali di tale configurazione si erano già pronunciate Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1748 del 06/05/1975, Rv. 375393-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 3328 del 13/06/1979, Rv. 399726-01);
di conseguenza, nel caso di specie, l’omessa chiamata in causa dell’Agenzia delle entrate da parte della società concessionaria della riscossione non ha comportato alcun vizio del procedimento;
le pronunce rese nei giudizi instaurati contro l’agente della riscossione spiegano effetti anche nei confronti dell’ente impositore, indipendentemente dalla sua partecipazione al processo, la quale deve essere sollecitata dall’agente a norma del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39 ma non costituisce requisito per l’opponibilità delle statuizioni (vedi, da ultimo, Cass. 31476 del 3 dicembre 2019, in motivazione);
passando alla questione dell’omesso previo invio della comunicazione d’irregolarità, il collegio intende dare continuità all’ormai consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. “avviso bonario” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, comma 3, nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione; né il contraddittorio endoprocedimentale è invariabilmente imposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, il quale lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti al citato art. 36 bis, che implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 33344 del 17/12/2019; conf. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8342 del 25/05/2012; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 26316 del 29/12/2010);
la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, prevede: “5. Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minore rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma”;
come si è detto, anche dopo l’entrata in vigore della L. 27 luglio 2000, n. 212, (Statuto del contribuente), non può ritenersi esistente un principio generale di contraddittorio in ordine alla formazione della pretesa fiscale, atteso che l’obbligatorietà dell’invito da rivolgere al contribuente al fine di fornire chiarimenti o produrre documenti prima di procedere all’iscrizione a ruolo, di cui all’art. 6 dello Statuto, secondo il disposto letterale della norma, sorge solo se vi siano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, che possono derivare sia dal contenuto intrinseco dell’atto del contribuente, sia dal confronto tra l’atto in questione ed i diversi dati di cui l’ufficio abbia la disponibilità;
del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso;
in conclusione il ricorso va complessivamente rigettato;
le spese seguono la soccombenza di parte ricorrente e si liquidano in dispositivo.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00, oltre il 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021