LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PERRINO Angel – Maria –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –
Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 8303 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
M.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Giuliano, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Antonio Giuliano, in Roma via Conca d’oro, n. 221;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, elettivamente si domicilia;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data 11 settembre 2004, n. 7715/14;
sentita la relazione svolta dal consigliere Salvatore Leuzzi nella camera di consiglio del 27 aprile 2021.
FATTI DI CAUSA
La contribuente è stata raggiunta da un avviso di accertamento con il quale sono state recuperate Irpef, Iva e Irap per l’anno 2006, con riferimento al quale era stata omessa la dichiarazione dei redditi.
La CTP accoglieva il ricorso della contribuente.
La CTR ha, nella contumacia di quest’ultima, accolto il ricorso erariale.
Il ricorso per cassazione della contribuente è affidato a tre motivi.
L’Agenzia è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la contribuente adduce la nullità della sentenza per omessa motivazione, assumendo che la CTR non avrebbe indicato “gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento”.
Il motivo è infondato.
Perché sussista il vizio di nullità della sentenza per omessa motivazione è necessario che la stessa sia priva dell’esposizione dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione (Cass. n. 19956 del 2017; Cass. n. 16581 del 2009).
In realtà, la trama argomentativa della CTR è intellegibile e lascia ben intuire la ratio decidendi, che scorge l’elemento essenziale a supporto dell’accertamento negli studi di settore e nello scostamento da essi.
Con il secondo motivo la contribuente censura la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 181 ss., e della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3, bis, per avere la CTR ritenuto incongruamente ritenuto la correttezza di un accertamento tributario fondato unicamente sullo studio di settore, senza previa instaurazione del contraddittorio.
Con il terzo motivo la contribuente contesta nuovamente l’omessa motivazione e – in parallelo – la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 per avere la CTR fatto rientrare tra le presunzioni le risultanze dello studio di settore, senza previa instaurazione del contraddittorio.
I due motivi, suscettibili di trattazione unitaria per intima connessione, sono fondati e vanno accolti per quanto di ragione.
Nella specie, la sentenza d’appello fa assurgere ad assorbente elemento presuntivo, a fronte dell’omessa dichiarazione, lo scostamento dallo studio di settore, senza dare risalto alcuno all’elemento a tal fine centrale (e condizionante) dell’effettiva instaurazione del contraddittorio con il contribuente. Questa Suprema Corte ha avuto, infatti, modo di specificare che “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri” (Cass. n. 27617 del 2018; Cass. n. 21754 del 2017; v. anche Cass. n. 3415 del 2015). Se ne deduce che l’onere della prova fra le parti risulta così ripartito: all’ente impositore spetta la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento, mentre al contribuente fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce. Solo allorché il contraddittorio sia stato, peraltro, regolarmente attivato ed il contribuente abbia omesso di parteciparvi ovvero si sia astenuto da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (Cass. n. 21754 del 2017; Cass. n. 17646 del 2014).
Nel caso di specie, la CTR ha obliterato la circostanza dell’instaurazione effettiva del contraddittorio con il soggetto destinatario dell’accertamento tributario, profilo dal quale dipende la validità dell’accertamento incentrato in via esclusiva sui ricorso allo studio di settore. In altri termini, la sentenza impugnata non si pone in linea con i principi enunciati dalla giurisprudenza nomofilattica giacché, ad onta della contestazione del contribuente in ordine alla rituale attivazione del contraddittorio, i giudici di secondo grado anziché vagliare precipuamente detta circostanza hanno asseverato l’immediata attitudine delle risultanze degli studi di settore a fondare l’accertamento.
Le censure vanno, pertanto, accolte. La sentenza d’appello va annullata e la causa rimessa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla CTR della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
Rigettato il primo motivo del ricorso, ne accoglie il secondo e il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rimette la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla CTR della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021