LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9193/2013 R.G. proposto da A.C. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv. Aniello Beneduce con domicilio eletto in Roma, p.zza SS. Apostoli n. 66 presso l’avv. prof. Maurizio Leo;
– ricorrente –
Contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 296/03/12 depositata il 01/10/2012, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 12/07/2021 dal Consigliere Roberto Succio.
RILEVATO
che:
– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha dichiarato inammissibile il ricorso originario del contribuente avverso l’atto impugnato, cartella di pagamento emessa per il recupero di IRPEF, IVA ed IRAP per l’anno 2006;
– avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione la società contribuente con atto affidato a un solo motivo che illustra con memoria; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
– con l’unico motivo di ricorso si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere la CTR omesso di considerare sussistente il legittimo impedimento in capo alla società ricorrente a provvedere al deposito degli originali delle notifiche del ricorso introduttivo del giudizio, in quanto detta documentazione era stata sottoposta a sequestro penale;
– il motivo è inammissibile;
– invero, si evince dalla lettura della sentenza impugnata come la CTR abbia in realtà preso in esame la questione posta in ricorso: esaminandola per come è stata formulata, essa CTR l’ha però ritenuta infondata;
– sul punto il giudice dell’appello scrive con adeguata chiarezza e logicità come “la società appellata non ha ottemperato alle due ordinanze di questa C.T.R. (19/03/11 e 21/03/11) con le quali si disponeva la produzione dei suddetti avvisi di ricevimento, a nulla rilevando l’asserito sequestro di tale documentazione in sede penale, senza alcuna precisazione in ordine all’oggetto e al numero di ruolo del relativo procedimento, né ai rapporti dell’imputato L.R. con la società C.”;
– tale motivazione si colloca al di sopra del c.d. “minimo costituzionale”, dovendosi in questo caso applicare quella giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che qui trova applicazione in quanto la sentenza gravata è stata depositata in data successiva all’11 settembre 2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;
– inoltre, l’articolazione del motivo appare diretta non tanto a censurare la pronuncia impugnata sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo, ma principalmente intende far valere l’errore di diritto nel quale sarebbe incorsa la CTR nel ritenere non sussistente, in capo alla società contribuente, il legittimo impedimento a produrre i documenti di cui si è detto; e ciò invero costituisce, ancora in forza della pronuncia a Sezioni Unite sopra richiamata, ulteriore ragione di inammissibilità del motivo;
– conseguentemente, il ricorso è rigettato;
– la soccombenza regola le spese;
– sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 22.000,00 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021