LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1628-2020 proposto da:
INPS, – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATFERI, SERGIO PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO;
– ricorrente –
contro
S.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AGRI, 1, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO NAPPI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 716/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’08/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA CALAFIORE.
RILEVATO
che:
con sentenza pubblicata in data 5/7/2019, la Corte d’appello di Milano, rigettando l’appello dell’Inps, ha confermato la sentenza del Tribunale che aveva accolto la domanda proposta da S.B. e condannato l’Inps al pagamento in favore del suddetto dei ratei della pensione anticipata di vecchiaia con decorrenza dal 1 marzo 2018, considerando inapplicabili le cosiddette “finestre mobili”;
la Corte territoriale ha ritenuto la fattispecie in esame non regolata dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 1, che prevede lo slittamento di dodici mesi del diritto al trattamento di vecchiaia, in considerazione sia del dato letterale, sia della ratio della norma: al riguardo ha sostenuto che la pensione di vecchiaia anticipata deve ritenersi sottratta alle cosiddette “finestre di accesso” in ragione della notevole minorazione dell’efficienza lavorativa dei soggetti che vi aspirano; la diversa interpretazione propugnata dall’Inps avrebbe comportato lo stravolgimento della ratio sottesa alla disciplina dell’istituto, che è quella di tutelare i soggetti con una ridotta capacità lavorativa;
contro la sentenza ricorre l’INPS;
resiste S. con controricorso.
la proposta del relatore è stata comunicata alla parte unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo di ricorso l’Inps denuncia la violazione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), posto che la norma, ad avviso del ricorrente, ha disposto in via generale lo slittamento di dodici mesi per il conseguimento del diritto al trattamento di vecchiaia non solo rispetto ai soggetti che maturano, a far tempo dal gennaio 2011, il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia (60 anni se donne, 65 anni se uomini), ma anche nei confronti di tutti gli altri assicurati che maturano il diritto alle diverse età previste dalle norme di riferimento; il ricorso è fondato alla luce dei precedenti di questa Corte (Cass. 13/11/2018, n. 29191, seguita da Cass. 17/12/2018, n. 32591; da ultimo Cass. 26 agosto 2020, n. 17796), secondo cui “In tema di pensione di vecchiaia anticipata, di cui alla L. n. 503 del 1992, art. 1, comma 8, il regime delle cd. “finestre” previsto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12 (conv., con modif. in L. n. 122 del 2010) si applica anche agli invalidi in misura non inferiore all’ottanta per cento, come si desume dal chiaro tenore testuale della norma, che individua in modo ampio l’ambito soggettivo di riferimento per lo slittamento di un anno dell’accesso alla pensione di vecchiaia, esteso non solo ai soggetti che, a decorrere dall’anno 2011, maturano il diritto a sessantacinque anni per gli uomini e a sessanta anni per le donne, ma anche a tutti i soggetti che “negli altri casi” maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia “alle età previste dagli specifici ordinamenti”;
l’ampiezza del dato normativo induce a ritenere che in essa vi rientrino anche i soggetti che, essendo “invalidi in misura non inferiore all’80%”, hanno diritto alla pensione di vecchiaia anticipata secondo la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 502 del 1993, art. 1, in relazione allo stesso settore privato;
non vengono qui in rilievo cogenti principi di ordine costituzionale tali da consentire di sindacare scelte normative che sono chiaramente ispirate alla necessità del contenimento finanziario ed al riequilibrio del sistema previdenziale;
il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza impugnata cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, va dichiarato il diritto dell’assicurato al trattamento pensionistico a decorrere dal dodicesimo mese successivo al 1 marzo 2018;
considerata la novità della questione e la complessità della normativa, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese relative all’intero processo.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara il diritto di S.B. a fruire della pensione anticipate di vecchiaia a far tempo dal dodicesimo mese successivo al 1 marzo 2018.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021