Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33340 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 570-2021 proposto da:

A.B., domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Valentina Graziani;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di Bologna, depositata il 23/11/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 01/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto con il quale il Tribunale di Bologna, attinto dalla ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ne ha respinto le istanze intese al riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria e se ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 4,5,6,8,10,13 e 27, del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27, degli artt. 2 e 3 CEDU, e della Dir. UE n. 32 del 2013, art. 16, nonché del difetto di motivazione, travisamento dei fatti omesso esame dei fatti avendo il decidente denegato il riconoscimento delle misure richieste in ragione della ritenuta non credibilità del richiedente, giudizio, tuttavia, maturato senza considerare l’attenuazione dell’onere probatorio gravante sul medesimo, lo sforzo a tal riguardo profuso, il livello culturale, la situazione interna del paese di provenienza (Ghana), lo stato della giustizia e la condizione carceraria; 2) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione umanitaria quantunque nella specie il richiedente fosse stato costretto all’espatrio per sottrarsi al rischio di un ingiusto processo e di un’ingiusta detenzione e malgrado il percorso lavorativo intrapreso nel nostro paese.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c., ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile poiché esso cumula della medesima esposizione una molteplicità di ragioni di doglianza di diversa ed eterogenena natura che non si prestano a formare oggetto di vaglio cassatorio.

Ed invero, da un lato, occorre evidenziare che l’associazione di più profili di contestazione e la promiscua declinazione nel corpo di una indistinta esposizione unitaria di una molteplicità di vizi privi di un denominatore comune determinano quell’effetto di mescolanza che risulta direttamente lesivo del canone di specificità del ricorso per cassazione e che questa Corte ha inteso riprovare osservando in più occasioni che in tal modo si intende commettere “al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse” (Cass., Sez. I, 23/10/2018, n. 26874).

D’altro canto si impone di considerare che tutte le ragioni di insoddisfazione palesate dal ricorso si risolvono nel censurare l’apprezzamento in fatto in ragione del quale, valorizzando gli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, secondo il modello della procedimentalizzazione legale della decisione, il decidente ha declinato la credibilità della richiedente evidenziando la genericità di talune delle circostanze riferite (in particolare con riferimento alla morte del fratello, all’arresto degli amici, alla fuga, etc.) e la contraddittorietà di altre (intervento della polizia, notizia dell’arresto degli amici); apprezzamento in fatto, va aggiunto, che non è censurabile in questa sede se non, appunto, per vizio di motivazione ovvero per anomalia motivazionale integrante una violazione di legge di rilevanza costituzionale (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340), eventualità, queste qui non ricorrenti risultando il provvedimento congruamente ed adeguatamente motivato.

3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, poiché, fermo che il decidente ha denegato con motivazione congrua ed adeguata la sussistenza nella specie di fattori di vulnerabilità da tutelare e che in relazione all’allegata situazione lavorativa il motivo non argomenta “decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale”, la censura che vi è contenuta è del tutto generica ed esprime solo un dissenso motivazionale volto a postulare la rinnovazione del sindacato di merito a cui non è però compito di questa Corte dare seguito.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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