LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2590-2021 proposto da:
U.H. domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Valentina Graziani;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di Bologna, depositato il 11/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 01/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI MARCO.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto con il quale il Tribunale di Bologna, attinto dalla ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ne ha respinto le istanze intese al riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria e se ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 4,5,6,8,10,13 e 27, del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 27, degli artt. 2 e 3 CEDU e dell’art. 16 Dir UE 2013/32, nonché del difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame dei fatti avendo il decidente denegato il riconoscimento delle misure richieste in ragione della ritenuta non credibilità del richiedente, giudizio, tuttavia, maturato senza considerare l’attenuazione dell’onere probatorio gravante sul medesimo, lo sforzo a tal riguardo profuso, il livello culturale e la situazione interna del paese di origine (Nigeria), contrassegnata da tensioni e conflitti interessanti anche la regione di provenienza; 2) della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, e dell’omesso esame di un fatto decisivo avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione internazionale ancorché in considerazione delle condizioni caratterizzanti la situazione interna del paese di origine e le circostanze concrete del caso (minacce ed atti persecutori posti in essere dal proprietario dell’autobus, alla cui guida si trovava il richiedente, rimasto danneggiato a seguito di un incidente) il rischio di essere esposto ad un danno grave in caso di rimpatrio fosse ben riconoscibile; 3) della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione umanitaria quantunque nella specie il richiedente sia stato costretto all’espatrio per sottrarsi al rischio di vedere compromessa la propria vita o la propria incolumità e malgrado il percorso lavorativo intrapreso nel nostro paese.
Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il primo motivo è inammissibile poiché esso cumula della medesima esposizione una molteplicità di ragione di doglianza di diversa ed eterogenea natura che non si prestano a formare oggetto del richiesto vaglio cassatorio.
Ed invero, da un lato, occorre evidenziare che l’associazione di più profili di contestazione e la promiscua declinazione nel corpo di una indistinta esposizione unitaria di una molteplicità di vizi non riconducibili ad un denominatore comune determinano quell’effetto di mescolanza che risulta direttamente lesivo del canone di specificità del ricorso per cassazione e che questa Corte ha inteso riprovare osservando in più occasioni che in tal modo si intende commettere “al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse” (Cass., Sez. I, 23/10/2018, n. 26874).
Nondimeno si impone di considerare, d’altro canto, che tutte le ragioni di insoddisfazione palesate dal ricorso si risolvono nel censurare l’apprezzamento in fatto in ragione del quale, valorizzando gli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, secondo il modello della procedimentalizzazione legale della decisione, il decidente ha declinato la credibilità della richiedente evidenziando la contraddittorietà di talune delle circostanze riferite (in particolare con riferimento al tempo e alla dinamica dell’incidente stradale, all’intervento della polizia, etc.) e l’implausibilità di altre (mancato accertamento dei danni patiti dai trasportati, segnalazione dell’accaduto al proprietario del mezzo) e la genericità di altre ancora (intimidazioni esercitate dal proprietario del mezzo); apprezzamento in fatto, va aggiunto, che non è censurabile in questa sede se non, appunto, per vizio di motivazione ovvero per anomalia motivazionale integrante una violazione di legge di rilevanza costituzionale (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340), eventualità, queste qui non ricorrenti risultando il provvedimento congruamente ed adeguatamente motivato.
3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile poiché, in disparte dalla non conducenza dell’allegato vizio motivazionale per estraneità, secondo la corrente lettura nomofilattica, della censura al parametro evocato, esso sollecita una mera rivisitazione del giudizio di merito espresso dal Tribunale a fronte del fatto che, esaminando la questione alla luce delle fonti informative consultate, il Tribunale è pervenuto alla conclusione che “in Edo State – regione di provenienza del ricorrente – non ricorre una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno tale da porre la popolazione civile in pericolo per il solo fatto di essere presente sul territorio”.
4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, poiché, fermo che il decidente ha denegato con motivazione congrua ed adeguata la sussistenza nella specie di fattori di vulnerabilità da tutelare e che in relazione all’allegata situazione lavorativa il motivo non argomenta “decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale”, la censura che vi è contenuta è del tutto generica ed esprime solo un dissenso motivazionale volto a postulare la mera rinnovazione del sindacato di merito a cui non è però compito di questa Corte dare seguito.
4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.
PQM
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della VI-I sezione civile, il 1 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021