LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6107-2019 proposto da:
C.M., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DOMENICO CHELINI, presso lo studio dell’avvocato MARCO TORTORELLA che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
e contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO dell’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, *****, MINISTERO DELLA SALUTE, *****, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, *****;
– intimati –
avverso la sentenza n. 391/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2002 quattrocentotrenta medici, tra cui gli odierni ricorrenti, convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, il Ministero dell’economia ed il Ministero della Salute, esponendo che:
-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si erano iscritti ad una scuola di specializzazione;
-) durante il periodo di specializzazione non avevano percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;
-) le Dir. comunitarie nn. 75/362/CEE e 75/363/CEE, così come modificate dalla Dir. n. 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;
-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la L. 8 agosto 1991, n. 257.
Conclusero pertanto chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione delle suddette direttive.
2. Con sentenza 7.9.2005 n. 18979 il Tribunale, qualificata come extracontrattuale la domanda proposta dagli attori, la rigettò ritenendo prescritto il credito vantato dagli attori.
La suddetta sentenza fu oggetto di quattro diversi appelli da parte di vari gruppi di soccombenti.
3. Con sentenza 15.11.2010 n. 4717 la Corte d’appello di Roma accolse solo alcuni degli appelli.
Tale sentenza venne impugnata per cassazione da tutte le parti, e per revocazione da alcuni degli originari attori.
4. Con sentenza 12.2.2013 n. 3279 questa Corte cassò con rinvio la sentenza impugnata, stabilendo che:
-) al credito risarcitorio azionato dagli attori dovesse applicarsi il termine prescrizionale decennale, decorrente dall’entrata in vigore della L. n. 370 del 1999 (e cioè dal 27 ottobre 1999);
-) il risarcimento del danno dovesse essere subordinato alla prova, da parte del richiedente, di avere frequentato una scuola di specializzazione rientrante negli elenchi di cui alla Dir. n. 75/362, artt. 5 o 7.
5. Riassunta la causa, la Corte d’appello di Roma con sentenza 19.1.2018 n. 391:
-) ha rigettato l’eccezione di prescrizione;
-) ha rigettato la domanda di quelli, tra gli attori, che avevano iniziato il corso di specializzazione prima del 1982, e cioè prima dell’entrata in vigore della Dir. n. 75/362;
-) ha rigettato la domanda di quelli, tra gli attori, che avevano conseguito specializzazioni non contemplate dagli elenchi di cui alla Dir. n. 75/362, artt. 5 e 7, ed in particolare coloro che avevano conseguito la socializzazione in medicina dello sport, medicina nucleare, oncologia, medicina legale e delle assicurazioni, psicologia clinica, scienza dell’alimentazione, neurofisiologia clinica, foniatria.
3. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione 58 degli originari attori, con ricorso fondato su tre motivi.
Ha resistito con controricorso la presidenza del Consiglio dei Ministri.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo i ricorrenti sostengono che erroneamente la Corte d’appello ha escluso il diritto al risarcimento del danno per gli specializzandi iscritti alla scuola di specializzazione nell’anno 1982. Aggiungono che, con riferimento alla posizione del solo C.M., la Corte d’appello ha malamente valutato le risultanze processuali, dal momento che questi, dopo una prima iscrizione nell’anno 1982 poi abbandonata, si era iscritto alla scuola di specializzazione in odontostomatologia nell’anno 1983.
1.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte infatti ha già ripetutamente affermato che, in base alla sentenza della Corte di giustizia 24 gennaio 2018, Pantuso, in causa C616/16, “qualsiasi forn2nione a tempo pieno come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata”, con l’unica particolarità che per coloro che hanno iniziato i corsi di specializzazione durante l’anno 1982 la remunerazione adeguata (e quindi il conseguente risarcimento del danno) deve essere corrisposto per il periodo di formazione a partire dal 1 gennaio 1983, dal momento che prima di tale data gli stati membri avevano la facoltà, ma non l’obbligo, di dare attuazione alla Dir. n. 75/362, come modificate dalla Dir. n. 81/76 (Sez. U, Sentenza n. 20348 del 31/07/2018, Rv. 650269 – 01; nonché Sez. 3, Ordinanza n. 1066 del 17.1.2019; Sez. 3, Ordinanza n. 13761 del 31.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 13762 del 31.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 13763 del 31.5.2018).
1.2. La censura proposta dal solo C.M. resta assorbita.
1.3. La sentenza impugnata va dunque cassata su questo punto con rinvio alla Corte d’appello di Roma, la quale esaminerà le domande formulate dagli odierni ricorrenti applicando il principio di diritto trascritto al p. 1.1 che precede.
2. Col secondo motivo (che concerne la posizione di 12 soltanto dei 58 ricorrenti) la sentenza d’appello è impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda di quanti, fra i ricorrenti, avevano conseguito le seguenti specializzazioni:
-) medicina dello sport;
-) neurofisiologia clinica;
-) oncologia;
-) psicologia clinica;
-) radioterapia oncologica;
-) scienza dell’alimentazione;
-) scienza dell’alimentazione umana e dietistica.
I ricorrenti non negano in iure che le specializzazioni da essi conseguite non siano previste né nella Dir. n. 75/362, art. 5, e art. 7 (norme che elencavano le specializzazioni comuni a tutti gli Stati dell’UE, o ad almeno due di essi, per le quali soltanto sussisteva l’obbligo di remunerazione dei frequentanti).
Sostengono tuttavia che:
a) tale circostanza non era mai stata tempestivamente eccepita dall’Amministrazione convenuta;
b) in ogni caso, se davvero le scuole da essi frequentate non rispettavano i criteri minimi previsti dalla Direttiva quali presupposti per la remunerazione dei frequentanti, ciò era dovuto a responsabilità dello Stato italiano, che non aveva mai imposto ope legis alle Università il rispetto di quei requisiti.
Aggiungono, nella illustrazione del motivo, che la Corte ha comunque omesso di pronunciarsi sulla domanda proposta da F.A., specializzata in scienza dell’alimentazione nel 1987.
2.1. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.
Il principio di non contestazione, invocato dai ricorrenti, può concernere le allegazioni in fatto, non certo le deduzioni in diritto. Mentre il fatto non contestato può esonerare il giudice dalla ricerca della relativa prova, il principio di diritto invocato dall’attore e non contestato non è ovviamente vincolate per il giudice, in virtù del principio jura novit curia.
Nel caso di specie, pertanto, la mancata contestazione da parte delle Amministrazioni convenute non impediva alla Corte d’appello di rilevare che, nominalmente, le specializzazioni conseguite dagli appellanti non corrispondevano a quelle elencate dalla Dir. n. 75/362, artt. 5 e 7.
Questo iato nominale tra la specializzazione conseguita e le specializzazioni previste dalla direttiva appena ricordata ovviamente non impediva agli attori (odierni ricorrenti) di domandare il risarcimento del danno, a condizione che essi avessero allegato la equipollenza di fatto (e cioè quanto a durata, contenuto ed impegno) tra la specializzazione conseguita e quelle previste dalla Direttiva.
Il ricorso, tuttavia, sotto questo aspetto è generico: esso infatti si limita ad invocare il principio di non contestazione, ma senza indicare mai in modo specifico indicato se, in quali termini ed in quale sede processuale abbiano allegato la suddetta equipollenza di fatto.
Tuttavia denunciare in sede di legittimità la circostanza che il giudice di merito abbia ritenuto non provato un fatto non contestato è un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, “si fonda” su due atti processuali: quello contenente l’allegazione del fatto che si assume non contestato, e quello nel quale si assume non essere contenuta alcuna contestazione dei fatti dedotti ex adverso.
Quando il ricorso si fonda su atti processuali, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Di questi tre oneri, i ricorrenti non hanno assolto in modo esauriente il primo.
Il ricorso, infatti, come accennato non riassume e non trascrive né le allegazioni contenute nell’atto di citazione concernenti il tema della equipollenza tra la specializzazione conseguita e quelle previste dalla Dir. n. 75/363, né i termini in cui esse vennero contestate dall’Amministrazione.
3. Col terzo motivo i ricorrenti lamentano il vizio di omessa pronuncia. Deducono che la Corte d’appello nulla ha statuito in merito alla domanda proposta da C.D. (specializzato in medicina legale e delle assicurazioni), e da F.A. (specializzata in scienza dell’alimentazione).
3.1. Il motivo è fondato.
La sentenza d’appello non contiene infatti alcuna statuizione in merito alle domande proposte dai due ricorrenti sopra indicati co riferimento alle specializzazioni in “medicina legale” e “scienze dell’alimentazione”. La sentenza impugnata va dunque cassata anche su questo punto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma la quale tornerà ad esaminare le suddette domande, previa verifica della sussistenza delle condizioni di diritto e dei presupposti di fatto del risarcimento, iuxta allegata et probata.
4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021