Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33370 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13573-2020 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DORETTA BRACCI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– intimato –

avverso l’ordinanza N. CRONOL. 252/2020 del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata il 24/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. S.S., nato a *****, in Nigeria, ricorre con quattro motivi per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Perugia, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ne ha rigettato l’impugnazione avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e del riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso per ragioni umanitarie.

Nel racconto reso in fase amministrativa il ricorrente aveva dichiarato di aver perso il padre durante l’attentato terroristico di ***** e che, persa anche la madre, aggravatasi nella sua malattia all’esito della morte del marito, egli aveva deciso di non frequentare più le moschee.

Dopo essere stato visto seguire un amico all’interno di una chiesa cristiana era stato accusato dai fratellastri e alcuni zii di essere divenuto cristiano, ragione per la quale aveva deciso di allontanarsi dal proprio Paese per raggiungere il fratello, e poi un amico, a Kaduna e quindi la Libia, nel 2017, dove, arrestato e trattenuto, veniva alla fine rilasciato dietro il pagamento di denaro, per poi allontanarsi verso l’Italia.

Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al dichiarato fine di partecipare alla discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

2. Va preliminarmente rilevata la validità della procura speciale alle liti rilasciata al difensore per avere questi, in calce all’atto, nel rispetto dei principi affermati da questa Corte a Sezioni Unite nella recentissima sentenza n. 15177 del 01/06/2021, provveduto ad attestare, D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, comma 13, l’intervenuto conferimento della procura in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato.

3. Nel resto, i motivi, scrutinati nei termini di seguito indicati, sono inammissibili.

4. Con il primo motivo il ricorrente deduce motivazione inesistente ed apparente ex art. 360 c.p.c., n. 4; violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,8,32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, là dove il tribunale ha scrutinato il racconto del richiedente protezione e ne ha escluso l’attendibilità e non ha attribuito rilievo alla “*****” ovvero al rifiuto dell’Islam da parte di un musulmano quale possibile causa di sua punizione con la pena di morte.

Il motivo con cui si denuncia la mancanza e apparenza di motivazione nonché errata applicazione delle norme sullo scrutinio del racconto reso dal richiedente protezione che, si deduce nel proposto mezzo, è invece attendibile, è in parte infondato ed in parte inammissibile.

E’ infondato là dove denuncia la mancanza di motivazione. La mancanza di motivazione si ha infatti allorché essa sia priva dell’esposizione dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione, risulti insanabilmente contraddittoria, ovvero apparente per impossibilità di ricavare la logicità del ragionamento inferenziale del giudice (Cass. n. 19956 del 10/08/2017; Cass. n. 4367 del 22/02/2018).

Il tribunale ha escluso l’attendibilità del racconto evidenziandone la natura contraddittoria e lacunosa e poco circostanziata (p. 9) e pertanto il decreto impugnato non si espone al dedotto vizio; nel resto il sindacato sul racconto è sindacato sul fatto ed il motivo come tale non è ammissibile sollecitando, per una diretta rivisitazione delle evidenze fattuali, ad un accertamento non consentito nel giudizio di legittimità (Cass. n. 13578 del 02/07/2020).

Tanto premesso, resta poi fermo il principio che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, enuncia alcuni parametri, meramente indicativi e non tassativi, che possono costituire una guida per la valutazione nel merito della veridicità delle dichiarazioni del richiedente, i quali, tuttavia, fondandosi sull'”id quod plerumque accidit”, non sono esaustivi, non precludendo la norma la possibilità di fare riferimento ad altri criteri generali di ordine presuntivo (Cass. n. 20580 del 31/07/2019).

5. Il secondo motivo con cui si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,7,8, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è inammissibile per la regola in virtù della quale quando le dichiarazioni dello straniero sono inattendibili non è necessario un approfondimento istruttorio officioso ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o di quelli per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) (vd. Cass. n. 10286 del 29/05/2020, per la prima parte del principio massimato).

6. Il terzo motivo, con cui si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6 e art. 14, lett. a) e b), del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 25, degli artt. 2, 3, 4, 5, 9 Cedu, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e quindi si lamenta che il giudice del merito si è espresso “in maniera approssimativa” negando la protezione sussidiaria nell’affermare l’insussistenza delle ipotesi D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a) e b), è inammissibile per genericità e perché in contrasto con il principio sopra richiamato sulla non necessità di indagini ufficiose D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), nella espressa inattendibilità del racconto.

7. Il quarto motivo con cui si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6 e art. 19 comma 1 e art. 1.1, del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inammissibile per difetto di autosufficienza, genericità e perché diretto ad una inammissibile rivalutazione in fatto.

Il ricorrente ha dedotto l’esistenza di una patologia in suo danno, la tubercolosi, senza allegare di siffatta evidenza la tempestiva deduzione dinanzi al giudice del merito e fa valere genericamente omesse indagini sulla situazione economico-politico-sociale del Paese di provenienza, la Nigeria, in una assertiva denuncia dei presupposti legittimanti il riconoscimento della protezione umanitaria che non si fa carico dei relativi oneri di allegazione di situazioni individualizzanti di vulnerabilità (Cass. n. 13573 del 02/07/2020).

8. Il ricorso è conclusivamente infondato. Nulla sulle spese nella tardività della costituzione del Ministero dell’interno.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto (ex Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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