LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16427-2020 proposto da:
I.K., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRA BARBERO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– intimato –
avverso il decreto n. cronol 1382/2020 del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 02/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I.K., nato a *****, in Nigeria, ricorre con unico motivo, illustrato da memoria, per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Torino, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ne ha rigettato l’impugnazione avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e del riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso per ragioni umanitarie.
2. Nel racconto reso in fase amministrativa il ricorrente aveva dichiarato di essere nato in Edo State e di aver abbandonato il proprio Paese perché aggredito e gravemente ferito dai membri dell'”*****” nell’ambito del conflitto insorto tra il primo gruppo e quello dei “*****”, nel conseguente timore di subire ulteriori attacchi, dopo aver perso di recente un cugino che nel corso dei primi era rimasto ucciso.
Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al dichiarato fine di partecipare alla discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.
2. Con l’unico motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., commi 1 e 3, in ordine alla corretta interpretazione dell’ambito applicativo del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e), e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (pre-riforma ex D.L. n. 113 del 2018.
Il tribunale aveva erroneamente ritenuto, nonostante la presenza nel territorio di provenienza del ricorrente, l’Edo State, di una situazione di violenza indiscriminata e diffusa, che la condizione nel Paese di origine non fosse particolarmente pericolosa.
Quanto alla protezione umanitaria, le imprecisioni ed incongruenze del racconto ritenute dal tribunale erano in realtà dovute alla sinteticità e genericità delle domande poste al richiedente e la paura in caso di rientro nel Paese di origine era determinata dalla ferocia delle bande in conflitto e da prospettive di lavoro “non rosee”.
3. Il motivo è inammissibile perché generico.
3.1. Il motivo contesta infatti i presupposti applicativi del riconoscimento della protezione internazionale D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), deducendo l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata nell’Edo State, Paese di origine del richiedente, citando fonti non meglio precisate (il richiamo è ad una recentissima giurisprudenza non meglio indicata ed al sito web “*****” neppure riportato quanto ai suoi contenuti).
3.2. Nel resto il proposto mezzo richiama i presupposti del riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma nel contrapporsi al giudizio di non credibilità del racconto non evidenzia lacune tali nel provvedimento da integrare il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, o la nullità stessa dell’impugnato provvedimento per difetto di motivazione.
3.2.1. Ed infatti la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c).
Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi invece escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 13578 del 02/07/2020).
3.2.2. Ancora, rispetto alla protezione umanitaria, resta ferma la genericità della deduzione sul cd. rischio-Paese per la richiamata situazione di violenza generalizzata in Edo State fonte possibile di lesione dello statuto minimo della dignità individuale, evidenza che comunque resta assorbita, nel suo rilievo, dalla non superata, in ricorso, contestazione sul giudizio contenuto nell’impugnato decreto di non credibilità del racconto reso dal richiedente.
3.3. Il richiamo alle attività di volontariato, pure contenuto in ricorso, è ancora generico e non concludente a fronte della giurisprudenza di questa Corte sulla integrazione della reclamata misura all’esito di un giudizio di comparazione tra situazioni vissute dal richiedente in Italia e nel Paese di provenienza e la sofferta lesione in quest’ultimo di quei diritti fondamentali dell’individuo integrativi del relativo “Statuto” (Cass. 4455 del 2018; Cass. SU n. 29459 del 13/11/2019; Cass. n. 23794 del 28/10/2020), il tutto da operarsi secondo un paradigma a cui resta del tutto estranea la dedotta critica.
4. Il ricorso è conclusivamente inammissibile. Nulla sulle spese nella tardività della costituzione del Ministero dell’interno.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto (ex Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021