LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9655/2015 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso il cui Ufficio domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– ricorrente –
contro
C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE N. 145, presso lo studio dell’avvocato ERMINIA MARIA DEL MEDICO, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO MILARDI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1857/2013 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 07/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.
RILEVATO IN FATTO
che:
1. La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 1857/2013, confermava integralmente la decisione del locale Tribunale, che aveva accolto parzialmente il ricorso di C.G., dipendente del Miur inquadrata nella qualifica CS3, volto ad ottenere la condanna del MIUR al pagamento delle differenze retributive maturate dal 1 aprile 2006 al 1 ottobre 2010 (data di collocamento in quiescenza) per aver svolto le funzioni superiori di Coordinatore dell’Ufficio Scolastico Provinciale di *****, inquadrabili nella qualifica di Dirigente di II fascia del c.c.n.l. Comparto Ministeri;
2. riteneva la Corte territoriale che la C. avesse prodotto una dettagliata descrizione delle mansioni svolte, confortata dalla documentazione allegata in corso di causa, e che il MIUR non avesse mai negato l’esecuzione di tali prestazioni, ma che ne avesse solo contestato l’idoneità a dare luogo ad uno svolgimento di mansioni superiori al fine di ottenere il pagamento delle differenze retributive;
confermava, pertanto che la C. aveva espletato in via continuativa ed esclusiva mansioni superiori a quelle della qualifica di inquadramento, mansioni superiori da inquadrare nella figura del dirigente di seconda fascia, vista la natura dirigenziale del posto ricoperto (l’Ufficio Scolastico Provinciale di ***** era riconosciuto come ufficio di livello dirigenziale non generale), rimasto vacante per oltre quattro anni senza che fosse mai stata avviata alcuna procedura di copertura;
3. ricorre per la Cassazione della sentenza il MIUR con due motivi;
4. C.G. ha resistito con regolare controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1. con il primo motivo il MIUR denuncia la violazione e/o falsa applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;
sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere non contestata la natura dirigenziale della funzione dedotta dalla C., in quanto il Miur avrebbe, nel corso degli atti di giudizio, più volte manifestato la divergenza tra le affermazioni della C. sulle attività da lei svolte e quelle realmente rientranti nell’ambito degli incarichi ricevuti;
lamenta l’inserimento nel thema probandum di fatti non oggetto di specifica contestazione da parte avversa, contestazione che la C. avrebbe operato in modo del tutto generico, senza poi fornire prova alcuna di qualità e quantità delle mansioni;
2. con il secondo motivo il MIUR denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, in relazione all’art. 350 c.p.c., comma 1, n. 3;
sostiene che al fine di verificare lo svolgimento di mansioni superiori non basta la prova che il dipendente abbia svolto mansioni superiori alla qualifica superiore, essendo invece necessario verificare che tali compiti siano stati espletati nella loro pienezza e autorizzati espressamente;
lamenta l’errata applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, per difetto di accertamento della corrispondenza delle mansioni di Coordinatore dell’Ufficio a quelle dirigenziali oltre che di verifica della sussistenza di un ordine di incarico o di servizio;
sostiene che la mancata funzione dirigenziale in capo alla C. possa desumersi dalla circostanza che la stessa non avesse la relativa responsabilità, quale la rappresentanza esterna della volontà dell’Amministrazione;
3. il ricorso, in tutti i motivi in cui è formulato, è infondato;
3.1. il Ministero ricorrente sostiene che le contestazioni mosse alla prospettazione attorea di uno svolgimento di mansioni superiori dovessero integrare, in sé, una ragione di infondatezza della domanda per non essere state le stesse oggetto di contestazione da parte della ricorrente;
3.2. il rilievo non è condivisibile in quanto introduce un meccanismo (quello della contestazione della contestazione) che non si rinviene nel nostro ordinamento processuale (si veda, sul punto Cass. n. 6183 del 2018 secondo cui: “La contestazione da parte del convenuto dei fatti già affermati o già negati nell’atto introduttivo del giudizio non ribalta sull’attore l’onere di “contestare l’altrui contestazione”, dal momento che egli ha già esposto la propria posizione a riguardo”);
3.3. peraltro, la motivazione della Corte territoriale, come riportato nello storico di lite, non si basa solo sulla non contestazione dell’attività svolta dalla C., da questa dettagliatamente e descritta, ma si incentra anche sul riscontro fornito dalla documentazione prodotta (provvedimenti di incarico adottati nel tempo dai Direttori generali dell’Ufficio Scolastico Regionale di ***** ritenuti, diversamente da quanto opinato dal Ministero appellante, autorizzativi del pieno svolgimento delle funzioni di Coordinatore dell’Ufficio Scolastico Provinciale), sulla permanenza nell’incarico protrattasi per oltre quattro anni, sul mancato avvio delle procedure di copertura del posto vacante che la C. aveva ricoperto;
inoltre la Corte territoriale ha evidenziato che i compiti attribuiti alla C. e da quest’ultima svolti per tutto il periodo di vacanza del posto di coordinatore dell’Ufficio Scolastico Provinciale (dirigente di seconda fascia) si erano caratterizzati per essere una estrinseca manifestazione della gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa dell’ufficio, ricomprendente tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali di controllo, con ciò implicitamente dando conto di quella responsabilità che in questa sede il Ministero assume non essere stata scrutinata;
3.4. come da questa Corte più volte affermato, in materia di pubblico impiego, il dipendente pubblico assegnato, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5, allo svolgimento di mansioni corrispondenti ad una qualifica superiore rispetto a quella posseduta ha diritto, anche in relazione a tali compiti, ad una retribuzione proporzionata e sufficiente secondo le previsioni dell’art. 36 Cost., a condizione che dette mansioni siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate ad esse, dovendosi ritenere estensibile a tale ipotesi la previsione di cui all’art. 2103 c.c. (si veda Cass. n. 27887 del 2009 che, in applicazione dell’anzidetto principio ha ritenuto che, rispetto ad un dipendente del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, avente la nona qualifica professionale di direttore coordinatore ed adibito allo svolgimento di mansioni superiori presso l’Ufficio provinciale di Grosseto di detto Ministero per circa dodici anni, dal 1993 al 2005, andasse riconosciuto il diritto al trattamento economico corrispondente a quello di primo dirigente di fascia B anche per il periodo successivo all’entrata in vigore del D.M. 2 agosto 2000, n. 148 con il quale erano state fissate tutte le posizioni dirigenziali degli uffici periferici, tra le quali non era compresa quella dell’Ufficio occupato dal dipendente; in senso conforme e sempre con riferimento all’espletamento di mansioni dirigenziali v. Cass. n. 7823 del 2013);
e’ stato anche affermato che il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscersi nella misura indicata nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operatività del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost., (v. Cass. n. 11615 del 2010; Cass. n. 14775 del 2010; Cass. n. 18808 del 2013; Cass. n. 2102 del 2019);
e’ stato, altresì, precisato che il diritto a percepire la retribuzione commisurata allo svolgimento, di fatto, di mansioni proprie di una qualifica superiore a quella di inquadramento formale, D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 52, comma 5, trova un unico limite nei casi in cui l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento (v. Cass. n. 24266 del 2016);
e’ stato, inoltre, evidenziato che il diritto al corrispondente trattamento retributivo spetta non solo nell’ipotesi di copertura temporanea di un posto vacante in organico, ma anche nel caso di sostituzione di personale assente avente diritto alla conservazione del posto di lavoro (Cass. n. 23161 del 2016);
da ultimo, è stato affermato che, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, la reggenza di un ufficio dirigenziale si caratterizza per la straordinarietà e temporaneità, da rapportare funzionalmente alla copertura del posto mediante nomina di un titolare, sicché il superamento di tali limiti, qualora i compiti siano conferiti a persona munita di inquadramento non dirigenziale, comporta lo svolgimento di mansioni superiori – da remunerare, consequenzialmente, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, -, cui è riconducibile anche l’utilizzazione costante di un medesimo dipendente, inquadrato in livelli non dirigenziali, quale sostituto dei dirigenti di diverse unità del medesimo ente (v. Cass. n. 10030 del 2021);
3.5. la Corte territoriale si è attenuta agli indicati principi;
3.6. per il resto i rilievi censurano esclusivamente la valutazione di merito operata dalla Corte d’appello circa la sussistenza dei presupposti di fatto ai fini dell’accertato svolgimento delle mansioni superiori, ravvisati, come detto, nella prolungata copertura del posto vacante, nella presenza di incarichi scritti provvisoria in presenza di effettiva vacanza e nella presenza di ordini scritti degli organi superiori dell’azienda circa lo svolgimento delle mansioni di superiore livello, sicché il motivo, ancorché proposto sub specie violazione di legge, tende nella sostanza a sollecitare un’inammissibile rivalutazione dei fatti posti a fondamento della decisione (Cass. n. 8758 del 2017, Cass., Sez. Un., n. 34476 del 2019);
4. da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto;
5. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;
6. non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass., S.U., n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021