LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32437-2019 proposto da:
B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GOITO 46, presso lo studio dell’avvocato ANTONINA MAESANO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.C.L., CURATELA FALLIMENTARE ***** SRL;
– intimate –
avverso la sentenza n. 5295/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/8/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 17/6/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI ALBERTO.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 745/2016, dichiarava il fallimento di ***** sii.
2. La Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 26 agosto 2019, rigettava il reclamo presentato dalla compagine debitrice, ritenendo che gli atti prodotti, in mancanza di ogni documentazione contabile prevista dalla legge, fossero insufficienti a dimostrare il mancato possesso dei requisiti dimensionali di cui alla L. fall., art. 1, comma 2.
3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso B.S., nella qualità di legale rappresentante di ***** s.r.l., prospettando un motivo di doglianza.
Gli intimati C.C.L. e fallimento ***** s.r.l. non hanno svolto difese.
CONSIDERATO
che:
4. Il motivo di ricorso denuncia la violazione ed errata applicazione della L. fall., art. 1, comma 2: la Corte d’appello, malgrado i bilanci costituissero lo strumento privilegiato, ma non esclusivo, per dare dimostrazione del mancato superamento delle soglie di non fallibilità previste dalla L. fall., art. 1, comma 2, ha erroneamente valorizzato – a dire del ricorrente – l’inesistenza delle scritture contabili, mentre non ha adeguatamente valutato la perizia prodotta, che ricostruiva l’attivo e il passivo della società, nonché la relazione della curatela e il fascicolo di parte, al cui interno erano presenti tutti gli estratti dei conti correnti della società.
Da questi elementi emergeva a chiare lettere – in tesi – l’insussistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento.
5. Il motivo è inammissibile.
5.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte i bilanci degli ultimi tre esercizi depositati ai sensi della L. fall., art. 15, comma 4, non assurgono a prova legale al fine di dimostrare i requisiti di non fallibilità di cui alla L. fall., art. 1, comma 2, perché il debitore può assolvere l’onere che gli incombe con strumenti probatori alternativi, avvalendosi delle scritture contabili dell’impresa come di qualunque altro documento, anche formato da terzi, suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa (v. Cass. 25025/2020, Cass. 24138/2019).
Il debitore, quindi, può certo fare ricorso a strumenti probatori alternativi ai bilanci già approvati e depositati nel registro delle imprese.
I dati contabili contenuti nei documenti depositati dal debitore, siano essi bilanci o materiali di altra natura, rimangono però sempre soggetti a una valutazione di attendibilità da parte del giudice di merito, secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c., sicché, se reputati motivatamente inattendibili, l’imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza dei requisiti della non fallibilità (v. Cass. 33091/2018, Cass. 13746/2017).
5.2 L’odierno ricorrente assume che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto indispensabile la produzione delle scritture contabili, omettendo di valutare gli elementi probatori, di diversa natura, portati dal reclamante.
La Corte d’appello, in effetti, ha sostenuto che “la verifica della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui alla L. fall., art. 1, comma 2, …postula … quanto meno l’esistenza delle scritture contabili dell’impresa, in cui leggere e da cui poter ricavare appunto la presenza/assenza dei requisiti in questione”.
Sul punto la decisione impugnata va corretta, ex art. 384 c.p.c., comma 4, giacché – come appena detto – il debitore ben può assolvere l’onere probatorio che su di lui incombe avvalendosi, anziché delle scritture contabili dell’impresa, di qualunque altro documento suscettibile di fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa.
Ciò nondimeno il collegio del reclamo, una volta constatato che il reclamante aveva affidato la dimostrazione che gli competeva alla produzione di un certificato di cessazione della partita I.V.A. e di una dichiarazione di un commercialista relativa all’ammontare del debito sociale all’atto della dichiarazione di fallimento, ha ritenuto, ex art. 116 c.p.c., che questa attestazione fosse di per sé “insufficiente” a documentare il mancato possesso dei requisiti dimensionali in parola, in mancanza della documentazione contabile prevista per legge.
Si tratta di una valutazione di inidoneità della documentazione prodotta al fine di dimostrare il ricorrere dei requisiti di non fallibilità di cui alla L. fall., art. 1, comma 2, valutazione che rientra nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito e non può essere rivista in questa sede ove congruamente motivata, come nel caso di specie.
5.3 La censura risulta poi inficiata dalla genericità del suo contenuto laddove lamenta il mancato esame della relazione della curatela e degli estratti conto presenti nel fascicolo della stessa (malgrado all’interno della sentenza impugnata si dia atto che alla curatrice erano stati consegnati soltanto il bilancio e il modello unico del 2009).
Il ricorrente, infatti, non ha trascritto il contenuto dei documenti asseritamente trascurati rispetto alla parte oggetto di doglianza, né ha fatto un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, così come non ha spiegato dove tali documenti ora si rinverrebbero; il che si traduce in una violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, con la conseguente inammissibilità del profilo di doglianza presentato (in merito all’autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in caso di riferimento a documenti o atti processuali, i quali non solo devono essere specificamente individuati anche quanto alla loro collocazione, ma altresì devono essere oggetto di integrale trascrizione quanto alle parti che sono oggetto di doglianza ovvero di sintetico ma completo resoconto del contenuto si vedano Cass. 5478/2018, Cass. 16900/2015, Cass. 14784/2015, Cass. 4980/2014 e Cass. 8569/2013).
6. In forza dei motivi sopra illustrati, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La mancata costituzione in questa sede delle parti intimate esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021