LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32787-2019 proposto da:
C.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTIANO BERTONCINI;
– ricorrente –
contro
CURATELA FALLIMENTO ***** SRL;
– intimata –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VASTO depositato il 2/8/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 17/6/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI ALBERTO.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Vasto, con decreto del 30 luglio 2019, liquidava il compenso dovuto ad C.A., quale curatore del fallimento ***** s.r.l., riconoscendogli la somma di Euro 31.500, considerato l’acconto di Euro 50.000 già attribuito, oltre I.V.A. e c.p.A. se dovuti.
2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso C.A., prospettando due motivi di doglianza.
L’intimato fallimento ***** s.r.l. non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
3.1 Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della L. fall., art. 39, in relazione al D.M. n. 30 del 2012: il Tribunale – in tesi di parte ricorrente – ha calcolato il rimborso forfettario senza tener conto dell’acconto già liquidato.
3.2 Il secondo motivo di ricorso si duole del carattere apparente della motivazione contenuta all’interno del provvedimento impugnato, la quale, limitandosi a richiamare i criteri generali e astratti indicati dal D.M. n. 30 del 2012, art. 4, ha fornito – sottolinea il ricorrente – una motivazione inidonea a spiegare i criteri in concreto seguiti per stabilire la misura del compenso, con specifico riferimento alle peculiari caratteristiche della procedura a cui si riferiva.
4.1 Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte la liquidazione del compenso del curatore fallimentare deve essere specificamente motivata mediante l’indicazione dei criteri seguiti, ai sensi della L. fall., art. 39, in relazione alla disciplina regolamentare richiamata, risultando altrimenti nullo il decreto di liquidazione (Cass. 19053/2017, Cass. 6202/2010, Cass. 2210/2008).
A tal fine non è sufficiente una motivazione stereotipata, contenente frasi di mero stile ed applicabili – per la loro genericità – a una serie indeterminata di casi, senza alcun riferimento a quello concreto.
Il decreto di liquidazione del compenso al curatore deve, invece, essere specificamente motivato in ordine alle opzioni discrezionali adottate dal giudice di merito, così come demandategli dalla L. fall., art. 39, e dalle norme regolamentari ivi richiamate (Cass. 3871/2020, Cass. 10353/2005, Cass. 8198/2002).
Il decreto in esame non è stato redatto in coerenza con simili criteri perché, una volta registrata l’entità dell’attivo e del passivo, si limita a fornire una motivazione stereotipata che richiama semplicemente i criteri generali previsti dal D.M. n. 30 del 2012, art. 1, comma 1, (“considerata l’opera prestata dal curatore, l’importanza del fallimento rilevata attraverso l’esame dell’attività effittivamente espletata, della sollecitudine con cui sono state condotte le relative operazioni e dell’entità dell’attivo realizzato e del passivo accertato”), ma non offre argomenti specifici che si parametrino alle peculiari caratteristiche della procedura concorsuale a cui la liquidazione si riferisce, indicando quali concreti elementi abbiano convinto a giungere alla quantificazione adottata.
4. Il primo motivo è parimenti fondato.
Il Tribunale, infatti, ha sì attribuito al ricorrente il rimborso delle spese generali previsto nella misura del 5% dal D.M. n. 30 del 2012, art. 4, comma 2, ma solo sul residuo dovuto, al netto dell’acconto, e non sull’intero compenso riconosciuto al curatore.
Una simile condotta costituisce una violazione di legge, ove in questo modo il Tribunale abbia inteso negare l’esistenza della regola in discorso rispetto all’intero compenso liquidato, ovvero una falsa applicazione di legge, nel caso in cui, invece, il Tribunale abbia più semplicemente tratto dalla norma, rispetto alla fattispecie concreta accertata, conseguenze giuridiche in contraddizione con una corretta interpretazione della stessa.
5. Il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Vasto, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Vasto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021