LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9194/2017 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO;
– ricorrente –
contro
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO TOSI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1061/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/10/2016 R.G.N. 277/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/07/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;
il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 5.10.2016, la Corte d’appello di Milano, in riforma della statuizione di primo grado, ha dichiarato il diritto di M.G. alla determinazione della pensione di anzianità con integrale applicazione dei criteri di liquidazione propri dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti.
La Corte, in particolare, ha ritenuto che la L. n. 289 del 2002, art. 42, che, sopprimendo l’INPDAI e trasferendo le relative posizioni all’INPS, aveva stabilito che il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali venisse uniformato a quello degli iscritti al Fondo pensioni per i lavoratori dipendenti con effetto dal 1.1.2003, si applicasse soltanto ai lavoratori che, alla data di soppressione dell’INPDAI, erano ancora assicurati presso quest’ultimo e non anche a quelli che, come l’assicurato, erano nelle more passati alla gestione INPS per essere cessati dalla carica di dirigente di aziende industriali.
Ricorre contro tali statuizioni l’INPS, formulando un unico motivo di censura. M.G. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 42, per avere la Corte di merito ritenuto che tale disposizione, nel prevedere che “il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali è uniformato, nel rispetto del principio del pro rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni per i lavoratori dipendenti con effetto dal 1 gennaio 2003”, si applicasse solo ai dirigenti che, alla data di soppressione dell’INPDAI, fossero ancora assicurati presso quest’ultimo, e non anche a quelli che, come parte controricorrente, erano nelle more passati alla gestione INPS per effetto della cessazione dalla carica di dirigente di aziende industriali, e conseguentemente che, per questi ultimi, la retribuzione pensionabile andasse interamente calcolata secondo i criteri propri dell’assicurazione generale obbligatoria, nonostante che l’art. 42 cit. preveda che la quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive maturate al 31.12.2002 presso l’INPDAI sia determinata “applicando, nel calcolo della retribuzione pensionabile, il massimale annuo di cui al D.Lgs. 21 aprile 1997, n. 181, art. 3, comma 7”, pari a Lire 250 milioni.
Il motivo è fondato. Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di chiarire che, dal momento che la L. n. 289 del 2002, ha operato il trasferimento dei contributi dall’INPDAI all’INPS mediante iscrizione “con evidenza contabile separata”, ossia in carenza di un’unificazione assimilabile alla ricongiunzione dei contributi prevista dal D.P.R. n. 58 del 1976, art. 42 comma 3, prima parte, della Legge citata, disponendo che il regime pensionistico dei dirigenti di aziende industriali è uniformato, nel rispetto del criterio del pro rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti con effetto dal 1 gennaio 2003, ha introdotto un principio di carattere generale, senza distinzione tra soggetti ancora iscritti e soggetti non più in costanza di assicurazione INPDAI alla data del 31.12.2002, con la conseguenza che, ai fini della liquidazione della pensione, la retribuzione pensionabile propria dell’assicurato già iscritto all’INPDAI deve essere individuata in relazione alle retribuzioni che sarebbero state utili nel caso di un’ipotetica liquidazione del trattamento pensionistico da parte dell’INPDAI, in quanto il rinvio della L. n. 289 del 2002, art. 42,D.Lgs. n. 181 del 1997, art. 3, comma 7, nonché lo stesso meccanismo del pro rata adottato nell’art. 42 cit., costituiscono manifestazione della volontà del legislatore di tenere distinti i due periodi assicurativi, in considerazione della diversità dei sistemi di calcolo adottati per ciascuno di essi, dando luogo a due distinte quote di pensione da determinare secondo autonomi criteri (Cass. nn. 4897 e 19036 del 2017, 3321 del 2018, 23573 del 2019).
Non essendosi la Corte di merito uniformata a tale principio, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, per l’esame delle domande assorbite.
Il giudice designato provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021