LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 984/2020 proposto da:
M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI n. 123, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO SPINOSA, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ALMAVIVA CONTACT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI DUE MACELLI n. 66, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO FALASCA, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3728/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/10/2019 R.G.N. 2551/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/07/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.
RILEVATO
Che:
1. con sentenza n. 3728/2019 la Corte d’appello di Roma, ha respinto il reclamo proposto da M.D. avverso la sentenza del Tribunale di Roma resa in sede di opposizione all’ordinanza di reiezione del ricorso inteso all’accertamento della illegittimità del licenziamento intimato all’odierna ricorrente da Almaviva Contact s.p.a. all’esito di procedura collettiva attivata ai sensi della L. n. 223 del 1991;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso M.D. sulla base di un unico articolato motivo articolato in più profili di censura; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso; è stata depositata memoria.
CONSIDERATO
Che:
1. con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce: “violazione e /o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché della L. n. 223 del 1991, art. 4 (commi 3 e 9) e art. 5; l’intimata ha violato i criteri di correttezza e buona fede nascondendo informazioni alle organizzazioni sindacali; sono stati violati i criteri di scelta e mantenuti in servizio i lavoratori con minor punteggio della ricorrente, nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., è stata omessa la pronuncia su tutta la domanda”; censura in sintesi la valutazione di completezza informativa della comunicazione di apertura della procedura che assume frutto della non corretta lettura degli atti e dei documenti; svolge argomentazioni relative ai punteggi attribuiti ed alla situazione delle lavoratrici madri; lamenta in particolare la mancata indicazione nella comunicazione di apertura della situazione relativa alla sede di ***** per la quale si era fatto ricorso agli ammortizzatori sociali;
2. preliminarmente rileva il Collegio che questa Corte si è già espressa sulla legittimità della procedura collettiva ex Lege n. 223 del 1991, attivata da Almaviva Contact s.p.a. con comunicazione in data 5 ottobre 2016 (ex plurimis Cass. n. 12044/2021, 14677/2021; Cass. 15124/20121, 15123/2021, 14673/2021, 12040/2021, 12041/2021, 12042/2021); in tali pronunzie, fra le quali, anche ai fini dell’art. 118 disp. att. c.p.c., si richiamano Cass. n. 15123/2021 e Cass. n. 12040/2021, le medesime questioni oggetto del presente ricorso per cassazione sono state scrutinate e respinte sulla base di argomentazioni integralmente condivise dal Collegio con orientamento al quale si ritiene di dare continuità;
2.1. nei precedenti richiamati i giudici di legittimità hanno premesso, con argomentazione integralmente condivisa da questo Collegio, che per principio consolidato la cessazione dell’attività è scelta dell’imprenditore, espressione dell’esercizio incensurabile della libertà di impresa garantita dall’art. 41 Cost. (Cass. n. 29936/2008) e che la procedimentalizzazione dei licenziamenti collettivi che ne derivino, secondo le regole dettate per il collocamento dei lavoratori in mobilità dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, applicabili per effetto dell’art. 24 della stessa Legge, ha la sola funzione di consentire il controllo sindacale sulla effettività di tale scelta (Cass. n. 22366/2019, n. 5700/2004) con un controllo dell’iniziativa imprenditoriale concernente il ridimensionamento dell’impresa, controllo devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda; sicché, i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi di riduzione del personale, ma la correttezza procedurale dell’operazione (compresa la sussistenza dell’imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso): con la conseguente inammissibilità, in sede giudiziaria, di censure intese a contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati artt. 4 e 5, senza fornire la prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra i lavoratori, che investano l’autorità giudiziaria di un’indagine sulla presenza di “effettive” esigenze di riduzione o trasformazione dell’attività produttiva (Cass. 6 ottobre 30550);
2.2. in applicazione di tali principi sono state respinte le censure che investivano sotto vari profili la legittimità della complessiva operazione posta in essere da Almaviva Contact s.p.a.; questa, dopo una prima procedura, avviata con la comunicazione del 21 marzo 2016, riguardante 2.988 lavoratori in esubero dislocati presso le sedi di ***** e revocata per accordo con le organizzazioni sindacali il 31 maggio 2016, ha aperto la procedura in esame, a seguito di un peggioramento della crisi nei siti di *****; nella comunicazione di apertura del 5 ottobre 2016, ha illustrato le ragioni che rendevano necessario il licenziamento di 1.666 lavoratori delle Divisioni 1 e 2 di ***** e di tutti gli 845 dell’unità produttiva di *****, con applicazione dei criteri di scelta per comparazione del personale operante con profilo equivalente all’interno di ciascuno dei predetti siti interessati dagli esuberi: così limitandone la platea alle due divisioni romane e all’unità produttiva partenopea e applicando i criteri di scelta per comparazione del personale operante con profilo equivalente all’interno di ciascuno dei siti;
3. tanto premesso, in relazione ai singoli profili di censura proposti con il presente ricorso per cassazione – trattati unitariamente per evidente reciproca connessione – si osserva che;
3.1. la doglianza intesa a contestare la valutazione di completezza informativa della comunicazione L. n. 223 del 1991, ex art. 4, comma 3, è inammissibile in quanto non investe con specifica critica il rilievo della sentenza impugnata in ordine al giudicato formatosi, per difetto di idonea censura da parte della reclamante, sulla statuizione di prime cure che aveva accertato la legittimità della comunicazione di avvio della procedura di mobilità (v. sentenza, pag. 5, primo capoverso); parte ricorrente, pur richiamando detto passaggio motivazionale non svolge, infatti, alcuna argomentazione per confutare la conclusione alla quale è pervenuta la Corte territoriale, conclusione configurante ratio decidendi di per sé sola giustificativa del rigetto delle censure concernenti il difetto di contenuto informativo della comunicazione di apertura della procedura di mobilità; tanto assorbe la necessità di esame delle specifiche doglianze che denunziano la incompletezza della comunicazione di avvio per omissioni concernenti i prospettati trasferimenti e la indicazione del ricorso agli ammortizzatori sociali e più in generale della situazione di crisi verificatasi presso la sede di *****;
3.2. le critiche incentrate sul rigetto da parte del giudice del reclamo delle censure concernenti i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e la loro concreta applicazione sono in parte inammissibili ed in parte infondate; parte ricorrente, infatti, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, omette la esposizione della vicenda processuale necessaria a consentire la verifica della fondatezza delle censure articolate sulla base del solo esame del ricorso per cassazione (Cass. 4743/2001, Sez. Un. 2602/2003, n. 12761/2004); non chiarisce infatti in quale atto ed in che termini erano state allegate le circostanze fattuali richiamate a sostegno dell’assunto della errata applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori, con particolare riferimento alla questione dei punteggi ed a quella delle lavoratrici madri, né specifica la cornice giuridica nelle quale le stesse erano state inquadrate, adempimento indispensabile al fine di comprendere la reale portata delle doglianze e soprattutto di verificarne la decisività; in violazione del disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 6, gli atti e i documenti di causa che si assumono frutto di errata lettura da parte del giudice di merito sono oggetto di trascrizione del tutto parziale, inadeguata a dare contezza dell’errore in tesi ascritto al giudice del reclamo;
3.3. è ancora da rilevare che la Corte di merito ha accertato la conformità delle singole comunicazioni di recesso agli obblighi di legge (sentenza, pag. 17) e tale accertamento non risulta incrinato dalle generiche deduzioni della ricorrente che si limita alla mera contrapposizione della propria diversa lettura degli atti e documenti di causa in tema di sufficienza della comunicazione relativa alle modalità di attuazione dei criteri di scelta a quella fatta propria dalla Corte di merito;
4. in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto con regolamento delle spese di lite secondo soccombenza eraddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. Sez. Un. 23535/2019).
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021