LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16087/2015 proposto da:
T.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CRISTINA CLERICO, CLAUDIO DEMARIA;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMENUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO;
– resistenti con mandato –
avverso la sentenza n. 1010/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/12/2014 R.G.N. 399/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/05/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.
RILEVATO CHE:
1. il Tribunale di Cuneo accoglieva l’opposizione di T.S. avverso la cartella esattoriale notificata il 4.5.03, con la quale gli veniva ingiunto il pagamento della somma di Euro 28.781,69, a titolo di contributi, per il periodo gennaio 1995-maggio 1999, oltre interessi e somme aggiuntive, a seguito di verbale ispettivo del 31.1.01;
2. la Corte di appello di Torino, acquisita documentazione presso la Guardia di Finanza di Cuneo, con sentenza del 20.4.2007, accoglieva il gravame dell’INPS;
3. la Corte di Cassazione annullava la pronuncia del 20.4.2007. In particolare, in accoglimento del ricorso dell’odierno ricorrente, riteneva inammissibile l’acquisizione documentale disposta dalla Corte di appello, con ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., su richiesta dell’appellante, in quanto formulata, per la prima volta, in sede di gravame e in difetto dei presupposti per l’esercizio dei poteri officiosi;
4. in sede di rinvio, la Corte di appello, in adempimento del comando giudiziale, ha espunto la documentazione acquisita dalla Guardia di Finanza e, tuttavia, ha osservato come la stessa non fosse essenziale ai fini della conferma del giudizio formulato dal precedente Collegio di appello. A tale riguardo, la Corte territoriale ha valorizzato una nota inviata dalla Direzione Provinciale del Lavoro, oggetto di testimonianza e relativa al rinvenimento di una “cartellina manoscritta (…) su cui erano riportate (…) somme aggiuntive(…) versate fuori busta”; ha, inoltre, chiarito le ragioni per cui le testimonianze dei lavoratori, escussi in primo grado, non fossero attendibili e, quindi, ha respinto il ricorso di opposizione a cartella esattoriale;
5. chiede la cassazione della decisione, T.S., con ricorso articolato in tre motivi, successivamente illustrato con memoria. L’Inps ha depositato procura speciale.
RILEVATO CHE:
6. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di appello comunque attribuito natura ed efficacia probatoria alla documentazione (id est: alla nota della guardia di finanza) espunta dalla sentenza rescindente; per aver, inoltre, ritenuto raggiunta la prova della pretesa creditoria vantata dall’Inps in base ad una sola testimonianza, degradando le altre prove offerte a meri indizi e giudicando maggiormente attendibili le dichiarazioni del testimone Tu. in base ad un pregiudizio nella valutazione delle deposizioni dei lavoratori;
7. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 383 e 384 c.p.c., per avere la Corte di appello disapplicato il principio di diritto espresso dalla pronuncia rescindente e seguito “un percorso logico-giuridico non affatto condivisibile” con cui, sostanzialmente, avrebbe utilizzato, sia pure indirettamente, la documentazione espunta dalla Corte di cassazione;
8. i primi due motivi possono trattarsi congiuntamente per la loro stretta connessione;
9. in primo luogo, inappropriato è il richiamo agli artt. 115 e 116 c.p.c.;
10. come costantemente insegnato da questa Corte, per denunciare la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre dedurre che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; per far valere la violazione dell’art. 116 c.p.c., è necessario, invece, allegare che il giudice non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento”, quando avrebbe dovuto, o che viceversa lo abbia fatto pur essendo la prova soggetta a una specifica regola di valutazione (per tutte, di recente, Cass. civ., sez. un., 30 settembre 2020, n. 20867);
11. parte ricorrente non denuncia specificamente un errore di applicazione, da parte della sentenza impugnata, delle regole contenute in tali norme ma contesta l’operata valutazione degli elementi di prova e assume, più in generale, la violazione del comando posto con la sentenza di annullamento (in argomento, ex multis, v. Cass. n. 11892 del 2016);
12. diversamente da quanto argomentato dal ricorrente, non vi è stata violazione del comando giudiziale. Il precetto declinato nella sentenza rescindente ha riguardato il divieto di acquisizione di documentazione, con ordine di esibizione, anche ai sensi dell’art. 437 c.p.c., da parte della Corte di appello;
13. la sentenza rescissoria si è attenuta alla regola imposta e, fermo il materiale probatorio già diversamente acquisito, ha giudicato lo stesso comunque sufficiente alla prova dei fatti controversi (v. pag. 11, primi tre righi, sentenza impugnata). Per il resto, le valutazioni espresse dalla Corte di appello – e oggetto di critica – riguardano ambiti tipicamente riservati all’apprezzamento del giudice di merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione; alla Corte di legittimità è dato esclusivamente il potere di controllare che fatti decisivi siano stati presi in considerazione dal giudice di merito (id est: non sia stato omesso l’esame di fatti decisivi), nei ristretti limiti tracciati da Cass., sez. un., nn 8053 e 8054 del 2014 (e numerosissime successive conformi);
14. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 385 c.p.c., per avere la Corte di appello posto a carico del ricorrente le spese dell’intero processo, violando il principio di soccombenza poiché vittorioso nel primo giudizio in cassazione;
15. il motivo è infondato;
16. parte ricorrente omette di considerare che le spese vanno regolate in base ad un criterio unitario e globale, che tenga conto dell’esito finale della lite (ex multis, Cass. n. 17523 del 2011; Cass. n. 6259 del 2014; Cass. n. 9064 del 2018), e non, invece, delle singole fasi del giudizio. A tale regola si è conformata la pronuncia impugnata che, dunque, è immune dai rilievi mossi;
17. sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va rigettato;
18. non si provvede in ordine alle spese, in difetto di sostanziale attività difensive da parte dell’INPS;
19. sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021