LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26237-2019 proposto da:
S.A., rappresentata e difesa dall’avv. LUCA PARRELLA e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
P.F., rappresentato e difeso in proprio e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA, depositata il 05/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 14, P.F. invocava la condanna di S.A. al pagamento in suo favore della somma di Euro 12.317,89 a titolo di compensi professionali dovuti in relazione all’attività di assistenza giudiziale prestata in favore della convenuta.
Nella resistenza della S., che eccepiva di aver predisposto le proprie difese in proprio, e di averle poi solo fatte sottoscrivere al collega P., il Tribunale di Torre Annunziata, con il provvedimento impugnato, riteneva non raggiunta la prova di un accordo sulla gratuità dell’opera svolta dal P. in favore della S. e dunque, in assenza di contestazione circa l’effettivo conferimento dell’incarico, dovuto il compenso, limitatamente all’importo di Euro 2.801,00. Condannava quindi la S. al pagamento di detta somma, compensando le spese del giudizio di merito.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione S.A., affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso P.F..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la nullità dell’ordinanza impugnata per assenza di motivazione e irriducibile contrasto logico, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perché il Tribunale avrebbe dapprima riconosciuto che l’atto introduttivo del giudizio patrocinato dal P. per conto della S. era stato redatto unicamente dalla seconda, ma poi affermato comunque il diritto del primo a percepire un compenso per la mera sottoscrizione di detto atto. Ad avviso della ricorrente, tra le due affermazioni sussisterebbe un irriducibile contrasto logico, che renderebbe apparente la motivazione e nullo il provvedimento impugnato.
La censura è inammissibile.
Il Tribunale ha invero ritenuto provato che l’atto di citazione introduttivo del giudizio di cui anzidetto fosse stato redatto dalla sola S., ma ha del pari ravvisato il mancato conseguimento della prova della gratuità della prestazione professionale richiesta dalla predetta al P.. Inoltre, ha dato atto che l’odierna ricorrente non aveva contestato di aver affidato il mandato difensivo al P., e che fosse stato dimostrato che lo stesso era stato revocato prima della trattazione della causa. Di conseguenza, il giudice di merito ha riconosciuto il diritto del P. al compenso limitatamente alla sola fase introduttiva del giudizio.
Non si ravvisa alcun contrasto irriducibile interno alla motivazione dell’ordinanza impugnata, posto che, una volta dimostrato, o comunque non controverso, l’affidamento, da parte della S., del mandato difensivo al P., e la sua revoca prima della trattazione della causa, il secondo ha diritto, in assenza della prova dell’accordo sulla gratuità della sua prestazione, al compenso previsto dalle tariffe professionali in vigore, limitatamente all’attività effettivamente svolta. Il Tribunale, peraltro, ha limitato detto compenso al minimo di tariffa, evidentemente apprezzando il fatto che l’atto fosse stato, in realtà, predisposto dalla S..
L’ordinanza impugnata, peraltro, evidenzia che quest’ultima aveva anche eccepito “… di aver già pagato il dovuto all’avvocato P., con ciò riconoscendo il titolo di quest’ultimo ad essere remunerato per l’attività svolta” (cfr. pag. 4). Tale passaggio della motivazione, non specificamente attinto dalla censura in esame, dimostra la coerenza interna del ragionamento seguito dal giudice di merito, il quale, in definitiva, non ha fatto altro che valorizzare le stesse deduzioni della S., traendone le logiche conseguenze.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2232 e 2233 c.c. e del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente riconosciuto il diritto al compenso del P. per le fasi di studio ed introduttiva del giudizio presupposto, pur in presenza della dimostrazione che lo stesso non aveva svolto alcuna prestazione in relazione a dette fasi.
La censura è inammissibile.
Il Tribunale ha infatti preso atto che il P. aveva sottoscritto l’atto introduttivo del giudizio nel quale aveva assistito la S., e che quest’ultima non aveva contestato di avergli conferito il mandato di curare la propria difesa in quel contesto. Ha, dunque, liquidato il compenso in relazione all’attività svolta, tenuto conto del valore della controversia, contenendo peraltro l’importo ai minimi della tariffa, in considerazione della peculiarità della fattispecie. Non si ravvisa, in tale motivazione, alcuna violazione di legge, né con riferimento alle norme in tema di prestazione d’opera intellettuale, né con riguardo alla tariffa professionale, poiché la sottoscrizione dell’atto di citazione da parte del P., che costituisce un fatto incontroverso, implica il suo diritto al compenso per le fasi di studio ed introduttiva, in assenza della prova di un accordo sulla gratuità della sua opera.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali, nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021