LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17141-2020 proposto da:
G.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA DANIELA SACCHI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– intimato –
avverso il decreto n. cronol. 3438//2020 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 16/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. G.A., nato a *****, ricorre con quattro motivi per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ne ha rigettato l’impugnazione avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale e del riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso per ragioni umanitarie.
Nel racconto reso in fase amministrativa il ricorrente aveva dichiarato, avendo egli necessità di denaro per poter continuare negli studi e sostenere un esame, perché il padre, orafo, non ne aveva in quel momento, di aver accettato, pur non essendo egli omosessuale, le avance – di un uomo di nome D. che abitava ad Auchi presso la cui casa, dopo essersi denudati, entrambi erano stati sorpresi da un amico che aveva dato l’allarme.
All’esito i due uomini erano fuggiti e, dopo una permanenza nel bosco nella casa di uno sconosciuto presso cui avevano trovato rifugio, il ricorrente aveva deciso di fuggire per Abuja e poi di abbandonare il proprio Paese partendo per la Libia seguendo l’uomo di nome D. che, dopo essere stati scoperti, gli aveva proposto di non rimanere più in Nigeria ove tutti conoscevano quanto accaduto.
2. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il tribunale applicato i principi in materia di attenuazione dell’onere della prova gravante sul richiedente protezione. Il ricorrente aveva fornito quanto meno un principio di prova per iscritto ed aveva reso un racconto particolareggiato ed il tribunale aveva omesso di sentire liberamente il dichiarante nonostante la richiesta in tal senso effettuata dal legale per superare le contraddizioni rilevate dalla competente Commissione, per poi reiterare il giudizio dell’organo amministrativo.
3. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita del deducente, in ragione della situazione generale del Paese di provenienza. La condizione di omosessuale avrebbe esposto il richiedente al rischio di subire trattamenti inumani e degradanti a causa della politica di repressione posta in essere dal governo nigeriano nei confronti delle persone LGBT.
4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il tribunale assolto all’onere di cooperazione istruttoria gravante sull’autorità giudiziaria.
Il richiedente nel racconto reso aveva svolto ogni ragionevole sforzo per circostanziare il narrato. Anche solo l’essere percepito come omosessuale esporrebbe il ricorrente al rischio di minacce lesioni e morte.
Il territorio della Nigeria, e non solo al nord, è afflitto da continui scontri perpetrati dagli affiliati di Boko Haram ed è caratterizzato da un clima di violenza diffusa ed indiscriminata a causa dei conflitti armati tra cristiani e musulmani come attestano il rapporto Amnesty International 2017/2018 e documenta l’UNHCR nel rapporto pubblicato il 27 settembre 2019.
5. Con il quarto motivo il ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 TUI, commi 6 e 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il tribunale riconosciuto al richiedente la protezione per motivi umanitari in ragione del livello di integrazione raggiunto in Italia.
La situazione del richiedente lo rendeva persona vulnerabile; egli poteva costruirsi in Italia un futuro stabile e sicuro possibilità che si vedrebbe negata in caso di rientro in Nigeria, come ritenuto da altri tribunali e corti di merito; il rimpatrio forzoso potrebbe vedere violati i diritti fondamentali del ricorrente. Il provvedimento impugnato non aveva operato un esame specifico e attuale della situazione oggettiva e soggettiva del ricorrente non valutando la privazione dell’esercizio del nucleo di diritti umani costitutivo dello statuto della dignità personale.
6. In via preliminare deve darsi atto le Sezioni Unite civili di questa Corte, nel pronunciare su questione di massima di particolare importanza oggetto di contrasto in tema di protezione internazionale, per una interpretazione della portata precettiva della norma in esame ritenuta compatibile con il quadro del diritto dell’Unione Europea e con i principi di diritto costituzionale nonché della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, hanno affermato con la recentissima sentenza n. 15177 del 1 giugno 2021 il seguente principio:
“Il D.Lgs. n. 23 del 2008, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che `La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Nella procura predetta, pertanto, deve essere contenuta in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato ed il difensore può certificare, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente”.
La procura speciale allegata al ricorso reca in calce la sola attestazione di autenticità da parte dell’Avvocato Maria Daniela Sacchi della firma del ricorrente, per l’adottata formula “E’ autenticd’ apposta in calce alla prima, nulla attestando invece in ordine alla data, presente nella procura in forma dattiloscritta ed indicata come pari al 15 giugno 2020, ed alla sua posteriorità rispetto alla comunicazione del decreto impugnato ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, come interpretato dalle richiamate SSUU.
7. Facendo applicazione del richiamato principio di diritto il ricorso è pertanto inammissibile essendo la procura nulla, non avendo il difensore certificato, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione del decreto impugnato che l’autenticità della firma del conferente.
8. Non occorre provvedere sulle spese nella tardiva ed irrituale costituzione dell’Amministrazione.
9. Quanto al versamento del contributo unificato, in adesione all’ulteriore principio di diritto affermato da SSUU n. 15177 citt. e per il quale “i/ versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”, va disposto il pagamento del doppio contributo, se dovuto, a carico del ricorrente.
10. Il ricorso è pertanto inammissibile per nullità della procura speciale alle liti. Nulla sulle spese nella tardività della costituzione del Ministero dell’interno.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto (ex Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021