LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1950-2021 proposto da:
H.M., B.H., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO OPPEDISANO;
– ricorrenti –
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI REGGIO CALABRIA;
– intimato –
avverso il decreto n. cronol. 10977/2020 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositato il 14/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. B.H. e H.M. ricorrono con un unico motivo per la cassazione del decreto in epigrafe indicato con il quale la Corte di appello di Reggio Calabria ne ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento del 19 maggio 2020 del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria che aveva respinto la domanda dai coniugi proposta, anche nell’interesse delle figlie minori, B.N. e B.Y., nate a ***** rispettivamente il *****, di autorizzazione alla permanenza in Italia, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3.
2. Con il proposto ed articolato mezzo, i ricorrenti deducono: la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; la contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, per avere la Corte di appello interpretato la norma suddetta come eccezionale ed applicabile solo in casi di situazioni di estremo pericolo per il minore; la violazione e/o falsa applicazione: dell’art. 31 c.p.c., comma 3, in combinato con gli artt. 1, 2, 6, 7, 8, 9, 27, 28, 29, 30 Convenzione New York del 1989 sui diritti del fanciullo e l’art. 16.3 Dichiarazioni Universale dei Diritti dell’Uomo; dell’art. 8 CED e dell’art. 30 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice negato tutela all’unità familiare inteso come diritto primario sia nel diritto interno che per gli strumenti internazionali.
Nell’impugnato decreto era mancato l’apprezzamento dei “gravi motivi” legittimanti l’autorizzazione del familiare alla permanenza in Italia, estremo da ricollegarsi allo sviluppo psicofisico del figlio minore, dovendosi avere riguardo, a differenza dell’autorizzazione all’ingresso, non ad una situazione eccezionale e di emergenza da apprezzarsi come attuale, ma ad una situazione futura ed eventuale, conseguenza di un improvviso allontanamento del familiare del minore sino ad allora presente, anche nel mantenimento del diritto alla bigenitorialità o dello sradicamento dal Paese in cui fino ad allora il minore era vissuto.
Deve tenersi fermo, nel resto, che la eccezionalità e/o straordinarietà dei gravi motivi può ritenersi esistente anche quando le condizioni del minore sarebbero migliori ove egli vivesse in Italia anziché nel suo paese di origine, e tanto per la promozione del suo sviluppo psicofisico e non solo della tutela del diritto alla salute, il tutto nel contemperamento tra protezione prioritaria dell’individuo minorenne ed esigenze dell’ordine e della sicurezza nazionale sottostanti la disciplina dei flussi di immigrazione.
La Corte di appello avrebbe dovuto valutare natura ed effettività dei vincoli familiari, l’esistenza dei legami familiari, culturali e sociali con il Paese di origine e la durata del soggiorno sul territorio nazionale.
3. Il motivo è fondato nei termini di seguito precisati.
Va data continuità applicativa, nella sua condivisa ragionevolezza, al principio, pieno nelle affermazioni di questa Corte di cassazione, secondo il quale la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psicofisico, non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, ma può comprendere qualsiasi danno effettivo ed obiettivamente grave che deriva o deriverà al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute del minore sia fisica che psichica.
La conseguenza è che le situazioni che possono integrare i “gravi motivi” di cui al citato art. 31 non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione, oltre che alle esigenze di cure mediche, all’età del minore, che assume un rilievo presuntivo decrescente con l’aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo e’, invece, crescente con l’aumentare dell’età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita (Cass. n. 4197 del 2018, che richiama Cass. n. 25419 del 2015; in termini Cass. n. 20762 del 30/09/2020).
Più recentemente questa Corte ha affermato che, ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia dei familiari del minore, D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, il giudizio di bilanciamento tra l’interesse di quest’ultimo e quello di rilievo pubblicistico alla sicurezza nazionale, può essere effettuato solo una volta che sia stata valutata la situazione attuale del minore, verificando se sussista il pericolo di un suo grave disagio psico-fisico derivante dal rimpatrio suo o del familiare, potendosi denegare l’autorizzazione solo nel caso in cui l’interesse del minore, pur prioritario nella considerazione della norma, sia nel caso concreto recessivo, non avendo esso carattere assoluto come chiarito dalla CEDU nell’interpretazione dell’art. 8 Convenzione (Cass. 10849/2021).
4. La Corte d’Appello, inosservante dell’indicato principio si è infatti limitata sostanzialmente a negare l’esistenza di siffatto pregiudizio perché il nucleo familiare sarebbe comunque rimasto unito e, neppure evidenziando i motivi inerenti la sicurezza nazionale, ha incentrato il giudizio – del tutto erroneamente – sulla considerazione che si tratta di una famiglia serena, che può tranquillamente ricostituirsi in Marocco, che il lavoro di ambulante può essere svolto dal padre anche in patria, e che la stessa Corte aveva già emesso un precedente di diniego del permesso in questione.
Non vi è pertanto alcun riferimento all’interesse delle minori, peraltro nate in Italia, a restare nel territorio nazionale, e ciò tanto più che una di esse vi frequenta anche la scuola.
5. La Corte di merito con l’impugnato decreto ha quindi obliterato l’interesse delle minori, declinato nella duplice sua indicata accezione, non provvedendo ad esaminare in ragione dell’età delle prime l’incidenza avuta sul loro sviluppo psicofisico dallo sradicamento dal territorio italiano, ai fini della configurabilità dei “gravi motivi” di riconoscimento dell’invocata autorizzazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3.
6. In accoglimento del ricorso, pertanto, il decreto va cassato e la causa rinviata davanti alla Corte d’Appello di *****, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il motivo di ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021