Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33517 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22829-2020 proposto da:

M.M., rappresentata e difesa dall’avv. GIORGIO POLVERINO;

– ricorrente –

contro

R.I.A., rappresentata e difesa dall’avv. MASSIMO PAGLIARA;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

D.M.G., D.M.E.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1651/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 28/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 24/06/2021 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La presente causa riguarda la successione testamentaria di D.M.E., il quale ha disposto dei propri beni in favore dei due figli D.M.G. e D.M.E.M., nominandoli eredi universali e lasciando l’usufrutto sul solo immobile compreso nell’asse (un negozio sito in Cava dei Tirreni) alla compagna, R.I.A..

In relazione a tale testamento, il coniuge legalmente separato M.M. ha proposto azione di riduzione nei confronti dei beneficiari delle disposizioni testamentarie. L’azione, rigettata in primo grado, è stata accolta dalla Corte di appello di Salerno, che ha disposto la riduzione delle disposizioni testamentarie nella misura del 13,77% in relazione al diritto di usufrutto e nella misura del 50% in relazione alla disposizione di nuda proprietà. La Corte d’appello ha condannato inoltre la R. al pagamento, in favore dell’attrice in riduzione, della somma di Euro 3.098,25, a titolo di restituzione pro quota dei canoni percepiti per la locazione dell’immobile oggetto della disposizione di usufrutto ridotta. Per la cassazione della sentenza M.M. ha proposto ricorso affidato a un unico motivo, con il quale denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio. Si sostiene che, nella liquidazione dei frutti a lei dovuti in dipendenza della riduzione, la Corte d’appello non ha tenuto conto di quanto accertato in proposito dal consulente tecnico, che aveva quantificato i canoni percepiti per la locazione dell’immobile in Euro 412.000,00, sicché, operata la riduzione nella misura del 13,77%, all’attrice in riduzione spettava la complessiva somma di Euro 56.732,40, di cui la metà, pari a Euro 28.366,20, a carico della R., e l’altra metà a carico dei figli in parti uguali. La Corte d’appello, nel definire la lite, ha considerato, ai fini della prova del quantum, solo i documenti prodotti dall’attrice, trascurando del tutto quanto accertato dal consulente tecnico sulla base della documentata locazione commerciale dell’immobile.

Per la cassazione della sentenza ha proposto autonomo ricorso anche R.I.A. sulla base di due motivi, con i quale si duole del fatto che la Corte d’appello ha riconosciuto l’appartenenza all’asse dell’immobile sulla base di presunzioni (primo motivo) e del principio di non contestazione (secondo motivo). Si sostiene che in materia di appartenenza immobiliare non si può ricorrere alle presunzioni, né è operante il principio di non contestazione. Si evidenzia che i documenti, idonei al fine della prova della proprietà del de cuius, erano stati prodotti dall’attrice in riduzione solo in grado d’appello.

La causa è stata fissata dinanzi alla Sesta sezione civile della Suprema corte su conforme proposta di manifesta fondatezza, in parte, del ricorso principale e di manifesta infondatezza del ricorso incidentale. D.M.G. e D.M.E. sono rimasti intimati.

Va in primo luogo richiamato il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza. In base a tale principio, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; quest’ultima modalità, tuttavia, non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte in ricorso incidentale, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante (Cass. n. 448/2020; n. 5695/2015).

Consegue che il ricorso per cassazione di R.I.A., in quanto proposto contro la stessa sentenza già impugnata da M.M., si deve ritenere ricorso incidentale proposto nell’ambito del procedimento scaturito dalla proposizione del primo ricorso.

Il ricorso principale è fondato nei limiti di seguito indicati. La Corte d’appello, nell’indicare la misura dei frutti dovuti alla legittimaria vittoriosa, ha considerato solo i documenti prodotti dall’attrice, mentre non ha considerato quanto accertato dal consulente tecnico in ordine ai frutti percepiti in forza della locazione del bene oggetto della disposizione ridotta. Il consulente tecnico aveva indicato l’importo di Euro 412.000,00, quale coacervo dei canoni percepiti in base al contratto di locazione. Alla resistente non giova porre in luce che il consulente, pure richiesto dalla difesa della M., di precisare che a questa spettava la quota del 13,77% dei canoni, aveva risposto di non poter operare una tale quantificazione, trattandosi di problema giuridico e non tecnico. Il rilievo, infatti, non è pertinente, perché il rimprovero che fondatamente la ricorrente muove contro la sentenza impugnata non investe la misura dall’accoglimento, ma il non avere la Corte d’appello considerato una circostanza, oggettivamente risultante dalla consulenza tecnica, idonea a incidere decisivamente sul contenuto della decisione in relazione al frutti.

Questa Corte ha chiarito che “il mancato esame delle risultanze della CTU integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” (Cass. n. 18598/2020).

Con il motivo in esame la ricorrente sembra dolersi anche della mancata liquidazione dei frutti a carico dei due figli, anch’essi colpiti dalla pronuncia di riduzione in favore della legittimaria attrice, ma, per questa parte, come opinato dal relatore nella proposta, la sentenza andava primariamente censurata per una ragione diversa: omissione di pronuncia o violazione di legge, non per omesso esame di fatto decisivo (in disparte la riserva che i figli sono destinatari di una disposizione di nuda proprietà, da cui, in linea di principio, non deriva il diritto alla percezione dei frutti, e senza che sia minimamente necessario l’esame della questione di come si atteggiano i diritti del legittimario in presenza di disposizioni di usufrutto o di nuda proprietà).

E’ infondato il ricorso incidentale. Nella specie si discuteva della titolarità del diritto proprietà, in capo al defunto, del bene oggetto della disposizione testamentaria oggetto di riduzione. In questo ambito soggettivo, e cioè, da un lato, coloro ai quali il bene era stato attribuito dal testatore, dall’altro, il legittimario che agiva in riduzione, sono applicabili, mutatis mutandis, i principi di giurisprudenza in materia di prova della comproprietà, per la quale non si richiede mai quella prova rigorosa richiesta nell’azione di rivendicazione o di mero accertamento della proprietà, poiché non si tratta di accertare positivamente la proprietà del convenuto negando quella dell’attore, ma di fare accertare un diritto comune a tutte le parti in causa (Cass. n. 10067/2020; n. 1309/1966).

Pertanto, i giudici di merito ben potevano ritenere provata l’appartenenza del bene al de cuius per presunzioni e in applicazione del principio di non contestazione (Cass. n. 1300/1980).

In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto nei limiti di cui sopra, mentre deve essere rigettato il ricorso incidentale.

La sentenza deve essere cassata in relazione al ricorso principale e la causa deve essere rinviata, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002 ex art. 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

P.Q.M.

accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso principale di M.M.; rigetta il ricorso incidentale di R.I.A.; cassa la sentenza in relazione alla censura accolta del ricorso principale; rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione anche per le spese; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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