LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giovanni – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17804-2020 proposto da:
R.R., rappresentato e difeso dall’Avvocato UMBERTO DEFLORIAN e dall’Avvocato GIOVANNI RAMBALDI per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Z.M.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato ALDO BEVILACQUA e dall’Avvocato BENEDETTO GARGANI per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e A.F.R.;
– intimata –
avverso la SENTENZA N. 231/2019 DELLA CORTE D’APPELLO DI TRENTO, depositata il 10/10/2019;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO nella camera di consiglio non partecipata del 24/6/2021.
FATTI DI CAUSA
La corte d’appello, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato l’appello proposto dall’ing. R.R. avverso la sentenza con la quale il tribunale, revocato il decreto ingiuntivo opposto, ha condannato le opponenti A.F.R. e Z.M.L. al pagamento, in favore del creditore opposto, rispettivamente, della somma di Euro 2.067,09 e della somma di Euro 1.994,60, oltre interessi e spese, a titolo di quota a loro carico del compenso spettante all’appellante per l’attività di progettazione e di direzione dei lavori svolta dallo stesso per in relazione all’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria nell’edificio condominiale.
La corte, in particolare, ha esaminato la censura concernente l’applicazione da parte del tribunale dell’art. 1311 c.c., comma 2, in tema di rinuncia alla solidarietà, e, dopo aver premesso che:
– l’ingiungente ha addebitato alle opponenti con il procedimento monitorio importo superiori a quelli corrispondenti alle loro quote condominiali sul presupposto che, trattandosi di obbligazione solidale, tutti i condomini sono tenuti per l’intero nei confronti del creditore;
– il tribunale, invece, ha escluso la solidarietà passiva di tutti i condomini (o, comunque, dei committenti) in ragione della rinuncia tacita alla stessa derivante dall’impostazione data dal ricorrente nel procedimento monitorio: il R., infatti, nel ricorso introduttivo aveva suddiviso gli importi dovuti da ciascuno in base ai millesimi di proprietà, precisando che il compenso complessivo doveva essere ridotto per effetto dei pagamenti spontaneamente effettuati da alcuni condomini) e che riteneva corretto ripartire pro quota il compenso solo tra i proprietari che gli avevano conferito l’incarico; – il tribunale, quindi, una volta stabilito che il credito professionale ammontava all’importo complessivo di Euro 14.275,54, oltre IVA e contributo previdenziale, ha dapprima detratto da tale importo quanto versato bonariamente da taluni committenti (pari ad Euro 3.807,77, al netto di IVA e contributi previdenziali), ed ha, poi, ripartito il residuo importo di Euro 10.467,77, oltre accessori, tra i soli comproprietari che avevano conferito l’incarico professionale, quantificando l’ammontare delle quote a carico delle opponenti, pari ad Euro 1.629,18 a carico dell’ A. e ad Euro 1.572,04 a carico della Z.; ha ritenuto che l’appello fosse infondato, essendo pienamente condivisibile il ragionamento del tribunale, che ha come inevitabile presupposto il venir meno della solidarietà passiva di tutti i committenti a seguito della rinuncia implicita nel modus operandi del creditore, che ha inteso suddividere pro quota tra i committenti il credito vantato nei loro confronti e tale scelta ha comportato la rinuncia a far valere la solidarietà essendo con essa incompatibile. La corte, infatti, stabilito che l’univoca intenzione del professionista era di attribuire a ciascun comproprietario una parte del compenso corrispondente alla sua quota millesimale (a nulla rilevando che il provvedimento monitorio, per un’erronea suddivisione, avesse comportato l’addebito di una parte del compenso superiore al valore delle quote degli opponenti), ha ritenuto che il creditore, avendo agito nei confronti dei condebitori “ciascuno per la sua quota”, aveva rinunciato alla solidarietà passiva che deriva ex lege dall’art. 1292 c.c..
La corte, quindi, respinto l’appello, ha condannato l’appellante al pagamento delle spese processuali.
R.R., con ricorso notificato il 15/7/2020, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza.
Z.M.L. ha resistito con controricorso e depositato memoria.
A.F.R. è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo, il ricorrente, lamentando, rispettivamente: – a) la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 1311 c.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; – b) la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 1292 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; – c) la nullità della sentenza per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, all’art. 156,157,159 e 161 c.p.c.; – d) la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione agli art. 360 c.p.c., n. 3; ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’istante avesse rinunciato alla solidarietà passiva tra i committenti, senza, tuttavia, considerare, innanzitutto, che il ricorso monitorio non conteneva alcun riferimento espresso alle quote millesimali di partecipazione dei singoli ingiunti al condominio, ed, in secondo luogo, che, in caso di rinuncia alla solidarietà nei confronti di uno dei condebitori solidali, comunque non desumibile dal pagamento eseguito da alcuni dei condebitori, il creditore, che può ripartire il quantum debeatur tra i diversi condebitori a suo insindacabile giudizio, conserva l’azione in solido nei confronti degli altri debitori che non hanno beneficiato della rinuncia, per l’intero credito, compresa la quota rinunciata a favore del beneficiario.
2.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, non sono fondati.
2.2. La corte d’appello, infatti, ha rigettato l’appello del creditore opposto sul rilievo per cui lo stesso, nel ricorso per decreto ingiuntivo, aveva suddiviso pro quota il compenso vantato solo tra i proprietari che gli avevano conferito l’incarico, e che l’istante, avendo agito in giudizio nei confronti dei condebitori “ciascuno per la sua quota”, aveva, in tal modo, rinunciato alla solidarietà passiva prevista dall’art. 1292 c.c..
2.3. Il ricorrente, pertanto, lì dove ha affermato di non aver, in realtà, rinunciato, con il ricorso per decreto ingiuntivo, alla solidarietà passiva nei confronti dei (residui) committenti ingiunti, si e’, a ben vedere, doluto dell’interpretazione che la corte d’appello ha dato di tale domanda (o meglio, del ricorso, che la contiene).
2.3. Ora, non v’e’ dubbio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudice di merito, nell’esercizio del potere d’interpretazione e qualificazione della domanda, ha il potere-dovere di accertare e valutare, senza essere condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte, il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non solo dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte e dalle precisazioni dalla medesima fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto dalla stessa richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di non sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella esercitata (Cass. n. 13602 del 2019).
2.4. L’interpretazione del contenuto della domanda costituisce, peraltro, un tipico accertamento in fatto, riservato come tale al giudice di merito e sindacabile in cassazione solo per violazione delle norme che regolano l’ermeneutica contrattuale previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., la cui portata è generale, ovvero per vizio di omesso esame di un fatto a tal fine decisivo. Il ricorrente che intenda utilmente censurare in sede di legittimità il significato attribuito dal giudice di merito ad un atto processuale, come il ricorso per decreto ingiuntivo, ha, dunque, l’onere (rimasto, nel caso di specie, inadempiuto) di invocare il vizio consistito o nell’omesso esame di fatti decisivi, indicandone la loro specifica deduzione in giudizio, ovvero nella violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., indicando altresì, a pena d’inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici, nonché, e prima ancora, il testo dell’atto oggetto dell’interpretazione asseritamente erronea (cfr. Cass. n. 16057 del 2016; Cass. n. 6226 del 2014; Cass. n. 11343 del 2003; più di recente, Cass. n. 12574 del 2019).
2.5. Nel caso di specie, come detto, tale onere non è stato adempiuto. II ricorrente, infatti, pur dolendosi dell’interpretazione che la corte d’appello ha fornito del ricorso introduttivo del procedimento monitorio, non ha indicato né quali criteri ermeneutici sarebbero stati violati, nell’espletamento di tale accertamento, dalla corte territoriale e in che modo la stessa se ne sarebbe discostata, né i fatti sul punto decisivi che la stessa avrebbe del tutto omesso di esaminare, ma, prima ancora, non ha provveduto a riprodurre in ricorso, neppure nei suoi dati essenziali, il testo dell’atto che la corte d’appello avrebbe malamente interpretato.
3. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
5. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 24 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021
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