Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.33535 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21964/2020 R.G. proposto da:

P.K., rappresentata e difesa dall’Avv. Martino Benzoni, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI UDINE;

– intimata –

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Udine depositata il 14 agosto 2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 ottobre 2021 dal Consigliere Guido Mercolino.

RILEVATO

che P.K., cittadina del Pakistan, ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, avverso l’ordinanza del 14 agosto 2020, con cui il Giudice di pace di Udine ha rigettato l’opposizione da lei proposta avverso il decreto di espulsione emesso il 21 giugno 2019 dal Prefetto di Udine;

che, a fondamento della decisione, il Giudice di pace ha ritenuto che l’emissione del decreto di espulsione costituisse un atto dovuto, in considerazione dell’intervenuto rigetto da parte del Tribunale di Trieste dell’impugnazione proposta dalla ricorrente avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale, del rigetto del relativo gravame da parte della Corte d’appello di Trieste e della mancata presentazione dell’istanza di sospensione della decisione impugnata, a seguito della proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello;

che il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

Considerato che, con l’unico motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, sostenendo che, nell’escludere l’illegittimità del decreto di espulsione, in virtù della mancata proposizione dell’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza con cui era stata rigettata la domanda di riconoscimento della protezione internazionale da lei presentata, l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto dell’avvenuta proposizione di quest’ultima in data anteriore a quella di entrata in vigore del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, e della conseguente applicabilità della disciplina dettata dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19, comma 4, che, nel prevedere la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento di diniego della protezione internazionale, in conseguenza della mera proposizione dell’impugnazione, ne estende l’operatività fino al passaggio in giudicato della relativa decisione;

che il motivo è fondato;

che il ricorso avverso il provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale presentata dalla ricorrente è stato infatti proposto in data anteriore al 17 agosto 2017 e, pertanto, ai sensi della norma transitoria di cui al D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, deve ritenersi assoggettato non già alla disciplina dettata dall’art. 35-bis cit., introdotto dal predetto decreto, art. 6, comma 1, lett. g), secondo cui la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato, prevista dalla medesima disposizione, comma 3, viene meno in caso di rigetto del ricorso con provvedimento anche non definitivo, ma a quella prevista dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. c), il quale si limitava a stabilire che la proposizione del ricorso avverso il provvedimento di diniego adottato dalla Commissione territoriale sospendeva l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato;

che tale disposizione non prevedeva alcun limite alla durata dell’effetto sospensivo dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, determinatosi ex lege in virtù della mera proposizione del ricorso, il quale, come ripetutamente affermato da questa Corte, doveva ritenersi pertanto esteso all’intera durata del giudizio, fino al passaggio in giudicato del provvedimento di rigetto dell’impugnazione, con la conseguente nullità del provvedimento di espulsione eventualmente emesso in pendenza del giudizio (cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. I, 22/06/2020, n. 12206; 19/11/2020, n. 26365; 28/02/ 2019, n. 6071);

che non può dunque condividersi l’ordinanza impugnata, la quale, dato atto che con sentenza dell’11 marzo 2019 la Corte d’appello di Trieste aveva rigettato il gravame interposto dalla ricorrente avverso la sentenza emessa il 17 febbraio 2017, con cui il Tribunale di Trieste aveva rigettato l’impugnazione proposta dalla ricorrente avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale adottato dalla Commissione territoriale di Gorizia il 26 ottobre 2016, ha ritenuto cessata l’efficacia sospensiva dell’impugnazione, indipendentemente dalla proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, osservando che quest’ultimo non comportava l’automatica protrazione della sospensione, ed aggiungendo che non risultava dimostrata l’avvenuta proposizione dell’istanza di sospensione della sentenza impugnata;

che, in particolare, non merita consenso l’affermazione del Giudice di pace, secondo cui, in quanto proposto dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, che aveva introdotto il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, il ricorso per cassazione doveva ritenersi assoggettato, in virtù del principio tempus regit actum, alla disciplina dettata da quest’ultima disposizione, anziché quella prevista dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, vigente all’epoca dell’instaurazione del giudizio d’impugnazione del provvedimento emesso dalla Commissione territoriale;

che il D.L. n. 13 cit., art. 21, comma 1, prevedendo che “le disposizioni di cui agli artt. 3 e 4, all’art. 6, comma 1, lett. 0a), d), f) e g), all’art. 7, comma 1, lett. a), b), d) ed e), all’art. 8, comma 1, lett. a), lett. b), nn. 2), 3) e 4), e c), e all’art. 10 si applicano alle cause e ai procedimenti giudiziari sorti dopo il centottantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto”, mentre “alle cause e ai procedimenti giudiziari introdotti anteriormente alla scadenza del termine di cui al periodo precedente si continuano ad applicare le disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore del presente decreto”, fa infatti dipendere l’individuazione delle norme applicabili dalla data d’instaurazione del procedimento giurisdizionale unitariamente inteso, e quindi da quella di proposizione della domanda in primo grado, anziché da quella d’introduzione delle singole fasi in cui lo stesso si sia eventualmente articolato;

che l’ordinanza impugnata va pertanto cassata, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento della opposizione e la conseguente dichiarazione di nullità del decreto di espulsione;

che ininfluente deve ritenersi, a tal fine, la circostanza, emergente dalla consultazione dell’archivio informatico di questa Corte, che, nelle more della presente fase, il ricorso per cassazione proposto dalla ricorrente avverso la sentenza di appello che aveva confermato il rigetto della domanda di protezione internazionale sia stato dichiarato inammissibile con ordinanza del 26 novembre 2020, n. 26874;

che la sussistenza dei presupposti prescritti per l’adozione del decreto di espulsione dev’essere infatti valutata in riferimento alla data di emissione del provvedimento, il quale deve darne puntualmente atto in motivazione, al duplice fine di rendere possibile l’esercizio del diritto di difesa da parte del destinatario, mediante la proposizione di specifiche contestazioni in sede di opposizione, e di consentirne l’eventuale riscontro da parte del Giudice, con la conseguenza che deve considerarsi irrilevante, ai fini della legittimità del provvedimento, la sopravvenienza, nel corso del giudizio di opposizione, di circostanze idonee a giustificare l’applicazione della misura in questione;

che le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.

PQM

accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara nullo il decreto di espulsione. Condanna l’intimata al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese processuali, che liquida per il giudizio di merito in Euro 800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, e per il giudizio di legittimità in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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