LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11704-2020 proposto da:
J.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE CIPRIANI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4746/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. J.A., nato nella provincia di *****, nella regione del Punjab, in Pakistan, ricorre con due motivi, illustrati da memoria, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Venezia ne ha rigettato l’impugnazione avverso l’ordinanza pronunciata dal locale tribunale che ne aveva respinto l’opposizione avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale, che era stato di diniego della protezione internazionale e del riconoscimento del diritto al rilascio di un permesso per ragioni umanitarie.
Nel racconto reso in fase amministrativa il ricorrente aveva dichiarato di essersi allontanato dal proprio Paese per sfuggire allo sfruttamento subito da chi – dopo avergli prestato del denaro, necessario a finanziare la propria attività di allevatore di bovini, lo aveva assoldato per lavorare gratuitamente al fine di ripagare il debito contratto, nella sua incapacità, altrimenti, di restituirlo – lo aveva minacciato di morte se egli avesse fatto rientro in Pakistan. Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al dichiarato fine di partecipare alla discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.
I motivi, scrutinati nei termini di seguito indicati, sono inammissibili.
2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione di legge, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. f) e lett. g); del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 35-bis, comma 8; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. a), b) e c) e art. 17 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonché omesso e/o insufficiente esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, relativamente al diniego e/o mancato accertamento dei presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Il motivo è inammissibile in applicazione del principio per il quale in materia di ricorso per cassazione, l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. 23/10/2018, n. 26790).
Il motivo, diffuso nella sua redazione da pag. 4 a pag. 24 del ricorso, affastella censure di violazione di legge sostanziale, di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e di omessa pronuncia sulle protezioni internazionali, con conseguente contraddittorietà della denuncia, in un unico motivo portata, quanto meno, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro.
L’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle doglianze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. n. 26874 del 23/10/2018).
Tanto avviene nell’esposto motivo in cui si cumulano profili di violazione di legge sostanziale e processuale e quelli sulla motivazione denunciata inammissibilmente anche per sua insufficienza.
3. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere (violazione e/o falsa applicazione di legge, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 comma 3; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Omesso e/o insufficiente esame di fatti decisivi per il giudi7io che sono stati oggetto di discussione tra le parti, relativamente al diniego e/o al mancato accertamento dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
Il motivo è inammissibile per difetto di allegazione delle posizioni individualizzanti di vulnerabilità (Cass. 02/07/2020, n. 13573) nella loro tempestiva deduzione nel giudi7io di merito e così mancante, per i necessari contenuti, di autosufficienza e, ancora, contraddittoria nell’operato cumulo di censure di legittimità tra loro incompatibili (Cass. n. 6150 del 05/03/2021; Cass. n. 26874 del 23/10/2018).
4. Il ricorso è conclusivamente inammissibile.
Nulla sulle spese nella tardività della costituzione del Ministero dell’interno.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto (ex Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021