LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29159-2019 proposto da:
W.A., elettivamente domiciliato in Catania, piazza Lincoln, 2 presso l’avv. NUNZIA LUCIA MESSINA;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE SIRACUSA;
– intimati –
nonché contro MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA. DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di CATANIA, depositata il 14/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/05/2021 dal Consigliere Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
RITENUTO IN FATTO
CHE:
1. – W.A. è cittadino è cittadino del Pakistan: è fuggito dal suo paese, secondo il suo racconto, dopo che il padre aveva comprato un terreno, di cui però gli abitanti del villaggio non volevano riconoscere la proprietà, e dopo che la validità della compravendita era stata suffragata da una sentenza, giunta peraltro a seguito di una decisione di segno contrario, frutto di corruzione del giudice da parte degli antagonisti. Questi ultimi non hanno accettato il verdetto ed hanno minacciato il ricorrente, il padre e di fratelli; ciascuno di loro è stato dunque costretto ad allontanarsi dal luogo di origine.
2. – Impugna un decreto del Tribunale di Catania che, ritenendo la vicenda di carattere ed ambito meramente privati, ha escluso una persecuzione rilevante ai sensi della L. n. 251 del 2007, art. 14.
Ha peraltro negato la sussistenza di motivi umanitari nella vicenda narrata.
3. – Il ricorso è basato su quattro motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
4. – Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 35 bis, ed attribuisce al Tribunale di non avere utilizzato poteri officiosi per accertare la situazione del paese di origine, con riguardo al pericolo di minacce rilevanti per la protezione internazionale.
La censura, a ben vedere, si risolve piuttosto in quella di violazione dell’art. 14 lett. c) in quanto si assume che i giudici di merito non hanno fatto ricorso a specifiche fonti di conoscenza della situazione del Pakistan, trascurando quanto, rispetto a quella situazione, emerge dal rapporto di Amnesty International.
Il motivo è infondato.
A fronte della citazione, da parte del Tribunale, del rapporto Easo del 2017, il ricorrente non contrappone contestazioni specifiche limitandosi a dire che dal rapporto Amnesty International risulta una situazione diversa, ma senza indicare quale essa sia; né specifica censura è fatta quanto alla ritenuta insussistenza dei presupposti di cui alla L. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).
5.- il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3, quanto ai criteri di valutazione della credibilità.
Secondo il ricorrente il Tribunale, nel giudicare la verosimiglianza del suo racconto, ha violato criteri posti da quella norma, che prevedono che si ritenga credibile lo straniero che abbia compiuto ogni sforzo ragionevole per illustrare la sua vicenda.
Il motivo è infondato.
I Tribunale non giudica inverosimile il racconto, quanto, piuttosto crede al ricorrente: ne trae la conseguenza, infatti, che si tratta di una vicenda privata non tale da consentire una protezione internazionale.
5. – Terzo e quarto motivo, denunciando violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5, attengono alla protezione umanitaria e denunciano una valutazione insufficiente, condotta in violazione dei criteri legali e del significato stesso dei gravi motivi di carattere umanitario.
I motivi sono fondati.
Il Tribunale infatti non tiene in alcuna considerazione, da un lato, l’eventuale integrazione del ricorrente in Italia, e segnatamente il livello di godimento di diritti fondamentali qui acquisito, e per contro, non verifica se in caso di rimpatrio quel livello rischi di andare perduto; il giudizio di comparazione dunque non risulta effettuato, in violazione dei criteri fissati da questa Corte in tema di verifica del diritto alla protezione umanitaria.
P.Q.M.
La Corte rigetta primo e secondo motivo. Accoglie terzo e quarto. Cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Catania, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021