LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. DI MARZIO Loredana – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2360/2017 proposto da:
A.R., O.S., elettivamente domiciliati in Roma, Corso Trieste n. 87, presso lo studio dell’avvocato Failla Gregoria Maria, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Mondino Antonella, Rosso Nolasco Michela, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Banca Sella S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Crescenzio n. 42, presso lo studio dell’avvocato Colucci Paola, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Condinanzi Massimo, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1312/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 01/08/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2021 dal cons. DI MARZIO MAURO.
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. – A.R. e O.S. ricorrono per due articolati motivi, nei confronti della Banca Sella S.p.A., contro la sentenza del 1 agosto 2016 con cui la Corte d’appello di Torino, provvedendo in accoglimento dell’appello della banca ed in riforma di sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Asti, ha rigettato la domanda risarcitoria, già accolta dal primo giudice, in dipendenza del danno subito a seguito dell’acquisto di obbligazioni della Royal Bank of Scotland, effettuate in più riprese tra il febbraio 2007 ed il luglio 2008, acquisto che, secondo la subordinata prospettazione dagli originari attori, sarebbero stati effettuati in un contesto di inadempimento, da parte della banca, degli obblighi informativi su di essa gravanti.
2. – In estrema sintesi, la Corte territoriale, per quanto rileva, escluso che gli acquisti fossero avvenuti in contropartita diretta, ha ritenuto che l’inadempimento degli obblighi informativi vi fosse stato, non avendo provato l’intermediario di aver informato i clienti che si trattava di obbligazioni perpetual e subordinate, ma ha escluso la sussistenza del nesso di causalità tra l’inadempimento ed il danno, giacché essi “avrebbero comunque effettuato gli acquisti, rispondenti alla caratteristica speculativa degli investimenti da loro effettuati”.
3. – La Banca Sella S.p.A. resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
4. – Il ricorso contiene due motivi svolti da pagina 8 a pagina 27.
4.1. – Il primo mezzo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Esso si articola nella denuncia di omessa valutazione dell’esistenza di ordini di negoziazione in contropartita diretta; nella denuncia di omessa valutazione del fatto che il rischio attribuito da Banca Sella ai titoli in questione, ossia un rischio medio-basso, non sarebbe stato corretto; nella denuncia di omessa considerazione delle conclusioni raggiunte dal consulente tecnico d’ufficio; nella denuncia di omessa valutazione delle caratteristiche dei titoli in discorso; nella denuncia di vizio logico nella motivazione della sentenza in ordine alle omissioni ed errori informativi da parte della banca ed alla rilevanza degli stessi al fine del giudizio di adeguatezza ed inesistenza del nesso causale; nella denuncia di omessa valutazione della circostanza che la O. non aveva operato investimenti nelle obbligazioni di cui si discute presso altro istituto di credito e che gli investimenti dell’ A. presso il nuovo istituto di credito erano stati eseguiti da persona già impiegata verso la Banca Sella.
4.2. – Il secondo mezzo denuncia violazione o erronea applicazione dell’art. 21 del testo unico della finanza, avuto riguardo al rilievo che la Banca Sella non aveva adeguatamente informato gli investitori di rischi connessi ai titoli della Royal Bank of Scotland.
5. – Il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.
I due motivi, per il loro collegamento, possono essere simultaneamente esaminati.
Come si è visto in espositiva, la sentenza impugnata, escluso che gli acquisti dei titoli fossero avvenuti in contropartita diretta, si incentra su una duplice osservazione:
-) da un lato sul rilievo che la banca non aveva provato di avere informato i clienti dei caratteri dei titoli, trattandosi di titoli perpetual e subordinati, per questo aspetto sostanzialmente assimilabili quanto a rischiosità a titoli azionari;
-) dall’altro lato, che i clienti, ove pure informati degli aspetti menzionati, avrebbero comunque acquistato, con conseguente insussistenza del nesso di causalità tra inadempimento e danno: “gli appellati, anche se, in ipotesi, adeguatamente avvisati dei rischi correlati allo specifico strumento acquistato, per l’assenza di scadenza ai fini del rimborso e per la subordinazione, avrebbero comunque effettuato gli acquisti, rispondenti alla caratteristica speculativa degli investimenti da loro effettuati, di accettazione di un rischio – anche medio-alto – di perdita a fronte di una remunerazione significativa, come nel caso di specie. Si deve del resto sottolineare, per il profilo in esame, che A.R. e O.S. acquistarono ancora obbligazioni R. Bk. Scott domanda anche presso altro istituto bancario – si tratta di una circostanza di fatto emersa nel giudizio di primo grado che non è contestata dalla banca appellante, la quale anzi la valorizza, legittimamente, a proprio vantaggio -, prima della chiusura dei rapporti con Banca Sella e non vi è motivo di affermare che anche in quel contesto la loro scelta fosse conseguenza solo di una inadeguata informazione e non, invece, di una considerazione favorevole dei rendimenti fino a quel momento percepiti, con la consapevolezza del margine di rischio esistente proprio derivante dall’entità del rendimento: l’affermazione degli appellati, secondo i quali avrebbero seguito il sig. T. trasferitosi da Banca Sella a BCC Bene Vagienna, in base ad un rapporto fiduciario che non trova riscontro nelle dichiarazioni testimoniali rese dallo stesso T. (il quale ha riferito di non aver mai consigliato gli appellati negli acquisti poiché già sapevano cosa volevano, e che non vi è motivo di affermare abbia gestito anche gli acquisti successivi presso BCC), non modificano la rilevanza della circostanza esaminata”.
Ciò detto:
-) il primo mezzo è inammissibile laddove volto a censurare l’affermazione della Corte d’appello in ordine alla circostanza che gli acquisti non fossero stati effettuati in contropartita diretta, trattandosi di censura volta a ribaltare un accertamento di merito ampiamente motivato (“e’ da escludere che la banca avesse nel proprio portafogli… i titoli di cui si discute… rispetto ai quali sono emersi acquisti e vendite contestuali per valori nominali corrispondenti, senza creazione di giacenze. Non appare di nessun rilievo concreto il fatto che le movimentazioni dettagliate della banca per il periodo successivo al 31.12.2006 si riferiscano solo alle obbligazioni R. Bk. Scotland 5,5%, perché l’assenza anche dei titoli 5,25% dal portafoglio dell’appellante al 31.12.2006 esclude in radice che possa aver speculato a danno degli investitori nel “piazzare” loro le obbligazioni in contestazione per disfarsene trasferendone il rischio”;
-) i motivi sono poi inammissibili laddove attengono al coefficiente di rischiosità dei titoli in discorso, giacché le censure non toccano la ratio decidendi posta a sostegno della decisione impugnata, consistente come si è visto in ciò, che, pur riconosciuta la rischiosità dei titoli, gli originari attori avrebbero acquistati anche se fossero stati informati sia del loro carattere perpetual, sia di quello della subordinazione;
-) i motivi sono infine infondati laddove si appuntano sull’esclusione della sussistenza del nesso di causalità tra l’inadempimento dell’obbligo informativo gravante sulla banca ed il danno lamentato dagli attori; questa Corte, dopo aver numerose volte affermato che l’onere della prova del nesso di causalità tra l’inadempimento degli obblighi informativi ed il danno grava sull’investitore, ha più di recente ritenuto che detto inadempimento faccia sorgere una presunzione di sussistenza del nesso di causalità: “Dalla funzione sistematica assegnata all’obbligo informativo gravante sull’intermediario finanziario, preordinato al riequilibrio dell’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole, scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario; tale prova, tuttavia, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell’investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l’investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati” (Cass. 17 aprile 2020, n. 7905); anche in quest’ultima prospettiva, tuttavia, la banca può vincere la presunzione offrendo prova contraria, quantunque essa non possa essere desunta esclusivamente dalla generica rischiosità degli investimenti pregressi: e nel caso di specie la Corte territoriale ha valorizzato una circostanza evidentemente nient’affatto generica, ossia che i medesimi investitori avessero acquistato le stesse obbligazioni della Royal Bank of Scotland anche successivamente all’acquisto presso la Banca Sella S.p.A., presso altro intermediario, circostanza, questa, indicativa della loro propensione ad acquisire in portafoglio proprio quei titoli; a tal riguardo, i motivi di ricorso, laddove assumono che la Operto non avrebbe in realtà acquistato detti titoli, denunciano inammissibilmente un preteso errore revocatorio, e laddove assumono che l’ A. avrebbe acquistato per iniziativa del T., mirano a ribaltare l’accertamento di merito svolto in proposito dalla Corte territoriale, peraltro riproponendo una tesi in fatto già da essa confutata.
6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PQM
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021