Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.33607 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25083/2017 proposto da:

T.L., elettivamente domiciliata in Roma, Via Tacito n. 23, presso lo studio dell’avvocato Studio De Giovanni G. – Colatei, rappresentata e difesa dall’avvocato Maccarrone Tino, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.O., elettivamente domiciliato in Roma, Via di Valle Aurelia n. 81, presso lo studio dell’avvocato Fantini Elisa, rappresentato e difeso dagli avvocati Brovedani Matteo, Danieli Giampietro, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 558/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 13/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/09/2021 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 779 del 2016, pronunciava la separazione personale dei coniugi P.O. e T.L. e la addebitava a quest’ultima per la sua scelta unilaterale, ritenuta ingiustificata e premeditata, di non far più ritorno in Cina dove la famiglia risiedeva; affidava il figlio minore (nato nel 2011) ai Servizi Sociali del Comune di Treviso con collocazione presso la madre; poneva a carico del P. l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio mediante versamento mensile di Euro 500,00 e a carico di entrambi i genitori di concorrere al pagamento delle spese straordinarie nella misura del 50%; rigettava le altre domande delle parti (compresa quella di addebito al P.).

Con sentenza del 13 marzo 2017, la Corte d’appello di Venezia rigettava il gravame della T., la quale ricorre per cassazione sulla base di sei motivi, resistiti dal P..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la P. denuncia violazione e falsa applicazione di numerose disposizioni del codice di procedura civile, per avere dichiarato inammissibile per difetto di specificità ex art. 342 c.p.c. il motivo di appello riguardante l’addebito della separazione.

Il motivo travisa la ratio decidendi con la quale la Corte territoriale, pur avendolo dichiarato “inammissibile” (pag. 5), ha in realtà esaminato e rigettato nel merito il motivo di appello, ritenendo le relative censure inadeguate a scalfire l’articolato ragionamento con cui il tribunale aveva addebitato la separazione alla (sola) T.;

dall’altro, il motivo è privo di specificità, non contenendo la trascrizione dei capitoli di prova testimoniale non ammessi (vd. ricorso a pag. 25-26) né l’illustrazione delle ragioni che, in tesi, avrebbero giustificato l’ammissione, risultando impedito a questa Corte di verificarne la decisività (cfr. Cass. n. 8204 del 2018, n. 9748 del 2010). Il motivo si risolve in un improprio tentativo di ottenere la rivisitazione di apprezzamenti di fatto compiuti dai giudici di merito nella valutazione dei mezzi istruttori anche documentali ed e’, dunque, inammissibile.

Il secondo e terzo motivo, con cui la ricorrente denuncia violazione di numerose disposizioni di legge per il mancato affido esclusivo (a sé) o condiviso del figlio minore, sono inammissibili, risolvendosi in una generica critica dell’esito decisorio cui è pervenuta la Corte territoriale, la quale, aderendo alle conclusioni già raggiunte dal tribunale sulla base di adeguate indagini tecniche, ha evidenziato la necessità dell’affidamento del minore ai servizi sociali per la tutela del suo interesse evolutivo e per il tempo occorrente a stemperare le tensioni tra i genitori, tenuto conto anche della condotta della T., giudicata responsabile di continue ingerenze nel rapporto padre-figlio con intenti di alienazione della figura paterna.

Inammissibili sono anche il quarto e il quinto motivo che, pur prospettando violazione di legge nella quantificazione del contributo di mantenimento per il figlio, consistono in improprie critiche di incensurabili apprezzamenti di fatto, quali sono quelli compiuti dai giudici di merito ai fini dell’accertamento delle capacità reddituali del P. (accertate come variate in pejus anche a causa di uno stato documentato di invalidità al lavoro) e non colgono la ratio decidendi relativa alla valutazione di idoneità o sufficienza della somma riconosciuto a coprire le esigenze di un bambino in tenera età.

Ad analoga sorte è destinata la censura esposta nel sesto motivo, circa il diniego di dare ingresso alle indagini di polizia tributaria sulla situazione patrimoniale del P., atteso che l’esercizio del potere officioso di disporre, per il detto tramite, indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella insindacabile discrezionalità del giudice di merito, non trattandosi di un adempimento imposto dall’istanza di parte (cfr. Cass. n. 8744 del 2019).

Il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 4200,00, di cui Euro 200,00. Doppio contributo come per lege.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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