Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.33637 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2505-2016 proposto da:

G.G.D. DI D.T.A. S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE XXI APRILE 11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO MORRONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ORESTE VIA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 664/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 17/07/2015 R.G.N. 47/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/09/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

RILEVATO

CHE:

1. La snc GGD Di D.T.A. proponeva azione di accertamento negativo nei confronti dell’INPS in riferimento all’accertamento ispettivo all’esito del quale era stata accertata l’omissione contributiva per violazione del minimale contributivo, nel periodo *****, calcolato dal datore di lavoro in riferimento alle ore effettivamente lavorate e dagli ispettori in riferimento alle ore contrattualmente previste;

2. il Tribunale rigettava la domanda;

3. la Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza n. 664 del 2015. ha rigettato il gravame della società rilevando che la normativa sul minimale retributivo prescindeva dalle ore effettivamente lavorate e che, nella specie, la società – che aveva gravato la decisione dolendosi dell’omessa considerazione delle risultanze testimoniali dalle quali si sarebbe potuto evincere che i dipendenti lavoravano part time neanche aveva dedotto l’esistenza della forma scritta dei contratti part time evocati in riferimento alle ore lavorate e, comunque, neanche rinvenuti dagli ispettori verbalizzanti nel visionare le scritture contabili;

4. per la cassazione della sentenza ricorre la snc GGD Di D.T.A., articolando cinque motivi;

5. resiste l’INPS con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

6. con i motivi di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 8 assumendo che la mancanza di forma scritta non incida sulla validità del contratto; violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito pronunciato extra petita rigettando l’impugnazione per mancata deduzione in ordine all’esistenza della forma scritta del contratto di lavoro parte time in assenza di eccezione dell’Inps (secondo motivo); violazione dell’art. 2700 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere la Corte di merito fondato la decisione esclusivamente sulle dichiarazioni rese in sede ispettiva (terzo motivo); violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. e violazione del principio di non contestazione per avere omesso di valutare le prove raccolte nel giudizio di primo grado e l’omessa contestazione sull’esistenza dei contratti part-time (quarto motivo); vizio di motivazione della sentenza e violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la Corte di merito statuito sull’eccepita decadenza dalle agevolazioni contributive per i lavoratori assunti con i benefici di cui alla L. n. 407 del 1990, art. 8, comma 9 (quinto motivo);

7. il ricorso è inammissibile;

8. delle due rationes decidendi della sentenza impugnata – l’una fondata sul minimale contributivo, l’altra sulla mancata prova scritta del contratto part time – il ricorso all’esame censura esclusivamente la seconda ratio decidendi, e non anche la prima, per cui va applicato il consolidato il principio di diritto secondo cui ove la decisione di merito sia sorretta da distinte e autonome rationes decidendi, ognuna delle quali da sola sufficiente a sorreggerla, il ricorrente in sede di legittimità ha l’onere, a pena d’inammissibilità del ricorso, di impugnarle (fondatamente) tutte, non potendo altrimenti pervenirsi alla cassazione della sentenza (fra tante, Cass., Sez.Un., n. 7931 del 2013; Cass. n. 3386 del 2011);

9. le spese si liquidano come da dispositivo;

10. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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