LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CHIARA Giammarco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35142/2018 proposto da:
O.H., elettivamente domiciliato in Cosenza, Corso Luigi Fera, 72 presso lo studio dell’avvocato Antonio Bove, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di Catanzaro, depositato il 18/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/09/2021 dal Consigliere relatore Dott. Chiara Giammarco.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Catanzaro con decreto depositato il 18.10.2018 ha rigettato il ricorso proposto da O.H., cittadino *****, avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, e, in via subordinata, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
2. Il richiedente aveva narrato avanti alla Commissione territoriale di essere vissuto in un villaggio dell'***** e di essere stato indotto a lasciare il paese di origine per il timore di essere ucciso dagli abitanti del suo villaggio a causa della sua omosessualità, come di solito accadeva ai danni di chi “faceva qualcosa di sbagliato”.
3. La Commissione territoriale aveva rigettato la domanda ritenendo il racconto non credibile perché generico e contraddittorio. Tale giudizio era stato confermato dal tribunale di Catanzaro che aveva escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato sottolineando come, rispondendo davanti alla Commissione territoriale a specifiche domande, il ricorrente non avesse mai fornito informazioni utili a comprendere come avesse vissuto la sua omosessualità e quali problemi in concreto tale orientamento sessuale gli avesse procurato nel paese di origine e quale fosse il timore legato ad un suo eventuale rientro. Egli, inoltre, non comparendo all’udienza fissata per la sua audizione, senza dedurre alcun legittimo impedimento, era venuto meno al proprio dovere di lealtà. Pertanto, il suo racconto era stato considerato non credibile sia dal punto di vista intrinseco che estrinseco, con la conseguenza che non poteva ritenersi sussistente l’ipotesi di atti persecutori per appartenenza ad un particolare gruppo sociale.
3.1. Quanto alla protezione sussidiaria, questa era stata esclusa non avendo il tribunale ravvisato nella parte del paese di provenienza del ricorrente (*****) una situazione di conflitto armato generatore di una situazione di violenza tanto diffusa ed indiscriminata da interessare qualsiasi persona ivi abitualmente dimorante. Pericolo al quale il ricorrente aveva allegato di essere esposto soltanto nel ricorso introduttivo, mentre nessun cenno vi aveva fatto nel corso dell’audizione avanti alla Commissione territoriale.
3.2. Quanto infine, alla protezione umanitaria, il Tribunale affermava che non erano state allegate situazioni “vulnerabili” né risultava che nella zona di provenienza del ricorrente fosse in atto una compromissione tale del nucleo minimo fondamentale dei diritti inviolabili da consentire il riconoscimento della protezione umanitaria.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso il richiedente asilo affidandosi a due motivi.
Il Ministero, non costituito tempestivamente, ha depositato memoria al solo fine dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, rubricato violazione di legge e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis e degli artt. 2,3, e 10 Cost., il richiedente sottolinea come la zona della ***** dalla quale egli proviene, l'*****, sia caratterizzata da un grado di violenza indiscriminata, tale da rendere non necessaria la prova della individualizzazione del rischio in capo al soggetto. Sottolinea, poi come il suo orientamento sessuale sia penalmente perseguito in ***** e punito con la pena della reclusione di quattordici anni, circostanza questa che, espressamente rientrante tra gli atti di persecuzione, non era stata tenuta in considerazione dal Tribunale ai fini della valutazione dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale.
2. Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il richiedente deduce la nullità del decreto impugnato e del procedimento per violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 181 e 309 c.p.c. e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 11. Deduce, infatti, che l’udienza fissata per la comparizione delle parti e per l’audizione, era stata rinviata d’ufficio ad una successiva udienza alla quale nessuno era comparso, “sicché il Tribunale, attesa la peculiarità del caso in questione, determinata dalla notifica del rinvio con modalità telematiche nello stesso giorno dell’udienza, avrebbe dovuto fissare una nuova udienza, della cui fissazione il cancelliere doveva dare comunicazione alla parte costituita. Inoltre, stante la formulazione di apposita richiesta in tal senso da parte del richiedente asilo, il giudice avrebbe dovuto necessariamente disporre l’audizione, determinandosi, in mancanza, la nullità del provvedimento”.
3. Il primo motivo deve dichiararsi inammissibile, in parte perché generico, limitandosi alla formulazione di considerazioni sulla situazione di fatto del paese di provenienza del richiedente e sulla rilevanza del suo dedotto orientamento sessuale, del tutto svincolate dall’esame della motivazione del provvedimento impugnato – che ne ha escluso la rilevanza per la mancanza di credibilità intrinseca ed estrinseca del racconto – ed in parte inammissibili poiché si sostanziano in una richiesta di rivalutazione del giudizio credibilità del racconto del cittadino straniero, che è un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, insindacabile in questa sede, in presenza di una motivazione adeguata, come deve considerarsi quella del provvedimento impugnato (Cass., Sez. 1, n. 3340/2019).
4. Il secondo motivo e’, invece, manifestamente infondato. Ritiene infatti il Collegio, di aderire alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale nel procedimento camerale per il riconoscimento della protezione internazionale introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modifiche dalla L. n. 46 del 2017, in considerazione della particolare speditezza e celerità del rito, dominato dal costante impulso officioso, il giudice “verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere nel merito il reclamo restando esclusa la possibilità di una decisione di rinvio della trattazione o di improcedibilità per disinteresse alla definizione, con la conseguente inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 181 c.p.c., comma 1 e art. 309 c.p.c. (Cass. 6061 del 2019 e, in materia di procedimento di opposizione all’espulsione, Cass. n. 25967 del 2020). Quanto, infine, al secondo profilo di censura, va rilevato che, come risulta dal provvedimento impugnato (p. 8 del decreto), e come affermato dallo stesso ricorrente, il tribunale aveva fissato udienza per l’audizione del richiedente, ma a tale udienza nessuno era comparso senza che fosse stato addotto alcun impedimento.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione del Ministero.
PQM
Rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 24 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021