Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.33662 del 11/11/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. GIAMMARCO Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27373/2020 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Crotone, Via Libertà, n. 27/b, presso lo studio dell’avvocato Assunta Fico, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di Catanzaro, depositato il 15/09/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 24/09/2021 dal Consigliere relatore Dott. Chiara Giammarco.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Catanzaro, con decreto depositato il 15.09.2020 ha rigettato il ricorso proposto da A.A., cittadino pakistano, avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, e, in via subordinata, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. Il richiedente, che è stato sentito in audizione dal tribunale, aveva dichiarato di essere fuggito dal Pakistan a causa della sua omosessualità, in particolare, per sottrarsi alle minacce di morte provenienti dal padre di un ragazzo con il quale intratteneva una relazione, uomo molto potente, che li aveva sorpresi durante un rapporto. A causa di tali fatti egli era stato rinnegato anche dalla sua famiglia di origine e si era determinato a fuggire.

3. Il Tribunale, confermando il giudizio della Commissione territoriale, ha ritenuto il racconto intrinsecamente non credibile in quanto lacunoso, generico e contraddittorio, ancor più all’esito dell’audizione, nel corso della quale il richiedente aveva raccontato i fatti in parte in modo difforme da quanto dichiarato davanti alla Commissione territoriale, senza essere riuscito a chiarire il perché di tali contraddizioni.

4. Dal giudizio di non credibilità il tribunale ha fatto derivare l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato politico e per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b).

5. Ha ritenuto non sussistente il danno grave D.Lgs. n. 251 del 2011, ex art. 14, lett. c), ritenendo, sulla base delle informazioni specificamente acquisite sul Punjab, regione di provenienza del richiedente, l’insussistenza di una situazione di conflitto armato generalizzato.

6. Infine, ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non essendo state allegate dal ricorrente specifiche ragioni di vulnerabilità se non quelle dedotte, in termini del tutto generali ed astratti, relative alle condizioni del Pakistan. Avverso il presente provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero con tre motivi.

L’Amministrazione intimata non si è costituita depositando solo una memoria ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo – violazione art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,6,7,8, in merito al riconoscimento dello status di rifugiato per via dell’orientamento sessuale del richiedente – il ricorrente censura il giudizio di non credibilità espresso dal tribunale in ordine al suo racconto, in quanto frutto di una non attenta disamina delle sue dichiarazioni, esponendo di seguito una serie di report relativi alle condizioni degli omosessuali in Pakistan. 2. Con il secondo motivo – violazione art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8-27 – il ricorrente contesta la valutazione del tribunale in ordine alla non ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, in relazione a tutte e tre le ipotesi di cui all’art. 14, lett. a), b) e c), riportando passi di giurisprudenza e report relativi alla dedotta sussistenza di una situazione di violenza generalizzata in Pakistan. 3. Con il terzo motivo – violazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, violazione D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, mancata valutazione della condizione di vulnerabilità del richiedente – il ricorrente censura la valutazione del tribunale nella parte in cui non avrebbe considerato la situazione del suo Paese di provenienza caratterizzata dalla violazione dei diritti fondamentali, né avrebbe esaminato il livello di integrazione raggiunto nel nostro paese ai fini del giudizio di comparazione.

4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile poiché le argomentazioni difensive si limitano a prospettare una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, costituendo così una censura attinente al merito della controversia, inammissibile in questa sede, come costantemente ritenuto dalla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito che risulta insindacabile in presenza di una motivazione adeguata e comprensibile (tra le molte, Cass., 05/02/2019, n. 3340 (Rv. 652549-01).

5. Anche il secondo motivo di ricorso deve dichiararsi inammissibile. Nello stesso, infatti, sono enunciate in modo generico e non puntuale ragioni di censura attinenti al mancato riconoscimento sia del rifugio che di tutte e tre le ipotesi di protezione sussidiaria, senza che vi sia una precisa rispondenza delle censure ai puntuali passaggi motivazionali del decreto impugnato, che, al contrario, prende in esame le singole ipotesi di protezione enunciando, con motivazione esauriente, le ragioni del mancato accoglimento delle diverse domande. In particolare, a fronte del mancato riconoscimento dei presupposti del rifugio e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e b) – per la non credibilità intrinseca del narrato del richiedente – e di quelli di cui alla lett. c) – per l’esclusione di una situazione di violenza generalizzata, fondata sulle informazioni acquisite riguardo alla specifica zona del Punjab – il ricorrente supporta le sue censure, riportando, in modo del tutto svincolato da un percorso esplicativo delle proprie ragioni, passi di giurisprudenza in ordine ai presupposti delle forme di protezione esaminate, richiamando informazioni generali sulla situazione del Pakistan che non riguardano specificamente il Punjab.

Deve qui essere ricordato che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa (Cass., 22/09/2021, n. 25662, Cass. 24/02/2020 n. 4905, Rv. 657230-01; Cass. 25/09/2009, n. 20652, Rv. 609721-01), in particolare con riferimento al vizio di violazione di legge su cui è incentrato il mezzo. Infatti, l’art. 366 c.p.c., n. 4, impone, al ricorrente che denuncia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, a pena di inammissibilità della censura, oltre che di indicare le norme di legge di cui si intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che è tenuto espressamente a richiamare al fine di dimostrare che queste ultime sono in contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare, con una ricerca esplorativa officiosa, che trascende le sue funzioni, la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U., 28/10/2020, n. 23745, Rv. 659448 – 01).

6 Il terzo motivo e del pari inammissibile limitandosi a contestare il mancato riconoscimento della protezione umanitaria in modo del tutto generico, senza allegare alcun fatto diverso da quello ritenuto non credibile che possa sostanziare una situazione di vulnerabilità, e senza allegare alcunché in ordine alla situazione di integrazione in Italia.

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non vi è statuizione sulle spese stante la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021

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