LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. GIAMMARCO Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28320/2020 proposto da:
O.W., elettivamente domiciliato in Roma, via Carlo Mirabello, 14, presso lo studio dell’avvocato Valeria Pacifico, rappresentato e difeso dall’avv. Rosa Condello, del foro di Vibo Valentia.
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di Catanzaro, depositato il 17/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 24/09/2021 dal Consigliere relatore Dott. Chiara Giammarco.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Catanzaro, con decreto depositato il 17.09.2020 ha rigettato il ricorso proposto da O.W., cittadino nigeriano, avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, e, in via subordinata, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
2. Il richiedente, che è stato sentito in audizione dal tribunale, aveva dichiarato di essere fuggito dall’Edo State, in Nigeria, per sottrarsi alle violenze subite a causa della scoperta della sua omosessualità da parte di alcuni vigilanti che erano intervenuti su segnalazione dei vicini di casa, proprio mentre stava consumando un rapporto sessuale con un ragazzo con il quale intratteneva una relazione da più di due anni. La polizia aveva iniziato a picchiarlo, colpendolo con un machete, finché non era riuscito a fuggire, trovando riparo in un bosco dove era rimasto per quattro giorni. Da lì era poi scappato, riuscendo a lasciare definitivamente il paese.
3. Il Tribunale, confermando il giudizio della Commissione territoriale, ha ritenuto il racconto, oltre che inverosimile per alcuni dettagli, anche intrinsecamente non credibile in quanto generico, lacunoso e contraddittorio, ancor più all’esito dell’audizione, nel corso della quale il richiedente aveva raccontato i fatti relativi al momento della scoperta della sua omosessualità in modo difforme da quanto dichiarato davanti alla Commissione territoriale, senza essere riuscito a chiarire il perché di tali contraddizioni.
4. Il Tribunale, considerato che il richiedente non aveva neanche allegato altre situazioni di rischio, diverse dalla sua condizione di omosessualità, e tenuto conto, ai fini dei presupposti della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c), che nella parte della Nigeria dalla quale egli aveva dichiarato di provenire, l’Edo State, non si riscontrava una situazione di violenza indiscriminata di così alta intensità da costituire un pericolo di danno grave per lo straniero, ha escluso i presupposti per il riconoscimento di tale forma di protezione.
5. Infine, ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non essendo state allegate specifiche ragioni di vulnerabilità, anche relative alla situazione di integrazione del richiedente nel nostro paese, essendo stato prodotto solo un attestato di frequenza di una scuola di italiano.
Avverso il presente provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero con tre motivi.
L’Amministrazione intimata non si è costituita depositando solo una memoria ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,7 e 8 – il ricorrente deduce la violazione delle norme di cui alla rubrica per non avere il tribunale valutato la sua credibilità alla luce dei parametri stabiliti dall’art. 3, comma 5 del D.Lgs. cit.. In particolare, il giudice di merito non aveva valutato adeguatamente il contenuto delle sue dichiarazioni né gli sforzi che egli aveva compiuto per circostanziare adeguatamente la domanda. Quanto ai presupposti dello status di rifugiato politico ne sottolinea l’esistenza, tenuto conto del fatto che anche il tribunale aveva dato atto che l’omosessualità era perseguita come reato in Nigeria. Al riguardo, è irrilevante che il richiedente possieda effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purché una siffatta caratteristica gli venga attribuita dall’autore delle persecuzioni. Inoltre, la semplice previsione dell’omosessualità come reato nel Paese di provenienza è idonea a compromettere la libertà del cittadino.
2. Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g., artt. 3, 134 e 17 – il ricorrente contesta la valutazione del tribunale in ordine alla non ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Riporta le informazioni pubblicate sul sito Viaggiare sicuri sulle leggi discriminatorie nei confronti degli omosessuali, contestando la valutazione del giudice di merito in ordine alla mancanza di una situazione di violenza generalizzata, che riguarderebbe anche l’Edo State, riportando le informazioni del sito sopra citato che sconsiglia i viaggi in quella parte della Nigeria.
3. Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 – il ricorrente censura la valutazione del tribunale nella parte in cui non avrebbe considerato la situazione del suo Paese di provenienza caratterizzata dalla violazione dei diritti fondamentali, né avrebbe esaminato il livello di integrazione raggiunto nel nostro paese ai fini del giudizio di comparazione.
4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile poiché le argomentazioni difensive si limitano a prospettare una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, costituendo così una censura attinente al merito della controversia, inammissibile in questa sede, come ritenuto dalla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito che risulta insindacabile in presenza di una motivazione adeguata e comprensibile (tra le molte, Cass., 05/02/2019, n. 3340 (Rv. 652549-01).
5. Anche il secondo motivo di ricorso deve dichiararsi inammissibile. Nello stesso, infatti, il ricorrente lamenta, in modo del tutto generico e senza specifico riferimento a ciascuna delle ipotesi previste del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c), il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, limitandosi a riprodurre il testo del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), ed a riportare passi di informazioni tratte dal sito informativo Viaggiare sicuri, senza confrontarsi con le specifiche motivazioni espresse dal tribunale in relazione alle ragioni di esclusione dei presupposti per la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) e b) – evidentemente derivanti dalla valutazione di non credibilità della vicenda narrata – e di quelle relative all’ipotesi di cui alla lett. c), specificamente rapportate ad una valutazione di insussistenza di una situazione di violenza generalizzata nella regione di provenienza dello straniero, l’Edo State.
Deve qui essere ricordato che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa (Cass., 22/09/2021, n. 25662, Cass. 24/02/2020 n. 4905, Rv. 657230-01; Cass. 25/09/2009, n. 20652, Rv. 609721-01), in particolare con riferimento al vizio di violazione di legge su cui è incentrato il mezzo. Infatti, l’art. 366 c.p.c., n. 4, impone, al ricorrente che denuncia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, a pena di inammissibilità della censura, oltre che di indicare le norme di legge di cui si intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che è tenuto espressamente a richiamare al fine di dimostrare che queste ultime sono in contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare, con una ricerca esplorativa officiosa, che trascende le sue funzioni, la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U., 28/10/2020, n. 23745, Rv. 659448 – 01).
6. Il terzo motivo è del pari inammissibile per difetto di specificità. In esso, infatti, il ricorrente si limita a contestare il mancato riconoscimento della protezione umanitaria in modo del tutto generico, facendo richiamo alla situazione personale del richiedente, il cui racconto è pero stato ritenuto non credibile. Manca, inoltre, qualunque allegazione o deduzione di profili di vulnerabilità soggettiva o di integrazione sociale in Italia da comparare alla situazione generale di privazione dei diritti umani.
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il giudice è chiamato a verificare l’esistenza di seri motivi che impongano di offrire tutela a situazioni di vulnerabilità individuale, anche esercitando i poteri istruttori ufficiosi a lui conferiti, ma è necessario che il richiedente indichi i fatti costitutivi del diritto azionato e cioè fornisca elementi idonei a far desumere che il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile, costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass., 2/07/2020, n. 1357, Rv. 658090-01) 7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non vi è statuizione sulle spese stante la mancata costituzione dell’intimato.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021