LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro Maria – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30312/2020 proposto da:
O.L., rappresentato e difeso per procura speciale dall’avv. Francesco Tartini, con domicilio eletto in Roma, via Casale Strozzi 31, presso lo studio legale Barbero.
contro
Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione Internazionale, Ministero Dell’interno *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 950/2020 della CORTE D’APPELLO di Venezia depositata in data 20.3.2020.
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/10/2021 da Dott. CAPRIOLI MAURA.
FATTO E DIRITTO
Corte d’appello di Venezia nr. 950/2020 ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto da O.L. cittadino della Nigeria avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha rilevato che dalla disamina del fascicolo telematico di primo grado si evinceva che l’ordinanza del Tribunale era stata resa e letta all’udienza del 26.9.2018 e che da quella data andavano computati i trenta giorni prescritti ai fini della tempestività dell’appello. La Corte di merito, nel rilevare che il giudizio d’appello avrebbe dovuto essere proposto entro il 26.10.2018 e non il 31.10.2018 (data in cui risultava notificato e iscritto a ruolo) ha ritenuto tardivo il gravame come sopra proposto.
Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Il ricorrente denuncia, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 702 quater c.p.c., artt. 133,134,176 e 702 bis c.p.c.. Deduce che dallo storico del fascicolo telematico risultava registrato in data 27.9.2018 come evento avvenuto in data 26-09-2018 sia il verbale d’udienza che l’ordinanza di rigetto e pertanto la pubblicazione di detto ultimo provvedimento era avvenuta il 5.10.2018, dovendo decorrere da tale data il termine di impugnazione.
Il motivo è infondato.
Correttamente, invece, la Corte d’appello, nel dare espressamente atto che l’ordinanza del Tribunale è stata resa in udienza e allegata al verbale, ha ritenuto tardivo l’appello, in applicazione del principio secondo il quale “In tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non è stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.” (Cass. n. 14478/2018 e Cass. n. 6768/2021 in tema di protezione internazionale).
Nella specie non si tratta di ordinanza “riservata”, che viene a conoscenza della parte una volta che venga sciolta la riserva e che il provvedimento adottato a scioglimento della riserva sia comunicato alle parti, ma di ordinanza adottata in udienza, che il ricorrente avrebbe avuto modo di conoscere direttamente e, pertanto, il termine per proporre l’impugnazione iniziava a decorrere dall’udienza stessa.
In caso di contrasto tra il contenuto del provvedimento ed il contenuto del verbale di udienza, farebbe fede il contenuto di quest’ultimo, che ha natura di atto pubblico e quindi fa fede fino a querela di falso dell’avvenuto svolgimento delle attività processuali ivi descritte.
Il ricorrente non deduce che non vi sia coincidenza tra i due atti, ossia non censura specificamente quanto affermato al riguardo dalla Corte d’appello, e detti atti prevalgono sull’estratto del ruolo informatico, che non ha valore di atto pubblico, ma solo di mera annotazione interna (in questo senso v. già Cass. n. 11089 del 1999: “Nel contrasto fra la data indicata dal cancelliere nel verbale di udienza e quella risultante dal ruolo, occorre dare prevalenza alla prima, in quanto le annotazioni contenute nel ruolo hanno funzione meramente ricognitiva dei dati risultanti dall’atto originario”).
Ciò posto, ribadito che per inficiare le risultanze del verbale d’udienza sarebbe stata necessaria la querela di falso (v. in questa materia, Cass. 10 marzo 2021, n. 6768 e, più generale, Cass. 11 dicembre 2014, n. 26105; Cass. 8 settembre 2006, n. 19299), nella specie non proposta, le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale sono regolate, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, nel testo ratione temporis applicabile, dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 e quindi dal rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis c.p.c. e segg., ove non diversamente previsto (cfr. Cass. S.U. 28757/2018 sulla decorrenza del termine di 30 giorni dalla comunicazione di cancelleria o dalla notifica ad istanza di parte, e solo in mancanza di queste sulla decorrenza del termine di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento; Cass. n. 22241 del 2019; cfr. Cass. n. 16893/2018 sulla decorrenza del termine per appellare in caso di lettura in udienza dell’ordinanza, perché quest’ultima, ai sensi dell’art. 176 c.p.c., comma 2, si ritiene conosciuta dalle parti costituite).
Pertanto, dovendosi avere per acquisita, in base a quanto si è detto, l’avvenuta lettura in udienza dell’ordinanza poi impugnata con l’appello, vale il principio, recentemente affermato ma già consolidato e condiviso dal Collegio, secondo cui “in tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non è stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.” (così Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, nonché Cass. 28 aprile 2020, n. 7970 e, nella materia della protezione internazionale, Cass. 6768/2021, cit.).
In conclusione, la decisione della Corte territoriale in merito all’avvenuto superamento dei termini per proporre l’appello è immune da censure.
Nulla sulle spese, in quanto il Ministero si è limitato al deposito di un “atto di costituzione”, senza svolgere attività difensiva.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2021